L'appuntamento romano dei Teodem ha fatto molto discutere sia nel mondo politico che in quello sociale. Un buon successo dell'incontro, numerosi articoli, tanti interventi. A questo punto pubblichiamo il documento finale della Convention significativamente intitolato: "Per il Partito Democratico". Poi qualcuno definisce i Teodem la destra della Margherita....
PER IL PARTITO DEMOCRATICO
Il processo costituente del partito democratico pone un interrogativo radicale per chi viene dal cattolicesimo sociale, dalla tradizione del popolarismo e dall’esperienza cattolico-democratica, dall’ispirazione cattolico-liberale. Come realizzare una presenza politica che valorizzi quelle culture, quelle radici, segnandone contemporaneamente un avanzamento?
La pura evocazione delle radici, di un’identità che ha accompagnato la grande avventura prima della DC e poi del nuovo partito popolare, appare oggi come un’operazione che non risponde pienamente alle tante incertezze che segnano la nascita del partito democratico.
Quelle radici, quella storia, quei valori non sono consumati, non sono stati sconfitti, come è avvenuto per il comunismo e per molte realizzazioni del socialismo. Quei valori sono ancora vivi, sono ben presenti nella coscienza di non pochi credenti impegnati nel campo politico; sono i valori di cui è impregnata la nostra Carta Costituzionale. Ma nella società post-secolare c'è bisogno di una lettura che utilizzi nuovi modelli interpretativi, per tentare una possibile anticipazione del futuro.
Percepiamo uno scarto, quasi un’inquietudine di fronte alle nuove domande che il nostro tempo porta con sé: dall’individualizzazione e frammentazione dell’esperienza lavorativa all’invecchiamento della popolazione; dal crescere dell’immigrazione alle nuove frontiere della scienza e della tecnica; dall’acuirsi dei contrasti tra nord e sud al ritorno impetuoso del fattore religioso; dall’esplodere del terrorismo all’emergere di una nuova coscienza globale; dalla richiesta di governabilità alle domande sulla qualità della democrazia e sul valore della cittadinanza.
Fenomeni, problemi, bisogni, speranze, attese inesistenti o latenti nell’agenda del XX secolo che, se da un lato rischiano di minare la convivenza democratica, dall'altro ripropongono il tema della libertà e invocano nuove forme di equità e di responsabilità.
Di qui la decisione di prendere la parola. Di non rassegnarsi a vedere la presenza dei cristiani in politica irrilevante, silenziosa o nostalgica di un passato che non ritorna.
Di qui la volontà di riconoscere l'importanza di quel ricco tessuto di relazioni umane, sociali, economiche e spirituali che è alimentato dalla fede cristiana.
Di qui il desiderio di offrire linguaggio, cultura e una possibile rappresentanza politica a questa rete sociale, umana e spirituale ancora ben radicata e viva nelle comunità del nostro Paese.
Di qui l’urgenza di rimettere a fuoco il nesso tra valori e politica per non consegnare alla destra e alle strumentalizzazioni di ogni parte politica una sorta di esclusività nella rappresentanza dei valori.
La nostra è un’opera di resistenza e di innovazione.
Di resistenza ad un laicismo da combattimento che ha fatto dei diritti individuali un assoluto; che vuole confinare il fattore religioso unicamente nella sfera del privato; che fa della neutralità dello Stato una nuova religione da professare anche nella società civile dove, invece, la libertà dei soggetti sociali, a cominciare dalla famiglia, deve potersi esprimere pienamente.
Di resistenza all’avanzare di una religione senza fede; di un cristianesimo ridotto a tradizione anziché scelta impegnativa per la vita personale; di un richiamo alle radici cristiane come risposta al bisogno di appartenenza di una società sempre più confusa e disorientata.
Ma anche di innovazione. Perché nelle tradizioni politiche del ‘900 non troviamo risposte alle contraddizioni e ai problemi del nostro tempo. Le ricette del passato sono in gran parte consunte perché la società di domani sarà sempre più segnata dalla creatività e dalla conoscenza.
Di innovazione perché siamo consapevoli che non è più tempo di partiti di soli cattolici, ma che occorre essere “lievito” e “lampada” nei diversi schieramenti politici in cui si articola il bipolarismo.
Il nostro compito è nel centro sinistra, la nostra prospettiva è nel partito democratico.
