Sul totale delle circa 24 milioni e 329 mila unità di lavoro del 2005, circa 2 milioni e 951 (pari al 12,1%) mila risultano non regolari. Una percentuale che tuttavia appare in diminuzione rispetto al 13,8% del 2001. Lo comunica l’Istat, che ha diffuso i dati su ‘La misura dell’occupazione non regolare nelle stime di contabilità nazionale - Anni 1980-2005’. Il tasso di irregolarità, dice l’Istat, tende a diminuire tra le unità di lavoro dipendenti mentre aumenta tra quelle indipendenti. L’incidenza delle unità di lavoro non regolari dipendenti passa dal 16% del 2001 al 13,4% nel 2005 mentre, tra gli indipendenti, il tasso cresce dall’8,5% all’8,9%. I settori maggiormente coinvolti dall’irregolarità del lavoro sono quelli dell’agricoltura e dei servizi In agricoltura, ad esempio, il carattere frammentario e stagionale dell’attività produttiva favorisce l’impiego di lavoratori temporanei che, essendo in molti casi pagati a giornata, non sono regolarmente registrati.
Per l’Istat, sono non regolari le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. Rientrano in tale categoria le posizioni lavorative: continuative svolte non rispettando la normativa vigente; occasionali svolte da studenti, casalinghe o pensionati; svolte dagli stranieri non residenti e non regolari; plurime, cioè le attività ulteriori rispetto alla principale e non dichiarate alle istituzioni fiscali.
Per l’Istat, sono non regolari le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. Rientrano in tale categoria le posizioni lavorative: continuative svolte non rispettando la normativa vigente; occasionali svolte da studenti, casalinghe o pensionati; svolte dagli stranieri non residenti e non regolari; plurime, cioè le attività ulteriori rispetto alla principale e non dichiarate alle istituzioni fiscali.
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