NAPOLI GIOVEDI 16 NOVEMBRE 2006 ORE 09.30
CINEMA ADRIANO
“Più diritti, più servizi, più lavoro”La cooperazione sociale rappresenta un mondo dinamico e articolato, in continua evoluzione, con un forte potenziale innovativo ma anche con contraddizioni e problemi.
Un mondo composto da persone, imprese, idee e progetti volti a promuovere benessere sociale, a rafforzare ed allargare il sistema dei diritti di welfare e fortemente interessato a creare occupazione sempre più stabile.
Purtroppo le condizioni nelle quali solitamente le cooperative sociali si trovano ad operare, soprattutto al Sud, sono caratterizzate da consistenti dosi di precarietà:
· ritardi nei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni,
· riduzione progressiva delle risorse economiche,
· difficoltà di accesso al credito,
· inadeguatezza delle regole,
· discontinuità e disomogeneità della programmazione pubblica.
Così come estremamente precaria è la condizione di chi lavora ed opera nei servizi: nel lavoro sociale il grado di soddisfazione dei lavoratori dovrebbe essere una condizione essenziale per il successo e l’efficacia degli interventi.
La cooperazione sociale non vuole e non può rischiare di essere funzionale, in quanto mero gestore di servizi pubblici o di semplice fornitore di manodopera a basso costo, ad una ridefinizione al ribasso del sistema di welfare, con conseguente riduzione del sistema di garanzie e di tendenziale precarizzazione del lavoro.
Anche per questo deve essere sempre più efficacemente combattuta la cosiddetta cooperazione spuria, che si muove nel disprezzo di ogni regola di rispetto dei diritti dei soci e dei lavoratori, denunziandone senza tregua le irregolarità ed esigendo più continui ed efficaci controlli, anche al fine di evitare qualsiasi tipo di generalizzazione e strumentalizzazione.
In realtà, la cooperazione sociale, nella sua quasi totalità, rappresenta un modello complesso che persegue alcuni obiettivi fondamentali:
costruire lavoro vero;
soddisfare i bisogni sociali;
promuovere l’emancipazione delle comunità locali;
un modello diverso che pone attenzione alla crescita sociale della collettività, non solo per ridurre le disuguaglianze, ma anche per sostenere pari opportunità di accesso alla piena cittadinanza.
In questa prospettiva risulta irrinunciabile affrontare alcune questioni di fondamentale importanza:
assicurare più risorse ai servizi di welfare esistenti, sostenendone la creazione di nuovi con l’obiettivo primario della loro stabilizzazione;
promuovere integrazione dei servizi, stimolando la partecipazione dei cittadini, prevedendo regole e trasparenza nel sistema degli affidamenti e realizzazione dei servizi, garantendo livelli minimi di qualità.
A tal fine va garantita a tutti i costi la funzione pubblica dei servizi, la produzione del bene comune, la salvaguardia degli interessi collettivi, la tutela e la fruizione di diritti, non sempre scontata anche quando la gestione dei servizi è direttamente controllata dallo Stato e dalle sue articolazioni territoriali.
Per questo è necessario riflettere sulle modalità con cui avvengono i trasferimenti di responsabilità nella gestione dei servizi: affidamenti, appalti, concessioni, costruzioni di sistemi integrati di relazioni e responsabilità, anche mettendo in discussione le modalità di affidamento classiche, legate allo strumento dell’appalto come unica forma di affidamento, lontana da innovative sperimentazioni di vere forme di integrazione. Bisogna cercare strade e soluzioni organizzative alternative per garantire e preservare la natura ed il carattere pubblico dei contenuti dei servizi.
Superare questa contraddizione, significa aprire realmente il sistema dei servizi e degli interventi nel sociale al principio di sussidiarietà, inteso non come sottrazione all’istituzione pubblica di ambiti di responsabilità, ma come - indicato dall’art. 118 della Costituzione - effettivo riconoscimento ed esercizio di una cittadinanza piena che, insieme alla definizione dei diritti, preveda modalità di protagonismo e partecipazione per la realizzazione di obiettivi che riguardano l’area dei beni di pubblica utilità.
