giovedì, agosto 20, 2009

La voce che manca al sud

giovedì, agosto 20, 2009
(di Emanuele Macaluso da il Mattino)

NON SOTTOVALUTO il fatto che si sia riaperto un dibattito sulla questione meridionale così come si pone oggi, 2009, con argomenti e proposte interessanti esposti sulla pagine del Mattino. Non lo sottovaluto anche perché riflette un deterioramento e al tempo stesso uno sviluppo di una situazione politica caratterizzata dal ruolo egemone esercitato da un blocco sociale e di potere che ha radici nella società di oggi, retto dall’asse nordista Berlusconi-Bossi, che raccoglie larghi consensi anche nel Mezzogiorno. E li raccoglie perché non c’è, soprattutto nel Sud, un’opposizione forte in grado di essere considerata un’alternativa credibile.
Le regioni governate dal centrosinistra non hanno espresso una politica alternativa e una classe dirigente credibile. Nemmeno l’Udc con Cuffaro che, per tanti anni, ha governato la Sicilia con risultati sotto gli occhi di tutti. L’idea che questo partito, con un leader che ha intelligenza politica e iniziativa, possa svolgere una politica ambivalente, con la destra o con la sinistra ( i due “forni” di andreottiana memoria), come faceva la Dc, è illusoria.
Debbo dire che anche dalle grandi organizzazioni sociali, sindacati, Confindustria, associazioni di produttori e dai centri di cultura, come le Università, tranne poche eccezioni, non viene una spinta a un cambiamento sostanziale delle cose. Eppure, questa è la parte della società meridionale da cui è possibile un’iniziativa che miri anche a un ricambio di classi dirigenti.
Lunedì scorso, Angelo Panebianco, in un editoriale del Corriere dedicato al Sud e a cosa fare oggi, scrive: «Stretto fra le pressioni dell’esoso alleato leghista, con i suoi giuochi al rialzo e le contropressioni del notabilato meridionale, il governo sbanda, cerca di accontentare tutti. E il contrario di ciò che servirebbe». Sbanda, perché non si regge su grandi forze politiche, ma su un partito personale e, come dice Panebianco, sul leghismo nordista e il notabilato meridionale. E’ bene ricordare che la questione meridionale – che dall’unità d’Italia, era stata posta da profeti disarmati, Giustino Fortunato, Gramsci in carcere, Sturzo stroncato dal fascismo nordista e altri- si pose come questione politica solo dopo la liberazione grazie ai partiti antifascisti.
E giusto ricordare che furono uomini del Nord che pensarono i primi strumenti di intervento nel Sud, il socialista milanese Rodolfo Morandi, primo ministro dell’Industria, fondò lo Svimez e con lui il cattolico di Sondrio, Pasquale Saraceno, che si impegnò per la Cassa del Mezzogiorno. Diciamo le cose come stanno, i primi processi di modernizzazione e di ricambio delle classi dirigenti meridionali si verificano per opera dei decreti del ministro dell’Agricoltura Fausto Gullo a proposito delle terre incolte che innescò il grande movimento contadino; il quale spezzò il feudo e diede un colpo alla vecchia classe dirigente baronale. Processi di modernizzazione che proseguirono con le prime opere strutturali e di civilizzazione promosse dalla Cassa del Mezzogiorno e le iniziative di La Malfa, ministro del Commercio estero, poi l’apertura dei mercati. Su quella politica, nel Sud si formò una nuova classe dirigente che resse nella fase del centri-sino degasperiano sino ai primi anni del centrosinistra: le riviste napoletane Nord e Sud e Cronache Meridionali testimoniano il grande impegno culturale nel riformismo meridionale. Questa carrellata sul passato non è una inutile divagazione, se è vero quel che dice Panebianco sull’impotenza del governo, con Berlusconi che ciancia di Piano Marshall (promesso anche ai palestinesi!) senza sapere cos’era, o di Agenzie e altre facezie. E non è inutile se vedo che il dibattito congressuale del Pd non ha prodotto nulla sul piano politico-culturale e su quello delle proposte per il Sud. E allora cosa fare? Penso che, come ho accennato, debbano scendere in campo nuove energie intellettuali, del mondo del lavoro e della produzione, non per contrapporsi alla politica ma per stimolarla e cambiarla. Se non c’è linfa nuova, tutto sarà come prima. Ho letto che la Campania con la Lombardia è la regione dove sono più numerosi i giovani imprenditori. E qual è in Campania la loro presenza, il loro peso sociale e politico? In Lombardia c’è, in Campania no. E questo il punto. In quest’opera di risveglio e di battaglia politica, il Mattino può svolgere un ruolo rilevante. Avevate cominciato, continuate.

1 commento:

Anonimo ha detto...

LATO B