Onorevole Bobba, Veltroni si è dimesso. Aveva altra scelta? Avrebbe avuto senso restare? Bobba: La sua scelta è stata sicuramente un atto di coraggio, ma era anche inevitabile, dopo quattro sconfitte. In più, il Partito democratico è nato un anno e mezzo fa incardinato sulla sua leadership grazie alle primarie, un sistema che non era mai stato realizzato prima, e quindi con una forte legittimazione popolare, elettorale del leader. Credo quindi che l’identificazione di Veltroni con il Pd fosse nella nascita stessa del partito, e quindi oggi uno shock come le sue dimissioni, che è sicuramente pesante, forse vale più di una rassicurazione. Veltroni ha detto in queste ora: «Per tanti ero un problema». Per lei lo era? Bobba: Il tema non è da porre in questo modo. Queste dimissioni sono un punto di svolta: o partito si unisce, cercando di salvare questo esperimento ancora fragile, oppure rischia di liquefarsi, e che l’esperimento fallisca è nelle cose. Forse questo shock non ci dice se ci piace di più questo o quel dirigente, ma sicuramente ci obbliga a confrontarci e chiederci se siamo coinvinti o meno di questo esperimento, se vogliamo portarlo fino in fondo. Adesso che succede? Bobba: Non lo so, non ho la palla di cristallo; so comunque che chiunque prenderà il timone del partito dovrà cercare di fare quattro cose: primo, abbandonare un certo "nuovismo" che Veltroni aveva incarnato e che si è rivelato incapace di cogliere dinamiche reali della società; secondo, avere più chiarezza e linearità nel sistema delle alleanze; terzo, avviare una gestione meno leaderistica e più collegiale e coinvolgente, se si vuole salvare l’esperimento del Pd; da ultimo, curare maggiormente le modalità con cui il partito si relaziona, interpreta, ascolta e dà voce alle istanze della società, verificando la sua capacità di reinterpretare le domande del paese trasformandole in iniziative e proposte politiche. Sono queste le questioni obbligate su cui qualunque leader dovrà misurarsi. Lei ha preferenze? Bobba: È difficile dire. La mia preferenza è più nel metodo che nelle persone: a mio parere non può essere il solito caminetto a sciogliere il nodo della leadership, ma deve essere convocata l’assemblea, eletta con suffragio popolare, e da lì deve nascere sia la responsabilità del nuovo leader sia, soprattutto, la linea politica. Ripeto, se si vuole salvare questo esperimento occorre nettezza e chiarezza nelle scelte; altrimenti sarà difficile che gli elettori ci capiscano. |
A partire dall'esperienza associativa vissuta nelle ACLI e da quella amministrativa a Napoli e Castellammare di Stabia utilizzo questo spazio per affrontare i temi del dialogo tra le generazioni, del lavoro, della formazione, del welfare, della partecipazione e della loro necessaria innovazione.
mercoledì, febbraio 18, 2009
LUIGI BOBBA: ORA RIPENSIAMO IL PD.
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