lunedì, dicembre 10, 2012

LETTERA APERTA AGLI ACLISTI DI GIANLUCA BUDANO, CANDIDATO A PRESIDENTE NAZIONALE DELLE ACLI

RITORNARE A PENSARE POLITICAMENTE ED AGIRE, CON COERENZA, NEL QUOTIDIANO, PER DARE UN SENSO NUOVO E RIGENERATO AL FARE LE ACLI 

 Cari Amici, care Amiche, 
sono queste ore difficili per la nostra Associazione. Non solo per la discesa in campo del nostro Presidente, con tutte le complessità che essa porta, o per l’apertura della sua successione in seno all’ultima riunione di Direzione Nazionale, ma per il clima interno che vive la nostra Organizzazione. Viviamo tutti insieme come classe dirigente l’intrecciarsi di vicende interne ed esterne, che ci rendono ibridi e ci frenano su entrambi i fronti, proprio nella fase storica in cui il Paese ha più bisogno di ACLI, quelle vere, nette, incisive, che tutti conoscono da quasi settant’anni. 
Una storia la nostra tutta giocata sul senso più alto della politica come forma di carità, categoria questa di cui abbiamo un bisogno disperato in questa fase. 
La mia candidatura a Presidente nazionale nasce da un percorso condiviso e vissuto sul territorio qualche mese fa, quando ho maturato, anche nel confronto con altri dirigenti e militanti delle nostre ACLI, l’idea che mettersi in gioco, rendersi disponibile ad un nuovo servizio, costruire un progetto per le ACLI del futuro fosse la risposta che in tanti, classe dirigente nazionale e territoriale, si sarebbero aspettati come evoluzione naturale del percorso associativo rappresentato fino ad allora, un’evoluzione adeguata alle sfide del futuro. E come in altre “chiamate” dell’Associazione, non mi sono tirato indietro, così come è stato anche nella vicenda di Enaip Puglia (che non voglio oscurare nel mio curriculum associativo), dove da Presidente delle ACLI pugliesi ho affrontato la punta di un’emergenza stratificatasi negli errori interni ed esterni all’Associazione dell’ultimo trentennio; emergenza questa che mi ha segnato, perché è stato il luogo in cui ho sperimentato l’esercizio della responsabilità, lottando senza se e senza ma contro le incrostazioni dei rapporti con la pubblica amministrazione e contro la cultura associativa che i problemi non vanno mai affrontati, perché sarà qualcun altro a risolverli o perché conviene che scoppino in mano a chi verrà dopo di noi. 
Non ho mai condiviso questa logica e questa cultura e mai la condividerò! 
Un percorso, quello che mi vede scrivere oggi questa lettera, un iter che mi ha visto Presidente di Circolo a Cellino San Marco (Br), Vice Presidente Provinciale delle ACLI di Brindisi e Presidente Regionale di quelle pugliesi, oltre ad aver animato per 4 anni la vita dei Giovani delle ACLI in qualità di Segretario Nazionale; oggi sono componente della Presidenza Nazionale con delega al Welfare e al Coordinamento del Programma. 
In questi 16 anni di impegno associativo non ho trascurato gli aspetti personali della mia crescita: dagli studi dove ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza con una tesi sperimentale sui servizi alla persona in relazione al principio di sussidiarietà orizzontale, vincitrice di un premio nazionale; alla costituzione della mia amata famiglia, composta da Viviana, mia moglie, conosciuta nei Giovani delle ACLI, ai piccoli Lorenzo e Michelangelo; alla mia crescita professionale, che mi ha permesso di mettere a frutto le mie competenze in una società di consulenza, oltre al conseguimento dell’abilitazione alla professione di giornalista. 
Capirete quindi quanto debbo alle ACLI, convinto che esse a me non devono nulla e che nulla ho la pretesa di chiedere loro, convinto che la nostra esperienza associativa è un’occasione di vita per sperimentarsi e dare un contributo alla vita del nostro Paese e non l’occasione della vita da non perdere a tutti i costi: questo è lo spirito che mi anima anche nell’offrire la disponibilità di un mio ulteriore servizio per la massima carica dell’Associazione. Insomma, non la candidatura dell’ultimo momento, ma un percorso chiaro, maturato nel tempo e sfociato nella disponibilità a offrire un servizio altro alla nostra Organizzazione. 
