Toccante e terribile. Questo in due parole IL CACCIATORE DI AQUILONI, il film di Marc Forster tratto dall’omonimo romanzo di Khaled Hosseini.
Non era certo semplice trasferire dalle pagine al grande schermo uno dei più grandi fenomeni editoriali degli ultimi anni. Marc Forster ci ha provato, in parte ci è riuscito.Chi vedrà il film avendo letto il romanzo non rimarrà deluso, chi ha visto il film senza avere letto il romanzo vedrà un bel film, riuscendo a capire forse in parte il perché del successo dell’opera di Hosseini. Come dire: il film è un buon adattamento cinematografico, ma il romanzo è il romanzo!
È la storia di due bambini afgani di due etnie e due classi sociali diverse, Amir e Hassan. I due sono amici per la pelle fino a quando un evento tragico sconvolge la loro vita. Da quel momento tutto cambia, fino alla separazione dei due avvenuta proprio per volontà del piccolo Amir, incapace di reggere il confronto anche visivo con l’ (ex?) amico Hassan, perché colpevole di essere stato debole nel momento del bisogno. È la storia delle debolezze umane in un paese come l’Afghanistan dove ancor di più bisogna esser forti. E le vicende storiche del paese afgano si susseguono nel film mostrando come in quest’ultimo trentennio si sia arrivati alla completa distruzione e devastazione di una nazione, di una cultura, di un popolo. Il film dopo la separazione dei due bambini segue Amir, fino all’età adulta, fino alla scoperta di una verità fino ad allora sconosciuta a lui, riguardante Hassan, che gli darà l’opportunità di riscattare se stesso, di esserci nel momento del bisogno, di riparare all’incondizionata fiducia che Hassan ha sempre avuto in lui.
Meraviglioso il volto del bambino che interpreta Hassan, splendido nell’esprimere sentimenti puri come l’amicizia, l’amore fraterno, la devozione e la fiducia in Amir.
Uno dei libri più toccanti degli ultimi anni diventa un film sicuramente da vedere. Marc Foster (e prima ancora Khaled Hosseini) riesce inoltre a trasmettere il senso di gioia che si provava a vivere nella Kabul degli anni Settanta, vista con occhi di un bambino, e il profondo cambiamento apportato dalle numerose guerre che hanno lacerato il Paese. La tragica storia di Amir si sovrappone ad uno scenario di ricchezza e felicità in un primo momento e di povertà e terrore in seguito. Toccante e terribile.
È la storia di due bambini afgani di due etnie e due classi sociali diverse, Amir e Hassan. I due sono amici per la pelle fino a quando un evento tragico sconvolge la loro vita. Da quel momento tutto cambia, fino alla separazione dei due avvenuta proprio per volontà del piccolo Amir, incapace di reggere il confronto anche visivo con l’ (ex?) amico Hassan, perché colpevole di essere stato debole nel momento del bisogno. È la storia delle debolezze umane in un paese come l’Afghanistan dove ancor di più bisogna esser forti. E le vicende storiche del paese afgano si susseguono nel film mostrando come in quest’ultimo trentennio si sia arrivati alla completa distruzione e devastazione di una nazione, di una cultura, di un popolo. Il film dopo la separazione dei due bambini segue Amir, fino all’età adulta, fino alla scoperta di una verità fino ad allora sconosciuta a lui, riguardante Hassan, che gli darà l’opportunità di riscattare se stesso, di esserci nel momento del bisogno, di riparare all’incondizionata fiducia che Hassan ha sempre avuto in lui.
Meraviglioso il volto del bambino che interpreta Hassan, splendido nell’esprimere sentimenti puri come l’amicizia, l’amore fraterno, la devozione e la fiducia in Amir.
Uno dei libri più toccanti degli ultimi anni diventa un film sicuramente da vedere. Marc Foster (e prima ancora Khaled Hosseini) riesce inoltre a trasmettere il senso di gioia che si provava a vivere nella Kabul degli anni Settanta, vista con occhi di un bambino, e il profondo cambiamento apportato dalle numerose guerre che hanno lacerato il Paese. La tragica storia di Amir si sovrappone ad uno scenario di ricchezza e felicità in un primo momento e di povertà e terrore in seguito. Toccante e terribile.