Le politiche sociali hanno bisogno di una forte spinta pubblica che sappia orientare la programmazione e conciliare le scelte di politica sociale, distinguere la funzione di programmazione e quella di gestione, in un processo realmente orientato a garantire e promuovere più democrazia, partecipazione, diritti.
Un riconoscimento chiaro della valenza politica che la cooperazione sociale e il lavoro sociale attendono da anni e che le Leggi regionali sulla Cooperazione sociale e sulla Dignità sociale, potrebbero provare a restituire all’intero comparto se fossero finalmente approvate.
Per avviare un profondo mutamento del contesto in cui si definiscono, programmano e realizzano le politiche sociali, è necessario che si assumano come fondamentali e prioritari alcune temi che di seguito riportiamo:
1. dare centralità politica, culturale e finanziaria alle politiche sociali non solo come fattore di equità, ma come leva di uno sviluppo che produce insieme servizi, benessere, occupazione, soluzioni innovative a bisogni diversi delle persone e dei territori, in una direzione di crescita che passa anche attraverso lo sviluppo del capitale sociale, per:
· dare certezze di indirizzo programmatico e di risorse allo sviluppo di un sistema integrato, efficace e stabile di servizi e prestazioni sociali;
· riconoscere il ruolo importante della cooperazione sociale di tipo B nell’azione di inserimento lavorativo di tradizionali e nuove fasce di svantaggio e di quanto previsto dalla legge 381/91, in materia di rapporti con la Pubblica Amministrazione nell’affidamento di servizi e di appalti riservati;
· definire un assetto regolativo, basato su meccanismi che premino la qualità sociale prodotta e il grado di responsabilità, sia progettuale che gestionale, in un’ottica di coprogettazione e condivisione delle responsabilità tra pubblico e privato sociale.
2. qualificare l’offerta di servizi:
· rendendo più forti ed estese le proprie competenze e capacità non solo nella gestione di interventi e servizi, ma anche nella lettura dei bisogni del territorio e dell’evoluzione della domanda sociale, nella progettazione di modalità innovative di risposta;
· definendo un sistema di standards minimi di qualità dei servizi, nel quale valorizzare le professionalità ed i processi, in un quadro di distribuzione razionale ed omogenea delle risorse: non soltanto cosa si fa, ma come lo si fa e quanto può costare;
· sostenendo il riconoscimento, la tutela e la qualificazione del lavoro e delle professioni sociali;
· verificando, aggiornando e rafforzando gli strumenti di rete a livello territoriale.
3. Costruire forme e modelli operativi che consentano e sostengano un ruolo più attivo dei cittadini nella soluzione ai propri problemi e nelle risposte ai loro bisogni:
· rivisitando e rilanciando il significato della nostra responsabilità sociale di impresa, attraverso un modo vero di fare la rendicontazione sociale nei confronti dei territori e verso le diverse categorie sociali di portatori d’interesse; · rilanciando in modo non rituale il valore della carta dei servizi;
· lavorando per riconoscere un ruolo stabile alle rappresentanze dei destinatari nel sistema delle regole e dei controlli dei beni relazionali e di pubblica utilità.
· All’interno di questo quadro complesso di problemi e proposte, la cooperazione sociale intende aprire una nuova stagione di riflessione, di assunzione di nuove responsabilità, ma anche un confronto forte con le istituzioni locali e altre importanti organizzazioni sociali, per definire un percorso che, a partire dall’approvazione delle Leggi Regionali sulla Cooperazione sociale e sulla Dignità sociale, avvii nei fatti la ricerca di un rinnovato e concreto impegno programmatico da parte di tutti.
Per tutti questi motivi ci incontriamo giovedì 16 novembre 2006 alle ore 9.30 a Napoli presso il Cinema Adriano in via Monteoliveto (nei pressi della Facoltà di Architettura).
