I sindacati rispondono a Draghi
"Salari bassi la vera emergenza"
ROMA - Le dichiarazioni del governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi (nella Foto), sui salari troppo bassi e sulla necessità di aumentare redditi e consumi puntando sull'istruzione dei giovani che, da parte loro, non devono pagare il prezzo della flessibilità del lavoro, ha scatenato le reazioni del mondo economico e dei sindacati, che proprio oggi erano in piazza con gli statali e che stanno già lavorando alla prossima manifestazione nazionale su fisco e salari.
Secondo il ministro della Solidarietà, Paolo Ferrero, la precarietà è la causa principale degli stipendi troppo bassi. Per Ferrero, è "giusta" la notazione di Draghi ma "perché non sia una affermazione propagandistica, si deve coniugare con una drastica riduzione della precarietà che togliendo potere contrattuale a chi lavora rappresenta la causa fondamentale degli stessi bassi salari. Il problema - spiega Ferrero - non è perciò la scoperta della flessibilità creativa, ma dare ai giovani i diritti necessari al fine di difendere i propri legittimi interessi salariali".
"I problemi esposti oggi da Mario Draghi sono condivisibili" ha commentato il sottosegretario all'Economia, Paolo Cento, "ma occorre coerenza, riconoscendo il fallimento delle politiche liberiste e la necessità di aprire una nuova stagione di redistribuzione delle risorse, anche usando la leva fiscale, e di un intervento sui profitti". Secondo Cento "le scelte fatte dal governo e dalla maggioranza negli ultimi mesi sono improntate alla consapevolezza dei problemi esposti da Draghi ma resta ancora incomprensibile la scelta di non intervenire sulla tassazione delle rendite. Inoltre, l'aumento dei consumi non è affatto una ricetta perché i nodi restano quelli della qualità dello sviluppo ecocompatibile".
"Tutti dicono le stesse cose, poi però dicono che i margini non ci sono" ha detto il leader della Cgil Guglielmo Epifani. "Bisogna invece che chi ha responsabilità, oltre a dire come noi che c'è un problema, dia anche delle indicazioni per risolverlo". "Noi chiediamo meno fisco per il lavoro dipendente, equità e rinnovi dei contratti nei tempi giusti. Non si può - ha continuato - non usare il fisco per il lavoro, rimandare i contratti e poi lamentarsi dei salari che sono troppo bassi. Questo - ha concluso - è inammissibile".
"Le considerazioni del governatore della Banca d'Italia devono far riflettere ancora di più il governo Prodi sulla reale condizione dei lavoratori, dei giovani e dei pensionati italiani" ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sottolineando che "il governatore Draghi ha colto ancora una volta con estrema lucidità la gravità del problema salariale oggi nel nostro Paese. Abbiamo stipendi bassi e oneri fiscali troppo alti che pesano come un macigno sul lavoro dipendente". Per Bonanni "questa è la vera emergenza sociale, che riguarda tutti: il lavoro pubblico e il lavoro privato,il nord e il sud. Il problema dei salari bassi vale oggi sia per il lavoro flessibile e poco pagato dei giovani, sia per i lavoratori ormai stabili. Per questo la nostra proposta è quella di ridurre la tassazione su tutti i prossimi rinnovi contrattuali, legando questi aumenti ad una maggiore produttività".
Per la questione salariale lamentata dal governatore della Banca d'Italia, sostiene Renato Brunetta, vice coordinatore di Forza Italia, "la colpa è dei sindacati delle imprese e dei sindacati dei lavoratori", che "dagli anni ottanta si sono messi d'accordo per tenere bassi i salari". Per l'esponente di Forza Italia "i sindacati, e soprattutto la Cgil, per ragioni di mero scambio politico, e cioè la partecipazione al governo dell'economia del paese", hanno insistito con la moderazione salariale. Il risultato, osserva Brunetta è che, a differenza del pubblico impiego, "settore protetto per eccellenza" i lavoratori dei settori esposti alla concorrenza sono stati "abbandonati al loro destino". "Buttiamo a mare dunque - è l'auspicio di Brunetta - la contrattazione centralizzata e la relativa moderazione salariale. Leghiamo, invece, le retribuzioni ai guadagni di produttività, spostando il baricentro delle relazioni sindacali in favore di più contrattazione decentrata, con il risultato inevitabile di liberarsi anche dell'intermediazione dei governi".