I giovani attori hanno dovuto lasciare il Paese per timore delle violenze dei talebani di MATTEO TONELLI
Proibito il "Cacciatore di aquiloni"
Kabul senza il film del bestseller
KABUL - L'hanno vietato. Perché "incita alla violenza razziale", mostrando gli stupri di due bambini della minoranza hazara. Per questo, dicono, gli afgani non devono vederlo. Cala come una mannaia la decisione della Afghan film, istituzione statale che si occupa della censura delle pellicole, "Cacciatore di aquiloni".
Il film, tratto dal bestseller di Khaled Hosseini è stato vietato in Afghanistan. La motivazione? "Ci sono scene inadatte al pubblico". Due stupri che metterebbero "in scena l'odio razziale". In pratica l'ultimo tassello di una vicenda che già aveva conosciuto tensioni. Al punto che i giovanissimi protagonisti del film sono stati messi sotto sorveglianza per il timore che finissero nel mirino dei Talebani. Una scelta appoggiata dallo stesso presidente Hamid Karzai, preoccupato per le ricadute negative sull'alleanza politica fra hazara e pashtun, entrambi sostenitori del governo.
E' bellissima, invece, la storia raccontata da Housseini. Storia di bambini che diventano uomini, amicizia, tradimento. Il tutto in un Afghanistan che cambia. Prima la fine della monarchia, poi l'invasione russa ed infine l'arrivo dei Talebani. Il racconto di un paese che si sgretola. Che aveva cieli pieni di aquiloni e che si ritrova a vivere sotto un regime cupo e violento.
Il libro racconta l'amicizia tra Amir (interpretato da Zekiria Ebrahimi), ragazzo afgano pashtun di Kabul e Hassan (interpretato da Ahmad Khan Mahmoodzada), figlio del suo servo hazara. I due, così diversi per storia e ricchezza, annullano le distanze. Le gare di aquiloni sono il loro terreno comune. Insieme sono imbattibili. E inseparabili. Fino a che qualcosa non rompe l'equilibrio. Amir assiste di nascosto allo stupro di Hassan da parte di un gruppo di teppisti. Resta paralizzato, non si muove. Si convince che la cosa non sia mai successa. Un dramma che condizionerà la sua vita e quella di Hassan. Poi una nuova violenza, ancora ai danni di un altro bambino della minoranza hazara, interpretato da Alì Danish Bakhty Ari, ad opera di un comandante dei Talebani.
Passeranno anni, Amir fuggirà dall'Afghanistan e si rifarà una vita in America. Di Hassan si perderanno le tracce. Fino a che una telefonata riporterà Amir in patria. Un viaggio nella sua Terra ma anche dentro se stesso. Espiazione di una colpa, certo, ma anche affresco di quello che l'Afghanistan è diventato. Un mondo brutale, sinistro, dove le donne non hanno visibilità, la bellezza è diventata un reato e gli aquiloni non volano più.
Nel mondo il libro ha venduto moltissimo. Ha scalato le classifiche di decine e decine di Paesi. Pubblicato a marzo del 2004 con una prima tiratura di 6.000 copie ha subito spiccato il volo. Tanto che la Dreamwork di Steven Spielberg ne ha comprato i diritti e ha deciso a farne un film. Non è stato semplice, però. I giovani interpreti afgani, dopo le riprese, rischiavano di essere puniti ed uccisi solo per aver lavorato con gli americani. Per questo hanno dovuto abbandonare il loro paese. Poi è stata la volta del divieto. Ma chissà che questa censura, in realtà, non ottenga l'effetto opposto. Stimoli ancor di più, la voglia di sapere del popolo afgano. Accadde già con il film 'Kabul Express', considerato offensivo per la minoranza hazara. Lo scorso gennaio la pellicola arrivò a Kabul. E la scena in cui uno dei protagonisti pronuncia insulti contro gli hazara portò a tumulti e minacce di morte nei confronti dell'attore. La pellicola, però, fu vista da molti. Aggirando il divieto.
In Italia l'uscita del "Cacciatore di aquiloni", è prevista per il 15 febbraio. Negli Usa, invece, la pellicola è stata proiettata agli inizi di dicembre. E già si parla di premi Oscar.
