giovedì, settembre 04, 2008

La terra dei cachi da stadio

Scritto da Antonio Fiore da il Corriere del Mezzogiorno

Camorra sì camorra no camorra bum, come l'Italia della «Terra dei cachi». E a leggere la raffica di dichiarazioni, smentite, giravolte e dietro-front di poliziotti, membri del governo, magistrati ed esponenti delle istituzioni sembra davvero di essere in una canzone demenziale di Elio e le Storie Tese.
Con il capo della polizia Manganelli che dietro i noti fatti della «domenica della vergogna» ipotizza «presenze che vanno al di là della tifoseria facinorosa», ovvero la mano della camorra, il ministro della Difesa La Russa che prima liquida con una risata mefistofelica delle sue quella che secondo lui è una bufala, ma poi, appena appreso che a parlare di presenze camorristiche negli scontri di Napoli e Roma è stato appunto il capo della polizia, si irrigidisce sull'attenti e recita il mea culpa («Non ho ragione di dubitare della fondatezza delle sue dichiarazioni») con un guizzo — digiamolo — degno delle migliori imitazioni di Fiorello; con il presidente della Regione Campania Bassolino che parla sdegnato di «gruppi di delinquenti organizzati» all'origine degli incidenti, rassicurando così quelli di noi convinti che gli avvenimenti di domenica fossero stati magari causati da gruppi di onesti cittadini disorganizzati; e con il coordinatore della Dda Roberti, uno che di camorra se ne intende, che, quasi inascoltato, invita a valutare con un minimo di cautela gli eventi prima di abbracciare «a prescindere» il suggestivo teorema della collusione tra tifosi e criminalità organizzata.
Collusione che, ove dimostrata, non stupirebbe certo nessuno; ma questo agitare a comando e preventivamente il vessillo dei clan rischia di risultare un po' sospetto, quasi che evocare il Male (Campano) Assoluto serva un po' a tutti: agli uomini del governo Berlusconi per nascondere la clamorosa scelleratezza delle loro scelte (togliere il divieto di trasferta agli ultrà partenopei che non aspettavano altro per «regolare» i conti con la nemica tifoseria romanista); ai vertici della polizia per mimetizzare la scadente o nulla capacità di fronteggiare i violenti (proteggendo la teppa all'assalto del treno e mettendo invece in fuga i viaggiatori semplici e paganti); all'opposizione nazionale e alla maggioranza locale per accusare il governo di centrodestra di aver sottovalutato il fenomeno.
Un copione logoro e dozzinale, recitato da una compagnia teatrale che non crede più a una parola di quello che dice, come gli scalcagnati attori dell'esilarante commedia «Rumori fuori scena». Solo che, stavolta, tra i rumori fuori scena si avverte distintamente il brontolio di un pubblico — la famosa opinione pubblica — stanco del solito indecente chiacchiericcio, e che vorrebbe si cominciasse sul serio a mettere al bando i criminali, da quelli singoli e organizzati a quelli da stadio (indipendentemente dal loro status di camorristi). Pretendendo, per ciò che riguarda questi ultimi, che le società calcistiche facciano semplicemente il loro dovere: denunciare quei gruppi di ultrà che per troppi anni hanno coccolato e foraggiato ospitando negli stadi (talvolta con l'acquiescenza delle forze dell'ordine) svastiche, spranghe, inni all'odio razziale e devastazioni. Tutti reati che, a lungo tollerati, hanno alimentato l'illegalità generalizzata che oggi seppellisce, con lo sport, la vita stessa delle nostre città.

1 commento:

Post-iT ha detto...

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