Immigrati: regolarizzazione per chi lavora in Italia
La chiedono le Acli a fronte di una situazione del decreto flussi oramai insostenibile. Dopo 6 mesi ancora 700mila domande inevase
Roma, 24 giugno 2008 - Una nuova regolarizzazione per i cittadini stranieri che dimostrino al 30 maggio di lavorare da almeno tre mesi in Italia. La chiedono ufficialmente al Governo le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani a fronte di una situazione paralizzata e insostenibile nella gestione delle pratiche legate all'ultimo decreto flussi. Dopo 6 mesi dalla presentazione delle domande, 700mila risultano quelle ancora inevase. Su oltre 740mila richieste di assunzioni, infatti, solo 67.627 sono state risolte. Di queste, oltre 25mila sarebbero state respinte (ma nessuna comunicazione è arrivata ai datori di lavoro), e poco più di 39mila avrebbero ricevuto il nulla osta all'assunzione, che però è ulteriormente condizionata al rilascio del visto d'ingresso da parte dei consolati italiani all'estero, dove gli immigrati sono costretti a recarsi 'fingendo' di non lavorare già in Italia, come invece già accade per il 90% di loro. I visti d'ingresso per l'Italia rilasciati al 17 giugno - secondo quanto riportato oggi dal quotidiano La Repubblica - sarebbero solo 7947.
«A questo punto è provato che il sistema dei flussi così com'è non funziona - afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero - La situazione è diventata davvero insostenibile. Ci sono centinaia di migliaia di persone che lavorano da mesi se non da anni come clandestini nelle nostre imprese e nelle nostre case. A queste, e ai loro datori di lavoro, viene di fatto negata la possibilità di uscire dal sommerso e dall'illegalità. Un'emersione che garantirebbe importanti entrate per le casse dello stato e offrirebbe allo stesso tempo un contributo importante in termini di sicurezza, se è vero che la clandestinità costituisce un serbatoio per la criminalità, come viene autorevolmente ripetuto».
«Negli sportelli unici presso le prefetture - continua Olivero - e ancor più nelle questure, la situazione è oramai ingestibile. Alle pratiche dell'ultimo decreto flussi per il rilascio del primo permesso di soggiorno, si sommano per giunta quelle per il rinnovo del permesso e per le carte di soggiorno. A questo punto non c'è altra risposta possibile - per il rispetto dei diritti delle persone, ma anche per la tenuta del nostro welfare familiare e lo sviluppo di molte nostre fabbriche e imprese - che ripetere quanto fatto con la grande regolarizzazione del 2002. Aboliamo il rito inutile del rientro nei Paesi d'origine e il conseguente passaggio ai consolati all'estero. Consideriamo già entrati e presenti in Italia i lavoratori di cui i datori di lavoro hanno fatto richiesta. E offriamo l'opportunità ai datori di lavoro di regolarizzare la posizione dei lavoratori stranieri che siano alle loro dipendenze da almeno 3 mesi alla data del 30 maggio. Le questure avrebbero già tutta la documentazione e le informazioni necessarie. Gli immigrati dovrebbero presentarsi agli sportelli con i propri datori di lavoro. I patronati e le associazioni potrebbero persino fornire del personale volontario per aiutare i funzionari dello Stato nell'assolvimento del servizio, secondo un modello di collaborazione già stato sperimentato con successo in altre circostanze».
La chiedono le Acli a fronte di una situazione del decreto flussi oramai insostenibile. Dopo 6 mesi ancora 700mila domande inevase
Roma, 24 giugno 2008 - Una nuova regolarizzazione per i cittadini stranieri che dimostrino al 30 maggio di lavorare da almeno tre mesi in Italia. La chiedono ufficialmente al Governo le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani a fronte di una situazione paralizzata e insostenibile nella gestione delle pratiche legate all'ultimo decreto flussi. Dopo 6 mesi dalla presentazione delle domande, 700mila risultano quelle ancora inevase. Su oltre 740mila richieste di assunzioni, infatti, solo 67.627 sono state risolte. Di queste, oltre 25mila sarebbero state respinte (ma nessuna comunicazione è arrivata ai datori di lavoro), e poco più di 39mila avrebbero ricevuto il nulla osta all'assunzione, che però è ulteriormente condizionata al rilascio del visto d'ingresso da parte dei consolati italiani all'estero, dove gli immigrati sono costretti a recarsi 'fingendo' di non lavorare già in Italia, come invece già accade per il 90% di loro. I visti d'ingresso per l'Italia rilasciati al 17 giugno - secondo quanto riportato oggi dal quotidiano La Repubblica - sarebbero solo 7947.
«A questo punto è provato che il sistema dei flussi così com'è non funziona - afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero - La situazione è diventata davvero insostenibile. Ci sono centinaia di migliaia di persone che lavorano da mesi se non da anni come clandestini nelle nostre imprese e nelle nostre case. A queste, e ai loro datori di lavoro, viene di fatto negata la possibilità di uscire dal sommerso e dall'illegalità. Un'emersione che garantirebbe importanti entrate per le casse dello stato e offrirebbe allo stesso tempo un contributo importante in termini di sicurezza, se è vero che la clandestinità costituisce un serbatoio per la criminalità, come viene autorevolmente ripetuto».
«Negli sportelli unici presso le prefetture - continua Olivero - e ancor più nelle questure, la situazione è oramai ingestibile. Alle pratiche dell'ultimo decreto flussi per il rilascio del primo permesso di soggiorno, si sommano per giunta quelle per il rinnovo del permesso e per le carte di soggiorno. A questo punto non c'è altra risposta possibile - per il rispetto dei diritti delle persone, ma anche per la tenuta del nostro welfare familiare e lo sviluppo di molte nostre fabbriche e imprese - che ripetere quanto fatto con la grande regolarizzazione del 2002. Aboliamo il rito inutile del rientro nei Paesi d'origine e il conseguente passaggio ai consolati all'estero. Consideriamo già entrati e presenti in Italia i lavoratori di cui i datori di lavoro hanno fatto richiesta. E offriamo l'opportunità ai datori di lavoro di regolarizzare la posizione dei lavoratori stranieri che siano alle loro dipendenze da almeno 3 mesi alla data del 30 maggio. Le questure avrebbero già tutta la documentazione e le informazioni necessarie. Gli immigrati dovrebbero presentarsi agli sportelli con i propri datori di lavoro. I patronati e le associazioni potrebbero persino fornire del personale volontario per aiutare i funzionari dello Stato nell'assolvimento del servizio, secondo un modello di collaborazione già stato sperimentato con successo in altre circostanze».
2 commenti:
Buongiorno, mia nonna di 87 anni ha da tempo una badante extracomunitaria che da tempo cerco di regolarizzare per poter fare un regolare contratto di lavoro. Ho girato e bussato per mesi ma niente. Come è possibile che uno Stato che vuole combattere il problema clandestini e lavoro nero, non dia alcuna possibilità di regolarizzare chi si trova in entrambe le situazioni. Dire che è assurdo è poco!!! Barbara Bruno
quello che stavo cercando, grazie
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