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mercoledì, aprile 06, 2011

Pensioni: nuove quote e decorrenze dal 2011. Un gioco per capirle


Dal 2011 prende il via il nuovo regime delle decorrenze per la pensione di anzianità. Per chi matura i requisiti alla pensione a partire dal 1°gennaio 2011 entra in vigore la cosiddetta finestra "mobile " o a "scorrimento", introdotta dalla manovra finanziaria dell'estate scorsa. Si tratta di un'uscita personalizzata che fissa la decorrenza della pensione dopo un determinato periodo di tempo trascorso dal momento in cui vengono perfezionati i requisiti di età e contribuzione.

Cambia dunque il precedente regime delle due o quattro finestre fisse annuali, assegnate in base al semestre o al trimestre di maturazione dei requisiti.

Con le nuove regole la decorrenza si colloca:

  • 12 mesi dopo il raggiungimento dei requisiti se la pensione è liquidata a carico di una gestione dei lavoratori dipendenti (pubblici o privati);
  • 18 mesi dopo il perfezionamento dei requisiti se la pensione è liquidata a carico di una delle gestioni dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti o coltivatori diretti).

La pensione decorre dal primo giorno del mese successivo allo scadere del differimento dei 12 o 18 mesi. In sostanza, la finestra si apre a partire dal 13° o 19° mese successivo a quello di maturazione dei requisiti.

IL SISTEMA DELLE QUOTE
Dal 1° gennaio 2011 per accedere alla pensione di anzianità, per un lavoratore dipendente è necessario maturare quota 96, mentre un lavoratore autonomodovrà raggiungere quota 97.

Per saperne di più...

COSA CAMBIA NEI PROSSIMI 5 ANNI

EFFETTI DELLE NUOVE DECORRENZE

LAVORATORI DIPENDENTI E LAVORATORI AUTONOMI

DA NON DIMENTICARE


GIOCO DEL 15: Quando andrò in pensione?
ENIGMA: I mesi e le quote per andare in pensione dal 2011


sabato, febbraio 06, 2010

Riforma delle pensioni, ecco le novità

Per la previdenza italiana il decennio che è iniziato sarà quello del contributivo: nei prossimi anni il nuovo sistema di calcolo entrerà nel vivo, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone. Ma già dal 2010 si vedranno alcuni effetti del meccanismo introdotto con la riforma del 1995. Scatta infatti il primo gennaio la riduzione dei coefficienti di trasformazione in base all’allungamento della vita media; la conseguenza sarà una diminuzione dell’assegno fino al 6-8 per cento rispetto all’importo che sarebbe stato ottenuto con i vecchi coefficienti.

Gli interessati. Sono toccati dal calcolo contributivo i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal primo gennaio 1996 o quelli che a quella data avevano meno di 18 anni di anzianità (per loro il sistema sarà misto, retributivo fino al ’95 e poi contributivo). Di fatto quindi i nuovi coefficienti riguardano chi dal prossimo mese andrà in pesnione di vecchiaia (a 65 anni per gli uomini, 60 per le donne) avendo iniziato a lavorare dal 1978 in poi (o anche prima in caso di “buchi” contributivi). Sono inoltre interessate dal contributivo particolari categorie di pensionati, tra cui i titolari di pensione indiretta (cioè i superstiti di un lavoratore morto in attività) o di pensione di inabilità, sempre nel caso in cui al 1996 gli anni di contributi fossero meno di 18. Escluse invece le pensioni di anzianità perché i titolari hanno almeno 35 anni di contributi, e dunque più di 18 al 1996: l’eccezione è rappresentata dalle donne che hanno optato per il contributivo per poter lasciare il lavoro a 57 anni. Proprio le donne sono in proporzione maggiormente coinvolte nel sistema misto, potendo vantare in generale meno anzianità contributiva. Secondo dati Inps elaborati dalla Cgil le pensioni contributive o miste erano circa 750.000 al primo gennaio 2009. Ne erano attese altre 188.000 al 31 dicembre, e ulteriori 204.000 nel 2010.

La decurtazione. L’idea di fondo del contributivo è che il “capitale” pensionistico accumulato dal lavoratore viene suddiviso per il numero di anni nei quali presumibilmente percepirà l’assegno. La decorrenza del 2010 dei nuovi coefficienti che trasformano il monte-contributi in pensione non è stata pensata all’ultimo momento, ma già prevista dalla riforma del 1995 ( legge 335/95 ) . D’ora in poi la revisione sarà triennale, in base agli andamenti demografici. I coefficienti hanno subito una riduzione percentuale che va dal 6,38 per l’uscita a 57 anni all’8,41 per l’uscita a 65. Secondo calcoli realizzati dalla Cgil, tutto ciò si traduce nel sistema misto in una decurtazione delle nuove pensioni (rispetto a quelle liquidate con i vecchi coefficienti) intorno al 3 per cento con 29 anni di anzianità, ma anche del 6-8 per cento se gli anni di anzianità sono solo 13: come può capitare con la pensione indiretta o di inabilità.

