Contrariamente a quanto si possa pensare, i passeggiatori della ramblas sono in genere piuttosto uniformi, pur parlando tutte le lingue d’ Europa ed anche se ognuno si sforza più o meno consciamente di ‘essere unico’ alla fine l’immagine globale che ne ho ricavato è quella di una moda molto uniforme con una netta prevalenza di abiti neri e capelli mesciati rossi. La musica che si sente è quella che si ascolta più o meno ovunque accendendo la radio, le marche dei vestiti quelle che si vedono in qualsiasi vetrina del centro.
La differenza con quello che possiamo vedere a Campo dei Fiori o a San Lorenzo qui a Roma è essenzialmente di tipo quantitativo (qui c’ è molta più gente e più birra) e forse in una maggiore propensione verso un’ apparente ‘trasgressione’ (qualche bacio omosessuale). Insomma passeggiare per le ramblas è abbastanza piacevole ma non differente dall’ andare in giro la sera nelle zone di moda di qualsiasi delle nostre città europee, con in più se mai un pizzico di malinconia legato al sospetto di una certa tristezza di fondo implicita nel fatto che per stare allegri bisogna necessariamente comportarsi in modo stravagante (così stabilendo la tristezza come condizione di ‘default’ del quotidiano). Meno noto ma incredibilmente più eccitante e coinvolgente lo struscio che va da Santa Sofia alla Moschea Blu (Sultanamhet) ad Istanbul. Intanto qui il contesto ambientale è qualcosa di unico al mondo: ad un estremo abbiamo l’ Aghia Sofia, il vertice dell’arte bizantina, la basilica che fece dire a Giustiniano di aver ‘superato il tempio di Gerusalemme’, una struttura diversa da qualsiasi altra, una specie di enorme astronave calata dal cielo resa ancora più fantastica dai minareti aggiunti dal grande architetto Mimhar Sinan dopo la conquista turca di Costantinopoli. L’altro estremo del passeggio è costituito dall’immensa Moschea Blu, una mole mastodontica ed insieme leggerissima, una mongolfiera trattenuta a terra come la Chiesa della Salute a Venezia, bella quasi quanto Santa Sofia e forse ancora più spettacolare, in alto le grida dei gabbiani, in mezzo giardini fioriti con i resti dell’ ippodromo costruito da Costantino. Tra tutto questo incredibile concentrato di bellezza una folla che sembra raccogliere tutta la diversità del mondo: turisti giapponesi un po’ spaesati che si fotografano tra loro, famiglie turche che prendono il fresco, stormi di ragazze festanti che raccolgono nello stesso gruppo di amiche una fanciulla tutta velata dalla testa ai piedi, due ragazzone con chador sgargianti, una bellezza in minigonna ed un’ altra in jeans fascianti e capelli coperti da un foulard come quello che portava mia mamma negli anni 60, patiti del calcio che organizzano piccole partitelle volanti, venditori di pannocchie arrostite, tè, cetrioli salati, pizzette, trottole, paperotti e conigli vivi, e poi hippies, gite parrocchiali, signori che giocano a backgammon, bambini che stuzzicano i numerosi gatti della piazza Sultanamhet. E poi musica, musica differente da quella che ascoltiamo da noi: una ragazza canta accompagnata da un tamburello delle struggenti litanie dell’ Asia centrale, un gruppo di suonatori di liuto suona musica araba….Qui la trasgressione è quella vera, che come dice l’etimologia della parola implica l’attraversamento di categorie, concetti e pensieri ed allora è immensamente più trasgressiva la coppia formata da un ragazzo europeo con i capelli ‘rasta’ mano nella mano con la ragazza musulmana con il chador che qualsiasi esagerazione della rambla.
Le età rappresentate da questo passeggio vanno dai pochi mesi dei bambini in carrozzina agli ottanta- novanta dei fumatori di narghilè in un chiosco appartato, tutte le età sono ben rappresentate e tutte sono padrone della scena, tutti sorridono. A metà strada tra Santa Sofia e la Moschea Blu ci sono delle panchine dove ci si riunisce a chiacchierare e dove invariabilmente si scambiano piccoli doni (lo zucchero filato ai bimbi, un giro di tè ai grandi) con le persone che si incontrano (da dove vieni ? da Roma..e tu ? io sono turco ma lavoro in Germania..) . Chiacchierando si scopre che il velo delle donne è un concetto vastissimo e multiforme e che ha un significato completamente differente da quello che gli assegniamo noi europei, che il Galatasaray è giallorosso come la Roma, e che il Feherbace corrisponde alla Lazio anche come tipologia dei tifosi (decisamente più fighetti di quelli del Galata), che il richiamo del muezzin ti scuote da dentro, che il mondo è bello perché è vario ma che alla base c’è una grande unità e siamo tutti fratelli e che ‘mannaggia ma perché non potremmo essere sempre così rilassati e sorridenti come in questo posto’. Il confronto tra i due passeggi è stato per me, come avrete capito, decisamente a favore dello struscio turco che mi è parso come ‘il nuovo che si profila all’orizzonte’, laddove a Barcellona ho assistito forse alla fine di un’epoca. Per cui c’è da stare allegri, come sempre il sole nasce ad Oriente, e se Istanbul si salverà (e la sua lunghissima storia unita al suo carattere romano e quindi eterno mi fa credere che si salvi) dalle due opposte ma pericolosamente simili tendenze omologatrici dell’ unione europea e dell’integralismo islamico, ne vedremo sicuramente delle belle……
da benecomune.net
Alessandro Giuliani
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