E' ripresa, dopo la pausa natalizia, l'attività parlamentare. Oggi lavori sia nelle commissioni sia in Aula. In Commissione Affari sociali è ripresa la discussione sulla proposta di legge sul cosiddetto biotestamento, che potrebbe arrivare in Aula già nelle prossime settimane.
In Aula si è discusso a lungo di carceri e di lavoro al sud. In entrambi i casi il Pd ha proposto due mozioni (firmate anche dall'on. Bossa) tese ad impegnare il governo ad un'azione più incisiva su due fronti di vera e propria emergenza.
Nei giorni scorsi è stata anche annunciata alla Camera la nuova proposta di legge dell'on. Bossa, che ha come obiettivo quello di allargare la sfera dei diritti dei figli adottivi non riconosciuti rispetto alla possibilità di conoscere l'identità dei genitori naturali.
A seguire il testo della Proposta di legge depositata:
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato
BOSSA
Accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità.
Modifica all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184
Onorevoli Colleghi! – Sono mediamente quattrocento l’anno i bambini che nascono e non vengono riconosciuti dalla madre. Essi finiscono nelle liste delle adozioni e trovano spesso famiglie accoglienti, calorose, che li fanno crescere senza fargli sentire il peso di un abbandono così brutale che, anche se non si vede, un segno profondo lo lascia. Nell’anima più che nella psiche. Non riconoscere un figlio alla nascita è un diritto riconosciuto dal Codice civile, all’articolo 250, e dalla legge 127/97. La donna ha diritto ad un parto segreto e anonimo. E ha diritto di scegliere, entro dieci giorni dalla nascita, se riconoscere o meno il bambino. Si tratta di momenti drammatici per la vita di una donna: solo chi è madre può capire quanto profonda può essere quella lacerazione.
Il diritto a non riconoscere un figlio è tuttavia una conquista di civiltà del nostro diritto. Uno strumento con cui, evitando l’aborto, una donna decide di portare avanti una gravidanza inattesa e poi consegna il bambino che ha partorito ad un altro destino, che però è di vita e dignità.
Il fenomeno dei bambini non riconosciuti alla nascita è andato ridimensionandosi nel tempo. Negli anni Cinquanta si contavano circa 5mila casi l’anno. Negli ultimi anni siamo scesi a 400 casi. Le nascite si sono contratte del 39 % mentre i non riconoscimenti si sono ridotti del 91 %. Molti dei non riconoscimenti sono di donne straniere: bambini venuti al mondo in condizioni di estrema marginalità.
Questa introduzione è utile a descrivere il tema della presente proposta di legge, quello della ricostruzione della storia personale del bambino adottato e non riconosciuto alla nascita.
Com’è noto i non riconosciuti alla nascita non possono, per legge, ricorrere al tribunale per scoprire l'identità dei genitori biologici. Al contrario dei figli adottivi riconosciuti, che una volta compiuti i 25 anni, in virtù della legge 149/2001, possono risalire alle proprie origini biologiche, ad essi è negata ogni ricostruzione della propria identità. Potrebbero accedere a tale informazione solo trascorsi cento anni dalla nascita. Di fatto, quindi, gli è negata questa opportunità. Secondo la normativa vigente il diritto a venire a conoscenza della nostra identità configge con quello della donna che, al momento del parto, non acconsentì ad essere nominata. Quest’ultimo viene ritenuto, dalla legge attuale, decisamente prevalente sull’interesse del figlio, anche adulto, a poter conoscere le proprie origini. Ciò impedisce a migliaia di persone di far luce su una zona senza ricordi e senza storia che sta all’origine della vita e dello sviluppo. La conoscenza delle origini contribuisce a formare l’identità entrando nell’insieme di realtà che rappresentano il punto di partenza dello sviluppo umano.
Questa disparità di trattamento sta acuendo in molti una replica di quel senso di abbandono che si portano dalla nascita. Sono in tanti a voler ricostruire la propria traccia identitaria, non per rinnegare quei genitori di fatto che li hanno adottati e cresciuti come figli ma per riannodare i fili della propria storia personale. Per chiedere una modifica della normativa sono nate associazioni ("Figli adottivi e genitori naturali" e "Astro nascente") e siti web che rivendicano il diritto di poter rintracciare le "radici".
Per dare una risposta a questa sentita esigenza, nasce la presente proposta di legge. Va fatta, innanzitutto, una premessa: noi non desideriamo che venga messa in discussione la possibilità per la donna di partorire in anonimato, riconoscendo le valenze racchiuse in tale istituto legislativo, né, tanto meno, auspichiamo che lo Stato non rispetti il patto concluso con la madre a cui fu consentito di partorire in anonimato. Chiediamo, però, che si trovi un sistema per tenere conto anche del diritto, e dello strazio, di un figlio non riconosciuto e adottato a ricostruire la sua storia. Quale potrebbe essere la soluzione? La presente Proposta si legge interviene sulla normativa vigente, modificandola con l’introduzione di un’ulteriore opportunità: si preveda che il Tribunale dei Minori, valutata la richiesta di accesso ai documenti da parte dell’adottato, nomini un mediatore che verifichi se la volontà della madre sia ancora attuale o se essa esprima il consenso al superamento dell’anonimato attraverso una “revoca del diniego”, alla luce delle mutate condizioni esistenziali. Infatti è verosimile ed ampiamente documentato dalla cronaca che molte madri, vissute in una lacerante sofferenza per tutta la vita, possano non trovare difficoltà, ma anzi una ampio sollievo, nel venire a conoscenza che il figlio abbandonato forse per una scelta imposta da circostanze contingenti, ormai adulto, provi un intimo e profondo desiderio di conoscenza, ispirato da un sentimento conciliativo e riparatore. Nel caso, non infrequente per quelli di una certa età, che la madre biologica fosse deceduta, crediamo che, ferma restando la discrezione richiesta, il Tribunale possa procedere a rendere note le generalità, anche tenuto conto del radicale mutamento dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, che induce a valutare, con diversa consapevolezza, eventi una volta ritenuti infamanti, quale poteva essere, come nella maggioranza dei casi, la nascita al di fuori di una situazione regolare di coppia.
Una modifica della legge attuale nel senso di seguito proposto contribuirebbe a rimodulare il bilanciamento tra i due diritti in conflitto, quello alla conoscenza delle proprie origini e quello alla riservatezza, senza che il secondo schiacci ed annulli il primo in modo assoluto, consentendo, finalmente, ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita, di uscire da una condizione nella quale si sentono “ombre”, senza alcuna possibilità di replica né decisionale sulle scelte di cui sono stati fatti oggetto.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il comma 7 dell'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:
«7. L'adottato può accedere a informazioni che riguardano la sua origine, comprese quelle concernenti la procedura di adozione, i dati sanitari, i periodi di permanenza in istituti o altro, con l'unica esclusione dell'identità dei genitori biologici qualora egli non sia stato riconosciuto alla nascita. In tale ultima ipotesi, previa richiesta dell'adottato che abbia compiuto i venticinque anni di età, il tribunale per i minorenni del luogo di residenza dell'adottato, valutato il caso, è tenuto a informare la madre e il padre naturali della richiesta di accesso alle informazioni da parte dello stesso adottato e a richiedere il loro consenso al superamento dell'anonimato. Qualora la madre risulti deceduta e il padre risulti deceduto o non identificabile, il medesimo tribunale, su richiesta dell'interessato, procede direttamente ad acquisire le informazioni concernenti le loro generalità e le loro anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, in particolare per quanto concerne l'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili e le cause del decesso, nonché il deposito di loro organi presso banche sanitarie».