Queste premesse per spiegare a fondo quali sono le ACLI che vorrei per il futuro, su cui voglio si apra un dibattito e un confronto con gli aclisti, dirigenti e non. Non voglio parlare solo ai miei potenziali elettori ma anche a coloro che intendo rappresentare per i prossimi anni. Non voglio parlare di chi governerà i servizi e le risorse, ma dell’idea di associazione per il futuro e della riscoperta di quel senso di politicità che dobbiamo costantemente alimentare. Questa lettera è uno scritto a cuore aperto, perché tocca le funzioni vitali dell’Associazione, ma anche perché punta a rigenerare un’idea di associazione che torni ad appassionare in continuità con la sua storia ultrasessantennale. 
Carissimi aclisti, carissime acliste, il Paese sta affrontando uno dei momenti più delicati e complessi della sua storia, perché oltre ad una crisi economica e sociale, si aggiunge ad essa una forte crisi valoriale e sociale esasperata da un individualismo dilagante. Una crisi acuita anche da una grande parte di classe politica che non ha saputo interpretare i bisogni dei cittadini, aumentando sempre di più il divario con la società civile, divenendo sorda alle grida di aiuto di milioni di famiglie italiane. 
Le nostre Acli che hanno come missione da sempre quella di dare voce a chi non ha voce, per non lasciare indietro nessuno, non devono cadere nello stesso errore. 
La nostra è una grande associazione popolare profondamente radicata nel territorio, nei piccoli centri e nelle grandi città; quotidianamente incontriamo migliaia di persone che hanno bisogno di rendere esigibili i loro diritti, che non sono riusciti ad entrare nel mondo del lavoro oppure ne sono stati brutalmente espulsi. 
Quotidianamente incontriamo tante persone che vogliono essere attori di cittadinanza attiva, tanto nel piccolo, quanto assumendo responsabilità significative. Per dare a queste persone una opportunità di costruire legami sociali, incontrarsi, sperimentarsi in esperienze di cittadinanza attiva è necessario valorizzare i nostri circoli, le associazioni specifiche e professionali, i nostri soggetti sociali (Giovani e Donne), unitamente alla nostra vocazione che ci attraversa da sempre, che è il legame con il territorio come cuore pulsante e non come fatto meramente catastale, sia esso dentro o fuori i confini e le questioni nazionali (la vocazione internazionale delle ACLI). 
Questi sono i tanti volti della nostra Associazione madre: le ACLI! È questa la peculiarità che rende grandi le nostre Acli, coniugando pensiero ed opere. E proprio con riferimento alle opere, alle nostre imprese, bisogna avere chiaro che per governarle bisogna prima saperle animare, riportarle nel solco del percorso associativo, consentendogli di essere le sentinelle funzionali all’aumento della politicità dell’Associazione, facendo dei servizi i soggetti che danno la lettura politica dei fenomeni sociali, per permettere alle ACLI di rappresentarli politicamente. In questa logica, l’idea di dotare i nostri servizi di una classe dirigente dedicata, in un percorso di governante duale, diventa strategico. 
Governance duale vuol dire che da Presidente Nazionale (e la mia proposta vale anche per i Vice Presidenti Nazionali) non terrei con me le deleghe dei nostri servizi, senza con questo disinteressarmene, pretendendo altresì che i relativi dirigenti abbiano il profilo giusto per assumere un incarico di questo tipo, incardinato sulla competenza specifica e dedicata, sulla sottrazione della gestione alle logiche politiche interne, su un progetto chiaro e trasparente di innovazione per rigenerare la mission delle nostre imprese, sul legame forte con i territori che detengono il “cuore della produzione” (prevalentemente nord Italia), senza con ciò abbandonare le altre aree del Paese che necessitano di forme di accompagnamento per risalire la china (prevalentemente centro, sud ed Isole). 
In sintesi un modello di governante duale dei nostri servizi e imprese per affermare con forza la loro politicità (nel senso di aiutare l’associazione a rappresentare politicamente i nuovi bisogni emersi dai cittadini nei servizi) e abbandonarne una volta per tutte l’uso politicizzato a fini di consenso interno: senza una rivoluzione copernicana in questo ambito è difficile pensare alla continuazione di un ruolo e quindi di un valore pubblico delle nostre opere e contrastare le forme di definanziamento pubblico che già da qualche tempo subiscono i nostri servizi! 