Le altre novità. Per chi in pensione deve ancora andarci il 2010 non porterà grandi cambiamenti nelle regole. Unica eccezione di rilievo le dipendenti pubbliche, che potranno andare in pensione di vecchiaia a 61 anni invece che a 60: è il primo gradino della “scaletta” che nel 2018 le porterà alla soglia di 65 anni e quindi alla parità con gli uomini. Per la pensione di anzianità di tutti i lavoratori restano in vigore fino al dicembre 2010 le regole scattate nel luglio di quest’anno, che prevedono il diritto all’uscita con 60 anni di età e 35 di contributi, oppure con 59 e 36 (nel conteggio per raggiungere “quota 95” valgono anche le frazioni di anno: ad esempio è possibile lasciare il lavoro con 59 anni e mezzo di età e 35 e mezzo di contributi). Scatta infine dal primo gennaio l’incremento dal 25,72 al 26,72 per cento dell’aliquota contributiva per i lavoratori parasubordinati. di Luca Cifoni Il Messaggero

Nel sistema contributivo i coefficienti servono a determinare l’importo della pensione in base alla durata della vita media. Se questa si allunga si pone quindi il problema della loro revisione. Il sistema contributivo prevede il calcolo della pensione effettuato sull’insieme dei contributi versati durante l’intera vita assicurativa. Al termine della vita lavorativa, i contributi versati vengono sommati per dare luogo alla base contributiva complessiva – il montante individuale – sulla quale si calcola la pensione. I contributi vengono rivalutati ogni anno in base al prodotto interno lordo (PIL) per consentire al lavoratore di recuperare in parte la diminuzione del potere di acquisto della moneta.

giovedì, giugno 05, 2008

nuove regole contro le dimissioni in bianco.

Dimissioni volontarie – intervista a Pasquale De Dilectis direttore del Patronato Acli di Napoli

Innanzitutto può dirci che cosa è cambiato e in che cosa consiste la nuova procedura sulle dimissioni volontarie?

Le nuove norme si inseriscono nelle azioni di contrasto al lavoro irregolare e, in particolare, hanno come primo obiettivo quello di combattere il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”. Per intenderci quelle che datori di lavoro senza scrupoli fanno firmare – ad esempio – a donne in “età fertile” e fatte valere in caso di gravidanza.

La nuova procedura, in vigore dal 5 marzo 2008, è regolamentata dal decreto interministeriale 21 gennaio 2008, “Adozione del modulo per le dimissioni volontarie dei lavoratori”, che a sua volta da’ attuazione alla legge 188/2007. Il provvedimento non si limita ad adottare un modulo unico con cui lavoratori e lavoratrici possono rassegnare le loro dimissioni – rendendo nulla ogni modalità alternativa – ma stabilisce anche che ciò avvenga attraverso dei soggetti di mediazione e, in qualche modo, di garanzia…

Chi sono questi soggetti?

Oltre agli organismi istituzionali come i Centri per l’Impiego, gli uffici comunali e le Direzioni Provinciali del Lavoro, gli altri soggetti ammessi sono le organizzazioni sindacali e i patronati.

Come dicevo prima è la stessa legge a prevedere quest’ultima opzione, demandandone la regolamentazione ad un successivo decreto, poi emanato il 31 marzo scorso.

Sulla base di questa disposizione, il Patronato Acli - nella convinzione di poter meglio perseguire le proprie finalità di tutela dei lavoratori e dei cittadini - ha sottoscritto una convenzione con il Ministero del Lavoro mettendo a disposizione le proprie strutture per accompagnare e sostenere i lavoratori nella redazione e nell’invio del modulo delle dimissioni volontarie.

Le nuove norme riguardano tutti i lavoratori e tutti i casi di dimissioni?

L’unica esclusione riguarda coloro che abbiano già maturato i requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia. Su questo, c’è stato uno specifico chiarimento da parte del Ministero del Lavoro.

Il raggiungimento dei requisiti della pensione di anzianità – ha ricordato il Ministero - non preclude la possibilità per il lavoratore di permanere in servizio fino al collocamento a riposo d’ufficio che avviene al raggiungimento dell’età di 65 anni, sia per gli uomini che per le donne, se il dipendente non comunica di voler rimanere in servizio per un ulteriore biennio oppure al raggiungimento dell’età di 67 anni, oltre i quali non è più consentito di prestare attività di lavoro dipendente. Ne deriva che il dipendente che cessa dal servizio avendo maturato i requisiti per la pensione di anzianità e che debba comunque presentare le dimissioni volontarie non sia tenuto ad osservare le formalità di cui alla nuova normativa delle dimissioni volontarie ma possa farlo in forma libera.

In concreto, chi voglia rassegnare le dimissioni cosa deve fare?

Tutti i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico e privato, compresi i lavoratori domestici - siano essi lavoratori dipendenti, collaboratori, associati in partecipazione o soci di cooperativa - che vorranno rassegnare le dimissioni potranno recarsi presso le sedi del Patronato Acli e usufruire gratuitamente dell’assistenza per la compilazione online delle dimissioni, tramite l’accesso al sistema informativo MDV del Ministero del Lavoro.

Una volta terminata la compilazione, la procedura informatizzata attribuisce ad ogni comunicazione un numero identificativo e l’attestazione della data di registrazione. La copia del modello, corredata di questi due elementi, sarà consegnato dagli operatori al lavoratore / lavoratrice interessati, i quali a loro volta dovranno consegnarlo al proprio datore di lavoro - a pena di nullità - entro i quindici giorni successivi.