martedì, aprile 14, 2009

La guerra tra poveri. Il 5 per mille?


Mi spiace ricominciare con una polemica, soprattutto se di mezzo c’è il terremoto. Cercherò, allora, di andarci delicato: l’idea del 5 per mille all’Abruzzo è una cagata pazzesca. Otto righe di riassunto: dal 2006 si può destinare mezzo centesimo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, indipendentemente da quello che si decide di fare con il proprio 8 per mille. I fondi raccolti (per un tetto massimo di 380 milioni di euro) possono servire: al sostegno del volontariato, delle onlus, delle associazioni di promozione sociale, delle fondazioni, di altre associazioni riconosciute; al finanziamento della ricerca scientifica e delle università; al finanziamento della ricerca sanitaria; dal 2008, anche ai Comuni di residenza, per sostenerne le attività sociali, ed alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni. In una parola, attraverso questi soldi scorre il sangue del terzo settore, che senza quei fondi sarebbe ancora di più nei guai: io stesso, per dire, destino il mio ad una onlus, il Vides, che senza il 5 per mille non potrebbe realizzare parecchi progetti di solidarietà. L’idea geniale di Tremonti è quella di canalizzare il 5 per mille verso l’Abruzzo, per aiutare i terremotati. Che hanno bisogno di aiuto, ci mancherebbe, e che certamente sull’onda emotiva della tragedia riceverebbero (fra tre anni, visti i tempi tecnici di questo meccanismo) parecchie donazioni: tutte quelle che verrebbero tolte alla ricerca sul cancro, alle associazioni di famiglie con disabili, alle strutture di accoglienza di minori in difficoltà eccetera eccetera. È un concetto di solidarietà un po’ strano, quello di Tremonti: come se, per sfamare il mendicante che chiede i soldi sotto alla Rinascente, andassi a rapinare il venditore di fiori al semaforo. Se fate un giro sulla rete, trovate le comprensibili reazioni del terzo settore, che parla di “guerra tra poveri” e che giudica l’iniziativa del governo “inquietante e demagogica”. Anche perché un canale privilegiato per i terremotati esiste già, ed è proprio l’8 per mille: la quota destinata allo Stato, spiega il decreto del 1998 che lo istituì, deve essere ripartita tra “gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali”. In particolare, ”gli interventi per calamità naturali sono diretti all’attività di realizzazione di opere, di lavori o di interventi concernenti la pubblica incolumità o al ripristino di quelli danneggiati o distrutti a seguito di avversità della natura, di incendi o di movimenti del suolo. Tra detti interventi rientrano quelli di ricerca finalizzata, monitoraggio, ricognizione, sistemazione e consolidamento del territorio”. Possibile che Tremonti non lo sappia? Lo sa, lo sa. Ma il problema è che, in questi anni, l’8 per mille è diventato un bancomat milleusi: dalle falle di bilancio alle missioni militari in Afghanistan, quando serve è lì che si pesca. Con buona pace del terzo settore, che pure qualche credito lo vanterebbe: progetti non finanziati per 20-25 miliardi di euro, sostiene un’inchiesta del settimanale Vita, confermata dai calcoli del Sole 24 ore. No profit? No party.
dal blog di Andrea Sarubbi
http://andreasarubbi.wordpress.com/2009/04/14/5-per-mille-terremoto-abruzzo-tremonti/

1 commento:

Pasquale Orlando ha detto...

Abruzzo, il 5 per mille che non serve Il volontariato contro l'idea di Tremonti

Volontari nelle zone terremotate
L'iniziativa del ministro dell'Economia Giulio Tremonti di devolvere il 5 per mille ai terremotati abruzzesi, rischia di essere controproducente perché metterebbe in crisi tante piccole associazioni di volontariato, molte delle quali peraltro già attive nelle zone colpite dal sisma. A sostenerlo sono in tanti, dal consulente di Emergency Gianpaolo Concari al Forum del terzo settore, dal presidente del Coordinamento dei centri di servizio per il volontariato Marco Granelli all'Aduc.

Iniziativa demagogica. "Devolvere il 5 per mille per gli abruzzesi, come annunciato da Tremonti, potrebbe essere inutile e potenzialmente dannoso, mentre i fondi già ci sarebbero". Concari, commercialista esperto di enti no profit, parla di inizativa "inquietante e demagogica".