Un modo anche per concentrare di più l’attenzione dei dirigenti associativi “apicali” sulle questioni politiche e meno su quelle gestionali, come richiede il Paese per le emergenze che sta vivendo. Amici e amiche, in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, non possiamo più dare nulla per scontato, né permettere che altri lo facciano. 
Non possiamo permettere che il pessimismo dilagante, l’astensionismo e l’antipolitica condannino questo Paese al declino. Per questo è estremamente importante che un’organizzazione come le Acli interpreti pienamente il ruolo che gli compete: 
Dare voce a chi non ha voce realizzando il RIFORMISMO DEGLI ULTIMI (impegno preso al Congresso 2012); sostenere la formazione socio politica del cittadino ancorata ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa, affinché sappia discernere prima sui contenuti e poi sui contenitori; evangelizzare i luoghi del vivere civile, facendosi testimoni credibili e non maestri di quei valori non negoziabili su cui si fonda il nostro impegno: centralità e dignità della persona, giustizia ed equità sociale; essere sempre fedeli: al Vangelo, al Lavoro, alla Democrazia ed al Futuro, reinterpretandoli attraverso l’impegno quotidiano. 
Questo è il compito delle Acli, questo il motivo per cui sono nate , questi i valori e la mission in cui ci riconosciamo, questa la piattaforma che siamo chiamati costantemente ad attualizzare rispetto ai tempi nuovi. 
Per questo motivo le nostre Acli oggi devono essere un potente vaccino che generi anticorpi capaci di estirpare le degenerazioni e le negatività dalla società e dalla politica, un vaccino capace di sviluppare Fiducia e Speranza. La Speranza, ci ricorda appunto la fedeltà delle Acli al Vangelo. La nostra fede, infatti, si fonda su una grande speranza, una speranza ultima che è tutta contenuta nella Resurrezione di Cristo. Se Egli ha vinto la morte, ciò significa che ogni nostro desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale. È perciò una speranza ricevuta e spetta a noi trasformarla in speranza data al mondo. È questa speranza concreta quella sola e unica virtù che può innescare una vera e propria “rivoluzione copernicana” nelle nostre coscienze: se ci crediamo e lavoriamo, i nostri progetti possono realizzarsi, ancor più in questo momento storico. La speranza, infatti, ci dona occhi nuovi per guardare il mondo oltre questa crisi e ci fa vedere il bisogno di un nuovo approccio in campo economico e sociale, che costringa l'individualismo sfrenato di questi tempi a cedere il posto a ciò che è bene per la persona, per la comunità. È una speranza che ci allontana dalle sole relazioni di profitto e predispone l'animo alle relazioni d'amore, di cura, di solidarietà. 
Le ACLI da sempre sono portatrici di questa speranza “sana” (non quella di “ultima spiaggia” di tanti detti popolari), di vera speranza cristiana, che è non attesa inerme di un miracolo, ma attesa feconda e laboriosa che costruisce pazientemente le condizioni affinché questo miracolo accada. 
Le nostre azioni, il nostro pensiero politico e culturale, i nostri circoli così come i nostri Punto Acli famiglia, sono luoghi dove le relazioni diventano feconde, luoghi impregnati di questa doppia speranza (ricevuta e data); della possibilità di aspirare ad un futuro migliore partendo non dalle risorse materiali, ma dalle risorse umane; perché siamo convinti che “Il vero capitale è l'uomo” (così come recita lo slogan scelto per l’ultima campagna associativa), uomini e donne che sanno farsi comunità e tessere relazioni buone, improntate alla gratuità e alla solidarietà, ossia, in un'unica parola, alla fraternità. 
È proprio la gratuità, infatti, come ci dice la Caritas in Veritate, quella relazione d’amore che fa dimenticare ogni interesse, che fa abdicare al beneficio personale per donare tempo e risorse ad un altro uomo che riconosco come fratello, come una persona di cui ho fiducia. È su questa reciprocità di relazioni buone e non di merci che si fonda dunque quell’economia civile di cui le Acli vogliono essere costruttori. L’impresa che tentiamo di compiere quindi non è astratta: si tratta di iniettare nelle coscienze di tutti un po’ di questa speranza per far sì che si metta in moto quel circuito virtuoso in grado di generare coesione sociale e fiducia, in breve di generare futuro. Il futuro, infatti, è il luogo della speranza, dell’inquietudine che nell’attesa diventa cammino. 