Non come destino ineluttabile, esito scontato di decisioni verticistiche, processo inarrestabile da legittimare e nel quale trovare una qualche collocazione. Piuttosto prospettiva da delineare, soggetto a cui dare fondamenta, crogiuolo di culture diverse, luogo plurale dove possono convivere differenze. Ma altresì occasione per promuovere un’identità nuova in cui le parole libertà e fraternità, equità e rischio, nazione e comunità, talenti e giustizia sociale, solidarietà e sussidiarietà, identità e questione democratica, paura e speranza del futuro, rifiuto della guerra e nuove responsabilità globali, solitudine e amicizia possono trovare una nuova sintesi.
Non c’è oggi nuovo linguaggio, nuova cultura politica senza un riferimento chiaro ad una antropologia, ad una visione dell’uomo incentrata sulla inalienabile dignità della persona. Il richiamo ai valori non negoziabili non è rinuncia alla laicità della politica, anzi rappresenta un'occasione in più per esprimerli in termini di ragionevolezza civica. Ogni progetto che eluda questa necessità è costruito sulla sabbia, non può durare né gettare un ponte verso un futuro. Tanto meno comunicare parole di speranza specie per le generazioni più giovani.
Per chi viene dal cattolicesimo sociale e si riconosce nella radice del popolarismo come cultura politica, sarebbe del tutto inimmaginabile un approdo tardivo alla casa social-democratica. Sia perché i cattolici in Italia hanno dato vita ad una originale cultura e presenza politica, sia perché il radicamento sociale e popolare della Chiesa in Italia è assolutamente diverso da quello di molte altre realtà europee, sia, infine, perché le famiglie politiche europee appaiono sempre più come un retaggio del passato piuttosto che come forme politiche aperte al futuro.
Per questo vogliamo mettere in evidenza nove punti che sono parte integrante del nostro sentire e che percepiamo come determinanti per costruire la cultura, l’identità di questo nuovo soggetto. Quasi l’indicazione di principi fondativi per il nuovo partito democratico. 2
- una visione personalista della libertà, cioè una lettura dell’uomo, del suo destino come essere in relazione con gli altri e non come soggetto orientato a vivere in modo individualistico la propria libertà;
- un rifiuto esplicito della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti e la promozione della pace attraverso il potenziamento degli organismi internazionali, conferendo loro nuovi poteri, nuove responsabilità nel contrastare le inaccettabili disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo e nell’affrontare le nuove emergenze globali;
- un’etica del limite, come argine al determinismo tecnologico, all’invadenza della tecnica, alla manipolazione della vita e, per converso, una promozione della libertà della ricerca scientifica a favore della vita;
- una visione del mercato come strumento di civilizzazione, come regolatore degli scambi e non come nuova invisibile ideologia che conforma la mente e i comportamenti delle persone, dei corpi sociali e delle istituzioni;
-la promozione dell’equità sociale come via per offrire a tutti, specialmente ai più deboli e alle generazioni più giovani, opportunità di vita e di crescita;
- una forte autonomia dei corpi intermedi, soggetti vitali di una democrazia partecipata, sorgente di cittadinanza attiva, antidoto alle derive mediatiche e plebiscitarie che minacciano le democrazie moderne ;
- un assetto delle istituzioni e delle regole elettorali che restituisca qualità alla nostra democrazia e vitalità alla partecipazione e alla cittadinanza;
- una concezione della famiglia come soggetto sociale, come luogo di costruzione delle relazioni fondamentali nella vita di una persona, come società naturale fondata sul matrimonio, come legame sociale indispensabile per la tenuta della coesione sociale di una comunità;
- una visione integrale dei diritti umani individuati nella Dichiarazione Universale del 1948. Contro una lettura oltranzista e libertaria che fa di quella dichiarazione un “menu a la carte” di cui servirsi a seconda dei momenti, estrapolando i singoli diritti dal tessuto unitario della Dichiarazione.
Prima ancora di discutere della forma organizzativa, il processo costituente del partito democratico non può eludere la ricerca di principi fondativi, cioè degli elementi costitutivi della nuova identità. Non siamo interessati a partecipare ad un confronto centrato prevalentemente sulle forme organizzative o sulle quote da assegnare ai diversi gruppi dirigenti.
Siamo invece convinti che il futuro del nostro Paese non si costruisce su contrapposizioni artificiose o personalistiche ma abbia bisogno di un bipolarismo diverso: mite ma non indulgente sui valori. Un bipolarismo che si regga su soggetti forti che, nelle rispettive coalizioni, sappiano imprimere prospettive programmatiche chiare e veramente orientate all’interesse generale. 3
Noi, come credenti impegnati in politica, non vogliamo sottrarci a questa responsabilità, determinati nella difesa dei nostri valori ma aperti all’incontro, al dialogo, alla collaborazione.
