Il trionfo dell’ottusità e la divulgazione ignorante
di Leonardo Becchetti
Siamo di fronte ad una crisi finanziaria gravissima (da cui per fortuna l’Italia è per il momento immune grazie ai suoi anticorpi personalisti e solidaristi) le cui soluzioni sono ostacolate da un gruppo di ignoranti (cui si aggiungono oggi i peones repubblicani che hanno bloccato il piano di salvataggio USA alla camera) che continua a dibattere su questioni simboliche prive di senso.
La situazione ricorda quella di quel tale che incontra una persona in fin di vita abbandonata sul ciglio di una strada che chiede aiuto. Fa per dirigersi verso di lei ma poi si ritrae dicendo “non posso è socialismo”.
Lo scenario virtuoso possibile, già realizzato in scala minore nella crisi bancaria svedese del ’92, prevede la costruzione di un fondo pubblico che compra a sconto nel periodo di massima crisi e massimo ribasso i titoli oggetto della crisi (in questo caso i multiname credit derivatives) mentre contemporaneamente vengono adottate una serie di misure che eliminano alla radice la possibilità di nuove crisi (riduzione della leva finanziaria, requisiti patrimoniali anticiclici imposti anche su operazioni oggi fuori controllo e sul mercato OTC, organismi di vigilanza internazionali). Queste misure sono già state sollecitate dal Financial Stability Forum guidato da Mario Draghi. L’intervento, accompagnato alla riforma della regolamentazione, modifica le aspettative di mercato e, nel giro di un po’ di tempo, la crisi di fiducia viene superata, il tasso interbancario scende e i titoli “tossici” recuperano il loro valore. In Svezia il calcolo iniziale dei costi della manovra parlava di intervento corrispondente a vari punti del PIL con aggravio del debito pubblico e conseguenze per i contribuenti. Alla distanza invece la soluzione della crisi ha consentito allo stato di realizzare dei guadagni in conto capitale che hanno quasi del tutto annullato quei costi. E’ un po’ come se un investitore (in questo caso lo stato) acquistasse i titoli al momento del massimo ribasso avendo allo stesso tempo il potere di modificare le aspettative del mercato ed invertire la sua direzione con la possibilità di conseguire successivamente a causa della sua stessa manovra dei capital gains.
Questa che è l’unica via di uscita dalla crisi rischia di saltare per l’ottusità di chi non sa neanche cosa sia l’economia e il mercato ma difende a spada tratta un’ideologia pessimamente divulgata. Il mercato è un’istituzione molto delicata, d’importanza fondamentale per il sistema economico, la cui funzionalità va difesa con opportune regole. Il mercato senza regole non esiste in nessun paese. Esistono solo le regole buone e le regole cattive.
A chi dice che le crisi devono fare il suo corso dicendo che ci si evolve attraverso tentativi ed errori, rivelando una visione deterministica e disumana della storia, chiediamo se non si è accorto che chi fa i tentativi (guadagnando anche nei momenti di crisi) e chi paga gli errori sono due categorie di persone diverse. La più grande crisi finanziaria della storia contrastata solo tardivamente dalla giusta natura di intervento, quella del ’29, ha generato milioni di disoccupati e una crisi di iperinflazione in Germania che, unita al problema del servizio del debito imposto dai vincitori della prima guerra mondiale, ha portato il paese al nazismo e condotto alla seconda guerra mondiale.
di Leonardo Becchetti
Siamo di fronte ad una crisi finanziaria gravissima (da cui per fortuna l’Italia è per il momento immune grazie ai suoi anticorpi personalisti e solidaristi) le cui soluzioni sono ostacolate da un gruppo di ignoranti (cui si aggiungono oggi i peones repubblicani che hanno bloccato il piano di salvataggio USA alla camera) che continua a dibattere su questioni simboliche prive di senso.
La situazione ricorda quella di quel tale che incontra una persona in fin di vita abbandonata sul ciglio di una strada che chiede aiuto. Fa per dirigersi verso di lei ma poi si ritrae dicendo “non posso è socialismo”.
Lo scenario virtuoso possibile, già realizzato in scala minore nella crisi bancaria svedese del ’92, prevede la costruzione di un fondo pubblico che compra a sconto nel periodo di massima crisi e massimo ribasso i titoli oggetto della crisi (in questo caso i multiname credit derivatives) mentre contemporaneamente vengono adottate una serie di misure che eliminano alla radice la possibilità di nuove crisi (riduzione della leva finanziaria, requisiti patrimoniali anticiclici imposti anche su operazioni oggi fuori controllo e sul mercato OTC, organismi di vigilanza internazionali). Queste misure sono già state sollecitate dal Financial Stability Forum guidato da Mario Draghi. L’intervento, accompagnato alla riforma della regolamentazione, modifica le aspettative di mercato e, nel giro di un po’ di tempo, la crisi di fiducia viene superata, il tasso interbancario scende e i titoli “tossici” recuperano il loro valore. In Svezia il calcolo iniziale dei costi della manovra parlava di intervento corrispondente a vari punti del PIL con aggravio del debito pubblico e conseguenze per i contribuenti. Alla distanza invece la soluzione della crisi ha consentito allo stato di realizzare dei guadagni in conto capitale che hanno quasi del tutto annullato quei costi. E’ un po’ come se un investitore (in questo caso lo stato) acquistasse i titoli al momento del massimo ribasso avendo allo stesso tempo il potere di modificare le aspettative del mercato ed invertire la sua direzione con la possibilità di conseguire successivamente a causa della sua stessa manovra dei capital gains.
Questa che è l’unica via di uscita dalla crisi rischia di saltare per l’ottusità di chi non sa neanche cosa sia l’economia e il mercato ma difende a spada tratta un’ideologia pessimamente divulgata. Il mercato è un’istituzione molto delicata, d’importanza fondamentale per il sistema economico, la cui funzionalità va difesa con opportune regole. Il mercato senza regole non esiste in nessun paese. Esistono solo le regole buone e le regole cattive.
A chi dice che le crisi devono fare il suo corso dicendo che ci si evolve attraverso tentativi ed errori, rivelando una visione deterministica e disumana della storia, chiediamo se non si è accorto che chi fa i tentativi (guadagnando anche nei momenti di crisi) e chi paga gli errori sono due categorie di persone diverse. La più grande crisi finanziaria della storia contrastata solo tardivamente dalla giusta natura di intervento, quella del ’29, ha generato milioni di disoccupati e una crisi di iperinflazione in Germania che, unita al problema del servizio del debito imposto dai vincitori della prima guerra mondiale, ha portato il paese al nazismo e condotto alla seconda guerra mondiale.
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