Per questo dunque è necessario investire sui giovani, per dare implicitamente futuro alla comunità, perché è solo calcolando gli effetti delle azioni compiute nel presente che ci assumiamo veramente la responsabilità del futuro. Per questo cari amici e care amiche, ho deciso di metterci la faccia, la mia per prima, quella di un giovane dirigente che con alle spalle una serie di esperienze associative dove, in prima linea e mai con le mani in tasca o con il volto coperto, ha lavorato per la nostra Associazione e non solo (Libera Puglia, il Forum del Terzo Settore pugliese, la Consulta nazionale per il pluralismo culturale e religioso presieduta dai Ministri Amato e Melandri, sono alcune delle esperienze esterne alle nostre ACLI maturate dal sottoscritto). 
Quella di un padre di famiglia, che da quasi 5 anni media le complessità del prioritario amore per i propri cari con un assiduo impegno per la nostra organizzazione. Quella di un uomo aperto all’innovazione, in particolare rispetto ai temi del welfare, prioritari per il futuro del Paese e delle nostre ACLI, per riaffermare il senso di un universalismo dei diritti vero che si realizzi a partire da una riforma che parta dalle comunità (moderno mutualismo): banco di prova su cui misurare il nuovo impegno delle ACLI in ambito socio-sanitario, sul versante del pensiero ma anche dell’azione, pensando alla costruzione di un nuovo servizio aclista rivolto ai temi della salute. 
Il momento difficile che stiamo attraversando, in particolare la distanza tra politica e cittadini, il disorientamento e l’oscuramento della speranza collettiva (cit. Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della CEI), invitano le ACLI ad invertire questa rotta, anzitutto per scansare il rischio di essere la brutta copia del Paese. Questa lettera vuole essere il punto di inizio, anzi una tappa, l’occasione per ascoltare chi vive quotidianamente l’associazione e l’intero sistema dal basso, chi incontra quotidianamente le persone fatte di carne, sangue e lacrime, quelle persone che diventano sterili numeri negli allarmanti dati forniti quasi quotidianamente dagli istituti di statistica. 
Il mio obiettivo cari amici e care amiche, non è solo quello di raccogliere la fiducia necessaria per diventare Presidente delle nostre ACLI, ma quello di raccogliere proprio dal territorio i contributi politici necessari per rappresentarle. Per questo ho voluto scrivervi. Per aprire un dibattito su come: RITORNARE A PENSARE POLITICAMENTE ED AGIRE, CON COERENZA, NEL QUOTIDIANO, PER DARE UN SENSO NUOVO E RIGENERATO AL FARE LE ACLI 
Su questo voglio che si riprenda il filo del dibattito interno, anche per riconnetterci con cognizione di causa e senza meri slogan al tema dell’autonomia delle ACLI rispetto al mondo politico in senso stretto, oggi di enorme attualità non solo per la discesa in campo del nostro Presidente Olivero, ma anche per riflettere sul tema dell’allargamento dello spazio pubblico attraverso forme vere e innovative di sussidiarietà orizzontale, che richiedono nelle loro teorizzazioni, ma anche pratiche attuazioni, affinché l’autonomia diventi bene da tutelare e non solo bandiera da esporre. 
Se questo argomento richiama il raffronto tra l’essere autonomi o autonomamente schierati (Presidenza Bobba) o autonomamente schierati con il bene comune (Presidenza Olivero), con un potenziale alveo di prevalente compatibilità con la cultura politica di centro sinistra-a parer mio da confermare specie in presenza di un centro destra italiano così configurato- è vero anche che il modello di approccio al contesto politico extra-associativo non può semplificarsi solo nello schema Associazione/compatibilità con lo schieramento politico “x”, ma deve invece altresì attestarsi sui processi di allargamento dello spazio pubblico, indi di sussidiarietà, sul versante della rappresentanza e non solo dell’erogazione dei servizi, tema questo che scompagina orizzontalmente l’arco costituzionale. 