Proibito il "Cacciatore di aquiloni"
Kabul senza il film del bestseller
KABUL - L'hanno vietato. Perché "incita alla violenza razziale", mostrando gli stupri di due bambini della minoranza hazara. Per questo, dicono, gli afgani non devono vederlo. Cala come una mannaia la decisione della Afghan film, istituzione statale che si occupa della censura delle pellicole, "Cacciatore di aquiloni".
Il film, tratto dal bestseller di Khaled Hosseini è stato vietato in Afghanistan. La motivazione? "Ci sono scene inadatte al pubblico". Due stupri che metterebbero "in scena l'odio razziale". In pratica l'ultimo tassello di una vicenda che già aveva conosciuto tensioni. Al punto che i giovanissimi protagonisti del film sono stati messi sotto sorveglianza per il timore che finissero nel mirino dei Talebani. Una scelta appoggiata dallo stesso presidente Hamid Karzai, preoccupato per le ricadute negative sull'alleanza politica fra hazara e pashtun, entrambi sostenitori del governo.
E' bellissima, invece, la storia raccontata da Housseini. Storia di bambini che diventano uomini, amicizia, tradimento. Il tutto in un Afghanistan che cambia. Prima la fine della monarchia, poi l'invasione russa ed infine l'arrivo dei Talebani. Il racconto di un paese che si sgretola. Che aveva cieli pieni di aquiloni e che si ritrova a vivere sotto un regime cupo e violento.
Il libro racconta l'amicizia tra Amir (interpretato da Zekiria Ebrahimi), ragazzo afgano pashtun di Kabul e Hassan (interpretato da Ahmad Khan Mahmoodzada), figlio del suo servo hazara. I due, così diversi per storia e ricchezza, annullano le distanze. Le gare di aquiloni sono il loro terreno comune. Insieme sono imbattibili. E inseparabili. Fino a che qualcosa non rompe l'equilibrio. Amir assiste di nascosto allo stupro di Hassan da parte di un gruppo di teppisti. Resta paralizzato, non si muove. Si convince che la cosa non sia mai successa. Un dramma che condizionerà la sua vita e quella di Hassan. Poi una nuova violenza, ancora ai danni di un altro bambino della minoranza hazara, interpretato da Alì Danish Bakhty Ari, ad opera di un comandante dei Talebani.
Passeranno anni, Amir fuggirà dall'Afghanistan e si rifarà una vita in America. Di Hassan si perderanno le tracce. Fino a che una telefonata riporterà Amir in patria. Un viaggio nella sua Terra ma anche dentro se stesso. Espiazione di una colpa, certo, ma anche affresco di quello che l'Afghanistan è diventato. Un mondo brutale, sinistro, dove le donne non hanno visibilità, la bellezza è diventata un reato e gli aquiloni non volano più.
Nel mondo il libro ha venduto moltissimo. Ha scalato le classifiche di decine e decine di Paesi. Pubblicato a marzo del 2004 con una prima tiratura di 6.000 copie ha subito spiccato il volo. Tanto che la Dreamwork di Steven Spielberg ne ha comprato i diritti e ha deciso a farne un film. Non è stato semplice, però. I giovani interpreti afgani, dopo le riprese, rischiavano di essere puniti ed uccisi solo per aver lavorato con gli americani. Per questo hanno dovuto abbandonare il loro paese. Poi è stata la volta del divieto. Ma chissà che questa censura, in realtà, non ottenga l'effetto opposto. Stimoli ancor di più, la voglia di sapere del popolo afgano. Accadde già con il film 'Kabul Express', considerato offensivo per la minoranza hazara. Lo scorso gennaio la pellicola arrivò a Kabul. E la scena in cui uno dei protagonisti pronuncia insulti contro gli hazara portò a tumulti e minacce di morte nei confronti dell'attore. La pellicola, però, fu vista da molti. Aggirando il divieto.
In Italia l'uscita del "Cacciatore di aquiloni", è prevista per il 15 febbraio. Negli Usa, invece, la pellicola è stata proiettata agli inizi di dicembre. E già si parla di premi Oscar.
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