Per il bene della nostra patria.
PER IL PARTITO DEMOCRATICO
Il processo costituente del partito democratico pone un interrogativo radicale per chi viene dal cattolicesimo sociale, dalla tradizione del popolarismo e dall’esperienza cattolico-democratica, dall’ispirazione cattolico-liberale. Come realizzare una presenza politica che valorizzi quelle culture, quelle radici, segnandone contemporaneamente un avanzamento?
La pura evocazione delle radici, di un’identità che ha accompagnato la grande avventura prima della DC e poi del nuovo partito popolare, appare oggi come un’operazione che non risponde pienamente alle tante incertezze che segnano la nascita del partito democratico.
Quelle radici, quella storia, quei valori non sono consumati, non sono stati sconfitti, come è avvenuto per il comunismo e per molte realizzazioni del socialismo. Quei valori sono ancora vivi, sono ben presenti nella coscienza di non pochi credenti impegnati nel campo politico; sono i valori di cui è impregnata la nostra Carta Costituzionale. Ma nella società post-secolare c'è bisogno di una lettura che utilizzi nuovi modelli interpretativi, per tentare una possibile anticipazione del futuro.
Percepiamo uno scarto, quasi un’inquietudine di fronte alle nuove domande che il nostro tempo porta con sé: dall’individualizzazione e frammentazione dell’esperienza lavorativa all’invecchiamento della popolazione; dal crescere dell’immigrazione alle nuove frontiere della scienza e della tecnica; dall’acuirsi dei contrasti tra nord e sud al ritorno impetuoso del fattore religioso; dall’esplodere del terrorismo all’emergere di una nuova coscienza globale; dalla richiesta di governabilità alle domande sulla qualità della democrazia e sul valore della cittadinanza.
Fenomeni, problemi, bisogni, speranze, attese inesistenti o latenti nell’agenda del XX secolo che, se da un lato rischiano di minare la convivenza democratica, dall'altro ripropongono il tema della libertà e invocano nuove forme di equità e di responsabilità.
Di qui la decisione di prendere la parola. Di non rassegnarsi a vedere la presenza dei cristiani in politica irrilevante, silenziosa o nostalgica di un passato che non ritorna.
Di qui la volontà di riconoscere l'importanza di quel ricco tessuto di relazioni umane, sociali, economiche e spirituali che è alimentato dalla fede cristiana.
Di qui il desiderio di offrire linguaggio, cultura e una possibile rappresentanza politica a questa rete sociale, umana e spirituale ancora ben radicata e viva nelle comunità del nostro Paese.
Di qui l’urgenza di rimettere a fuoco il nesso tra valori e politica per non consegnare alla destra e alle strumentalizzazioni di ogni parte politica una sorta di esclusività nella rappresentanza dei valori.
La nostra è un’opera di resistenza e di innovazione.
Di resistenza ad un laicismo da combattimento che ha fatto dei diritti individuali un assoluto; che vuole confinare il fattore religioso unicamente nella sfera del privato; che fa della neutralità dello Stato una nuova religione da professare anche nella società civile dove, invece, la libertà dei soggetti sociali, a cominciare dalla famiglia, deve potersi esprimere pienamente.
Di resistenza all’avanzare di una religione senza fede; di un cristianesimo ridotto a tradizione anziché scelta impegnativa per la vita personale; di un richiamo alle radici cristiane come risposta al bisogno di appartenenza di una società sempre più confusa e disorientata.
Ma anche di innovazione. Perché nelle tradizioni politiche del ‘900 non troviamo risposte alle contraddizioni e ai problemi del nostro tempo. Le ricette del passato sono in gran parte consunte perché la società di domani sarà sempre più segnata dalla creatività e dalla conoscenza.
Di innovazione perché siamo consapevoli che non è più tempo di partiti di soli cattolici, ma che occorre essere “lievito” e “lampada” nei diversi schieramenti politici in cui si articola il bipolarismo.
Il nostro compito è nel centro sinistra, la nostra prospettiva è nel partito democratico.
Non come destino ineluttabile, esito scontato di decisioni verticistiche, processo inarrestabile da legittimare e nel quale trovare una qualche collocazione. Piuttosto prospettiva da delineare, soggetto a cui dare fondamenta, crogiuolo di culture diverse, luogo plurale dove possono convivere differenze. Ma altresì occasione per promuovere un’identità nuova in cui le parole libertà e fraternità, equità e rischio, nazione e comunità, talenti e giustizia sociale, solidarietà e sussidiarietà, identità e questione democratica, paura e speranza del futuro, rifiuto della guerra e nuove responsabilità globali, solitudine e amicizia possono trovare una nuova sintesi.