CINEMA ADRIANO
“Più diritti, più servizi, più lavoro”La cooperazione sociale rappresenta un mondo dinamico e articolato, in continua evoluzione, con un forte potenziale innovativo ma anche con contraddizioni e problemi.
Un mondo composto da persone, imprese, idee e progetti volti a promuovere benessere sociale, a rafforzare ed allargare il sistema dei diritti di welfare e fortemente interessato a creare occupazione sempre più stabile.
Purtroppo le condizioni nelle quali solitamente le cooperative sociali si trovano ad operare, soprattutto al Sud, sono caratterizzate da consistenti dosi di precarietà:
· ritardi nei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni,
· riduzione progressiva delle risorse economiche,
· difficoltà di accesso al credito,
· inadeguatezza delle regole,
· discontinuità e disomogeneità della programmazione pubblica.
Così come estremamente precaria è la condizione di chi lavora ed opera nei servizi: nel lavoro sociale il grado di soddisfazione dei lavoratori dovrebbe essere una condizione essenziale per il successo e l’efficacia degli interventi.
La cooperazione sociale non vuole e non può rischiare di essere funzionale, in quanto mero gestore di servizi pubblici o di semplice fornitore di manodopera a basso costo, ad una ridefinizione al ribasso del sistema di welfare, con conseguente riduzione del sistema di garanzie e di tendenziale precarizzazione del lavoro.
Anche per questo deve essere sempre più efficacemente combattuta la cosiddetta cooperazione spuria, che si muove nel disprezzo di ogni regola di rispetto dei diritti dei soci e dei lavoratori, denunziandone senza tregua le irregolarità ed esigendo più continui ed efficaci controlli, anche al fine di evitare qualsiasi tipo di generalizzazione e strumentalizzazione.
In realtà, la cooperazione sociale, nella sua quasi totalità, rappresenta un modello complesso che persegue alcuni obiettivi fondamentali:
costruire lavoro vero;
soddisfare i bisogni sociali;
promuovere l’emancipazione delle comunità locali;
un modello diverso che pone attenzione alla crescita sociale della collettività, non solo per ridurre le disuguaglianze, ma anche per sostenere pari opportunità di accesso alla piena cittadinanza.
In questa prospettiva risulta irrinunciabile affrontare alcune questioni di fondamentale importanza:
assicurare più risorse ai servizi di welfare esistenti, sostenendone la creazione di nuovi con l’obiettivo primario della loro stabilizzazione;
promuovere integrazione dei servizi, stimolando la partecipazione dei cittadini, prevedendo regole e trasparenza nel sistema degli affidamenti e realizzazione dei servizi, garantendo livelli minimi di qualità.
A tal fine va garantita a tutti i costi la funzione pubblica dei servizi, la produzione del bene comune, la salvaguardia degli interessi collettivi, la tutela e la fruizione di diritti, non sempre scontata anche quando la gestione dei servizi è direttamente controllata dallo Stato e dalle sue articolazioni territoriali.
Per questo è necessario riflettere sulle modalità con cui avvengono i trasferimenti di responsabilità nella gestione dei servizi: affidamenti, appalti, concessioni, costruzioni di sistemi integrati di relazioni e responsabilità, anche mettendo in discussione le modalità di affidamento classiche, legate allo strumento dell’appalto come unica forma di affidamento, lontana da innovative sperimentazioni di vere forme di integrazione. Bisogna cercare strade e soluzioni organizzative alternative per garantire e preservare la natura ed il carattere pubblico dei contenuti dei servizi.
Superare questa contraddizione, significa aprire realmente il sistema dei servizi e degli interventi nel sociale al principio di sussidiarietà, inteso non come sottrazione all’istituzione pubblica di ambiti di responsabilità, ma come - indicato dall’art. 118 della Costituzione - effettivo riconoscimento ed esercizio di una cittadinanza piena che, insieme alla definizione dei diritti, preveda modalità di protagonismo e partecipazione per la realizzazione di obiettivi che riguardano l’area dei beni di pubblica utilità.