L'idea di Tremonti è potenzialmente dannosa perché colpirebbe quell'arcipelago di associazioni che costituiscono la spina dorsale del servizio di Protezione civile nazionale e che ora e per molto tempo ancora saranno impegnate nell'attività di assistenza ai terremotati. Tutte associazioni che sono potenziali destinatarie del 5 per mille e che, nell'ipotesi che si crei un unico canale "abruzzese", rischiano grosso. "Infatti - spiega Concari - la campagna dichiarazione dei redditi 2008 è in avanzato corso di lavorazione e questo fa pensare che l'unico modo di intervenire sia la creazione di un codice fiscale "ad hoc" che funga da collettore per l'Abruzzo, senza possibilità per il contribuente di poter segnalare le singole associazioni a cui devolvere la quota".

"Soldi per il terremoto in realtà ce ne sono già adesso - dice Concari - si possono infatti anticipare e quindi smobilizzare i soldi dell'8 per mille". La legge già prevede, all'art. 2 comma 1 del d. P. R. 10/03/1998, che, qualora l'8 per mille sia devoluto allo Stato, questo li utilizzi "per calamità naturali". "Quindi basterebbe 'blindare' i fondi dell'8 per mille per indirizzare nuove risorse alla popolazione abruzzese", prosegue Concari.

Ma perché "blindare" se la legge prevede con molta precisione dove indirizzare il fondo dell'8 per mille (fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione beni culturali, ndr)? "Perché il fondo, in questi anni, è stato depauperato per tappare falle di bilancio, oppure, e questo è incontrovertibile, per finanziare azioni di guerra in Afghanistan. E al contrario del 5 per mille non ha un tetto massimo, se non nell'ammontare globale dell'Irpef".

L'iniziativa di Tremonti presenta anche un altro inconveniente, quello dei tempi in cui il denaro sarebbe utilizzabile. "I soldi servono adesso e non nel 2012, perché con il 5 per mille prima di due/tre anni è difficile che si veda qualcosa. Purtoppo questa è l'esperienza di ogni associazione del terzo settore". Un terzo settore verso cui lo Stato è già debitore, secondo una stima recente de Il Sole24Ore, di circa 25 miliardi di euro.

Così si torna indietro. Andrea Olivero, presidente delle Acli e portavoce del Forum del terzo settore, sostiene che sulle risorse del 5 per mille non bisogna "tornare indietro". Va ribadito il principio di sussidiarietà alla base del fondo, secondo il quale "è il cittadino che sceglie a quale organizzazione dare i propri soldi per specifici interventi. E fra queste non può esserci lo Stato, altrimenti si torna agli aiuti del pubblico".

"Il ministro Tremonti ci chieda invece un impegno per l'Abruzzo, lo daremo anche per iscritto ma non cancelli la logica della sussidiarietà", suggerisce Olivero.

Guerra tra poveri. Per Marco Granelli, presidente del Csvnet (Coordinamento dei centri di servizio per il volontariato, strutture create dalla legge sul volontariato a servizio delle associazioni) con la destinazione del 5 per mille alle popolazioni terremotate "si fa una guerra fra poveri".

"Ricordo - spiega - che sul 5 per mille lo Stato ha fissato un tetto, 380 milioni di euro. Se questo tetto si conferma, vuol dire che Tremonti non allarga gli interventi ma toglie i soldi ad attività di assistenza svolte dal non profit. Si tratta di fabbisogni che comunque continuano ad essere presenti, mi riferisco ai disabili, ai tossicodipendenti, all'assistenza domiciliare per gli anziani e così via". Così come è stata annunciata la misura "non aggiunge nulla. Tremonti - precisa Granelli - interviene su soldi già destinati dallo Stato ad altro. Mi sembra un intervento inopportuno". Diverso sarebbe, a suo avviso, se invece il ministro intendesse ampliare il tetto e di conseguenza gli interventi.

Sudditanza al Vaticano. Secondo l'Aduc la proposta di Tremonti è "sintomatica perché conferma la sudditanza del nostro governo al Vaticano". L'associazione dei consumatori ricorda che "tre senatori Radicali-Pd hanno proposto, con una interrogazione parlamentare, che lo Stato promuova la devoluzione del proprio otto per mille. Niente di particolarmente rivoluzionario visto che la devoluzione di questi fondi per casi del genere è già previsto dalla legge". "Si tratterebbe - spiega l'Aduc - solo di incrementare più di quanto già avviene questo tipo di scelta: tra le confessioni religiose e lo Stato la gara, sempre in teoria, dovrebbe esserci per definizione. Certo è anomalo che lo Stato si metta a gareggiare con le confessioni religiose per questo tipo di finanziamenti".