Non c’è oggi nuovo linguaggio, nuova cultura politica senza un riferimento chiaro ad una antropologia, ad una visione dell’uomo incentrata sulla inalienabile dignità della persona. Il richiamo ai valori non negoziabili non è rinuncia alla laicità della politica, anzi rappresenta un'occasione in più per esprimerli in termini di ragionevolezza civica. Ogni progetto che eluda questa necessità è costruito sulla sabbia, non può durare né gettare un ponte verso un futuro. Tanto meno comunicare parole di speranza specie per le generazioni più giovani.
Per chi viene dal cattolicesimo sociale e si riconosce nella radice del popolarismo come cultura politica, sarebbe del tutto inimmaginabile un approdo tardivo alla casa social-democratica. Sia perché i cattolici in Italia hanno dato vita ad una originale cultura e presenza politica, sia perché il radicamento sociale e popolare della Chiesa in Italia è assolutamente diverso da quello di molte altre realtà europee, sia, infine, perché le famiglie politiche europee appaiono sempre più come un retaggio del passato piuttosto che come forme politiche aperte al futuro.
Per questo vogliamo mettere in evidenza nove punti che sono parte integrante del nostro sentire e che percepiamo come determinanti per costruire la cultura, l’identità di questo nuovo soggetto. Quasi l’indicazione di principi fondativi per il nuovo partito democratico. 2
- una visione personalista della libertà, cioè una lettura dell’uomo, del suo destino come essere in relazione con gli altri e non come soggetto orientato a vivere in modo individualistico la propria libertà;
- un rifiuto esplicito della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti e la promozione della pace attraverso il potenziamento degli organismi internazionali, conferendo loro nuovi poteri, nuove responsabilità nel contrastare le inaccettabili disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo e nell’affrontare le nuove emergenze globali;
- un’etica del limite, come argine al determinismo tecnologico, all’invadenza della tecnica, alla manipolazione della vita e, per converso, una promozione della libertà della ricerca scientifica a favore della vita;
- una visione del mercato come strumento di civilizzazione, come regolatore degli scambi e non come nuova invisibile ideologia che conforma la mente e i comportamenti delle persone, dei corpi sociali e delle istituzioni;
-la promozione dell’equità sociale come via per offrire a tutti, specialmente ai più deboli e alle generazioni più giovani, opportunità di vita e di crescita;
- una forte autonomia dei corpi intermedi, soggetti vitali di una democrazia partecipata, sorgente di cittadinanza attiva, antidoto alle derive mediatiche e plebiscitarie che minacciano le democrazie moderne ;
- un assetto delle istituzioni e delle regole elettorali che restituisca qualità alla nostra democrazia e vitalità alla partecipazione e alla cittadinanza;
- una concezione della famiglia come soggetto sociale, come luogo di costruzione delle relazioni fondamentali nella vita di una persona, come società naturale fondata sul matrimonio, come legame sociale indispensabile per la tenuta della coesione sociale di una comunità;
- una visione integrale dei diritti umani individuati nella Dichiarazione Universale del 1948. Contro una lettura oltranzista e libertaria che fa di quella dichiarazione un “menu a la carte” di cui servirsi a seconda dei momenti, estrapolando i singoli diritti dal tessuto unitario della Dichiarazione.
Prima ancora di discutere della forma organizzativa, il processo costituente del partito democratico non può eludere la ricerca di principi fondativi, cioè degli elementi costitutivi della nuova identità. Non siamo interessati a partecipare ad un confronto centrato prevalentemente sulle forme organizzative o sulle quote da assegnare ai diversi gruppi dirigenti.
Siamo invece convinti che il futuro del nostro Paese non si costruisce su contrapposizioni artificiose o personalistiche ma abbia bisogno di un bipolarismo diverso: mite ma non indulgente sui valori. Un bipolarismo che si regga su soggetti forti che, nelle rispettive coalizioni, sappiano imprimere prospettive programmatiche chiare e veramente orientate all’interesse generale. 3
Noi, come credenti impegnati in politica, non vogliamo sottrarci a questa responsabilità, determinati nella difesa dei nostri valori ma aperti all’incontro, al dialogo, alla collaborazione.
Per il bene della nostra patria.
1 commento:
meglio ridere che il sorriso allunga la vita..
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