"Salari bassi la vera emergenza"
ROMA - Le dichiarazioni del governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi (nella Foto), sui salari troppo bassi e sulla necessità di aumentare redditi e consumi puntando sull'istruzione dei giovani che, da parte loro, non devono pagare il prezzo della flessibilità del lavoro, ha scatenato le reazioni del mondo economico e dei sindacati, che proprio oggi erano in piazza con gli statali e che stanno già lavorando alla prossima manifestazione nazionale su fisco e salari.
Secondo il ministro della Solidarietà, Paolo Ferrero, la precarietà è la causa principale degli stipendi troppo bassi. Per Ferrero, è "giusta" la notazione di Draghi ma "perché non sia una affermazione propagandistica, si deve coniugare con una drastica riduzione della precarietà che togliendo potere contrattuale a chi lavora rappresenta la causa fondamentale degli stessi bassi salari. Il problema - spiega Ferrero - non è perciò la scoperta della flessibilità creativa, ma dare ai giovani i diritti necessari al fine di difendere i propri legittimi interessi salariali".
"I problemi esposti oggi da Mario Draghi sono condivisibili" ha commentato il sottosegretario all'Economia, Paolo Cento, "ma occorre coerenza, riconoscendo il fallimento delle politiche liberiste e la necessità di aprire una nuova stagione di redistribuzione delle risorse, anche usando la leva fiscale, e di un intervento sui profitti". Secondo Cento "le scelte fatte dal governo e dalla maggioranza negli ultimi mesi sono improntate alla consapevolezza dei problemi esposti da Draghi ma resta ancora incomprensibile la scelta di non intervenire sulla tassazione delle rendite. Inoltre, l'aumento dei consumi non è affatto una ricetta perché i nodi restano quelli della qualità dello sviluppo ecocompatibile".
"Tutti dicono le stesse cose, poi però dicono che i margini non ci sono" ha detto il leader della Cgil Guglielmo Epifani. "Bisogna invece che chi ha responsabilità, oltre a dire come noi che c'è un problema, dia anche delle indicazioni per risolverlo". "Noi chiediamo meno fisco per il lavoro dipendente, equità e rinnovi dei contratti nei tempi giusti. Non si può - ha continuato - non usare il fisco per il lavoro, rimandare i contratti e poi lamentarsi dei salari che sono troppo bassi. Questo - ha concluso - è inammissibile".
"Le considerazioni del governatore della Banca d'Italia devono far riflettere ancora di più il governo Prodi sulla reale condizione dei lavoratori, dei giovani e dei pensionati italiani" ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sottolineando che "il governatore Draghi ha colto ancora una volta con estrema lucidità la gravità del problema salariale oggi nel nostro Paese. Abbiamo stipendi bassi e oneri fiscali troppo alti che pesano come un macigno sul lavoro dipendente". Per Bonanni "questa è la vera emergenza sociale, che riguarda tutti: il lavoro pubblico e il lavoro privato,il nord e il sud. Il problema dei salari bassi vale oggi sia per il lavoro flessibile e poco pagato dei giovani, sia per i lavoratori ormai stabili. Per questo la nostra proposta è quella di ridurre la tassazione su tutti i prossimi rinnovi contrattuali, legando questi aumenti ad una maggiore produttività".
Per la questione salariale lamentata dal governatore della Banca d'Italia, sostiene Renato Brunetta, vice coordinatore di Forza Italia, "la colpa è dei sindacati delle imprese e dei sindacati dei lavoratori", che "dagli anni ottanta si sono messi d'accordo per tenere bassi i salari". Per l'esponente di Forza Italia "i sindacati, e soprattutto la Cgil, per ragioni di mero scambio politico, e cioè la partecipazione al governo dell'economia del paese", hanno insistito con la moderazione salariale. Il risultato, osserva Brunetta è che, a differenza del pubblico impiego, "settore protetto per eccellenza" i lavoratori dei settori esposti alla concorrenza sono stati "abbandonati al loro destino". "Buttiamo a mare dunque - è l'auspicio di Brunetta - la contrattazione centralizzata e la relativa moderazione salariale. Leghiamo, invece, le retribuzioni ai guadagni di produttività, spostando il baricentro delle relazioni sindacali in favore di più contrattazione decentrata, con il risultato inevitabile di liberarsi anche dell'intermediazione dei governi".
1 commento:
lo dicono tutti ma perchè non li aumentano?
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