Le politiche sociali hanno bisogno di una forte spinta pubblica che sappia orientare la programmazione e conciliare le scelte di politica sociale, distinguere la funzione di programmazione e quella di gestione, in un processo realmente orientato a garantire e promuovere più democrazia, partecipazione, diritti.
Un riconoscimento chiaro della valenza politica che la cooperazione sociale e il lavoro sociale attendono da anni e che le Leggi regionali sulla Cooperazione sociale e sulla Dignità sociale, potrebbero provare a restituire all’intero comparto se fossero finalmente approvate.
Per avviare un profondo mutamento del contesto in cui si definiscono, programmano e realizzano le politiche sociali, è necessario che si assumano come fondamentali e prioritari alcune temi che di seguito riportiamo:
1. dare centralità politica, culturale e finanziaria alle politiche sociali non solo come fattore di equità, ma come leva di uno sviluppo che produce insieme servizi, benessere, occupazione, soluzioni innovative a bisogni diversi delle persone e dei territori, in una direzione di crescita che passa anche attraverso lo sviluppo del capitale sociale, per:
· dare certezze di indirizzo programmatico e di risorse allo sviluppo di un sistema integrato, efficace e stabile di servizi e prestazioni sociali;
· riconoscere il ruolo importante della cooperazione sociale di tipo B nell’azione di inserimento lavorativo di tradizionali e nuove fasce di svantaggio e di quanto previsto dalla legge 381/91, in materia di rapporti con la Pubblica Amministrazione nell’affidamento di servizi e di appalti riservati;
· definire un assetto regolativo, basato su meccanismi che premino la qualità sociale prodotta e il grado di responsabilità, sia progettuale che gestionale, in un’ottica di coprogettazione e condivisione delle responsabilità tra pubblico e privato sociale.
2. qualificare l’offerta di servizi:
· rendendo più forti ed estese le proprie competenze e capacità non solo nella gestione di interventi e servizi, ma anche nella lettura dei bisogni del territorio e dell’evoluzione della domanda sociale, nella progettazione di modalità innovative di risposta;
· definendo un sistema di standards minimi di qualità dei servizi, nel quale valorizzare le professionalità ed i processi, in un quadro di distribuzione razionale ed omogenea delle risorse: non soltanto cosa si fa, ma come lo si fa e quanto può costare;
· sostenendo il riconoscimento, la tutela e la qualificazione del lavoro e delle professioni sociali;
· verificando, aggiornando e rafforzando gli strumenti di rete a livello territoriale.
3. Costruire forme e modelli operativi che consentano e sostengano un ruolo più attivo dei cittadini nella soluzione ai propri problemi e nelle risposte ai loro bisogni:
· rivisitando e rilanciando il significato della nostra responsabilità sociale di impresa, attraverso un modo vero di fare la rendicontazione sociale nei confronti dei territori e verso le diverse categorie sociali di portatori d’interesse; · rilanciando in modo non rituale il valore della carta dei servizi;
· lavorando per riconoscere un ruolo stabile alle rappresentanze dei destinatari nel sistema delle regole e dei controlli dei beni relazionali e di pubblica utilità.
· All’interno di questo quadro complesso di problemi e proposte, la cooperazione sociale intende aprire una nuova stagione di riflessione, di assunzione di nuove responsabilità, ma anche un confronto forte con le istituzioni locali e altre importanti organizzazioni sociali, per definire un percorso che, a partire dall’approvazione delle Leggi Regionali sulla Cooperazione sociale e sulla Dignità sociale, avvii nei fatti la ricerca di un rinnovato e concreto impegno programmatico da parte di tutti.
Per tutti questi motivi ci incontriamo giovedì 16 novembre 2006 alle ore 9.30 a Napoli presso il Cinema Adriano in via Monteoliveto (nei pressi della Facoltà di Architettura).
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