COME VOTARE AL REFERENDUM DEL 25 GIUGNO?
La nostra Costituzione nel suo sessantesimo compleanno ha subìto l’attacco più subdolo della sua storia. Un attacco che è stato però sventato, per il momento, da cittadini singoli e organizzati che insieme hanno detto no alla riforma voluta dal governo Berlusconi raccogliendo le firme necessarie per chiedere il referendum abrogativo. Per la prima volta i cittadini si sono fatti promotori di una consultazione sulla Carta fondamentale della nostra Repubblica. D’altra parte fare della Costituzione un prodotto di uno solo dei due poli è tradire l’idea stessa di Costituzione.
Come sappiamo molte associazioni non si sono limitate ad esprimere un giudizio negativo su questa riforma ma si sono impegnate, insieme alle forze sindacali e politiche, per raccogliere le firme per indire il referendum e dire “No”. La raccolta di firme ha visto una volontà convinta dei cittadini di riappropriarsi della loro Carta Costituzionale. Il referendum del 25 giugno segnerà dunque una tappa importante nella vita della nostra democrazia. Proprio da questa mobilitazione dobbiamo partire e fare la nostra parte orientando i cittadini rispetto al prossimo referendum, facendo capire le ragioni per cui è necessario cancellare questa riforma. Dobbiamo lavorare per rendere possibile una nuova stagione costituente che coinvolga non solo le forze politiche ma anche quelle della società civile. Abbiamo bisogno di rifondare le ragioni originarie della nostra democrazia, nella condivisione delle scelte, dei valori e dei principi che sono alla base della nostra convivenza.
La posta in gioco è alta e l’esito del referendum non lascerà inalterati gli equilibri politici del nostro Paese. E’ prevedibile che soprattutto la Lega sarà costretta a riesaminare la propria linea politica.
La riforma costituzionale, voluta e votata lo scorso 16 novembre dalle forze della Casa della Libertà, ha uno spettro ampio: è composta da 53 articoli che modificano ben 49 degli 80 articoli di cui è composta la seconda parte della Costituzione incidendo in ciascuno dei 6 titoli; le modifiche riguardano il bicameralismo, il procedimento legislativo, la forma di governo, il sistema delle autonomie, le istituzioni di garanzia. La revisione, che formalmente riguarda la seconda parte della Costituzione, in realtà va a toccare anche i diritti disciplinati nella prima parte. L’alterazione profonda degli equilibri istituzionali tra governo, parlamento, istituzioni intermedie e organi di controllo incide di fatto sulla esigibilità dei diritti e dei principi contenuti nella prima parte.
Nel merito della riforma critichiamo innanzitutto lo sbilanciamento dei poteri nelle mani del Primo Ministro che diviene di fatto inamovibile anche da parte della sua stessa maggioranza. Una sorta di polizza a vita del premier aggravata dalla mancanza degli opportuni contropoteri (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale e autorità amministrative indipendenti).
Giudichiamo inoltre le norme approvate contraddittorie e pasticciate, con particolare riferimento al Senato, la cosiddetta Camera delle Regioni, per il quale la riforma ha costruito un procedimento legislativo così complesso e barocco da mettere in seria discussione il suo funzionamento.
Stesso pasticcio per la cosiddetta “devolution” che da una parte sembra fondata sulla competizione tra Regioni, piuttosto che sulla loro collaborazione; dall’altra configura per molti aspetti un ritorno al vecchio modello centralistico. L’attribuzione alle Regioni delle competenze esclusive in materia di sanità, scuola e polizia amministrativa locale indebolisce l’unità dei grandi sistemi nazionali, aggravando ulteriormente le disparità fra le varie parti del Paese.
Non sono contrario per principio a mutamenti della Costituzione, ma le Istituzioni vanno certamente riformate non stravolte!
Non può essere buona una riforma nata e approvata con spirito di rivalsa e di contrapposizione quando invece l’Italia avrebbe bisogno di unità nei simboli, nei sentimenti nazionali e ancor di più nelle regole costituzionali.
La strada da percorrere dopo il referendum sarà quella di promuovere una “Convenzione costituente”, nella quale coinvolgere, oltre che le due Camere, le Regioni, le autonomie locali e le forze sociali più rappresentative.
1 commento:
bhe' se c'è l'opinione del sen.Bobba...ma chi è sto Bobba?
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