Questi sono alcuni punti e alcune brevi riflessioni sulle ACLI che vorrei guidare e animare da Presidente Nazionale. Questi sono alcuni dei vincoli e dei condizionamenti che vorrei darmi nel guidare le ACLI del futuro, paletti politici, di contenuto e di metodo, e di nessun altro tipo: sento di avere la forza, le idee e i programmi per rappresentare senza “accompagnatori” ma con tanti compagni di viaggio, la guida di un’associazione da governare collegialmente, mettendo mano anche ad un non sempre proficuo modello presidenzialista. 
Per questo ho scelto di pensare ad una squadra che contenga il meglio che questa Associazione ha al suo interno, scegliendolo non secondo i desiderata personali o di “gruppo”, ma secondo un principio di adeguatezza che pur apparendo in prima approssimazione il più selettivo, è invece il più inclusivo, perché sancisce la fine degli uomini e delle donne di tutte le stagioni, per introdurre la possibilità che ognuno sia spendibile per quello che può dare di buono in un dato tempo; è principio che esclude solo gli onnipresenti della storia e i tuttologi, ma tiene invece dentro i più umili e tutti coloro che socraticamente si approcciano alla vita sapendo di non sapere e di non sapere sempre e in ogni luogo. E’ quanto nel mio piccolo ho voluto testimoniare dimettendomi da Presidente delle ACLI pugliesi qualche settimana fa, ritenendo inconciliabile per me una sovrapposizione tra il ruolo regionale e la mia candidatura a Presidente Nazionale, dando credo il buon esempio di come il calcolo personale debba sempre lasciare il passo agli interessi dell’Associazione, convincendo, chi ci osserva, che le nostre azioni sono credibili e rispondono alla coscienza individuale e a quella associativa. 
Con queste sette pagine circa, metto la mia persona e la mia faccia alla vostra attenzione e al vostro servizio, non solo per assumere la Presidenza delle ACLI, ma per relazionarmi con voi, con la base, con il territorio. Per questi motivi, questa lettera non può che essere solo l’avvio di un rapporto da costruire e in molti casi da continuare. Il mio auspicio è che sia l’inizio di un confronto da fare personalmente guardandoci negli occhi, perché questa Associazione scelga mettendo da parte il rischio di farsi condizionare dai pregiudizi e dalle semplificazioni, riscoprendo il piacere delle relazioni vere e non virtuali, politiche e politicamente autentiche. In questa logica e in questa direzione dichiaro la mia totale disponibilità a incontrare i livelli territoriali delle ACLI, a partire da incontri regionali rivolti ai Presidenti e Dirigenti provinciali ma anche di Circolo. 
Non vi invio invece, se non nei punti e le riflessioni sopra riportate, le linee programmatiche di un mio eventuale mandato da Presidente Nazionale per almeno due motivi: il primo , perché le linee programmatiche 2012-2016 della nostra Associazione ci sono già e sono state approvate dal Consiglio Nazionale, riproporre pertanto da parte mia un nuovo programma, sarebbe incoerente e poco rispettoso del lavoro realizzato e condiviso dagli organi nazionali; il secondo, perché la loro attuazione o adeguamento nel tempo va costruito in itinere e per non apparire strumentale, deve essere frutto di un percorso serrato e costante nel tempo in relazione con il territorio, non insomma solo nel tempo di una “campagna elettorale”. E’ questo cari amici e care amiche aclisti, il mio primo e piccolo contributo alla costruzione di quella unità dell’associazione, che è un’opzione (che io scanso) se tesa a mediare interessi individuali, è un imperativo categorico se deve tendere a rendere adeguata la nostra azione sociale e politica alle sfide che il nostro Paese ci offre. 
Sono sempre le idee, i valori, le relazioni, il capitale sociale di cui siamo portatori ad attribuirci una responsabilità: sforziamoci a ricercare e costruire il “meglio che deve ancora venire”, per la nostra Associazione e per il Paese, mai per noi o per chi ci candida o per chi ci vota, ma semmai per i progetti ed i sogni che ci motivano e ci animano…non solo insieme possiamo, ma dobbiamo… e lo dobbiamo… alle nostre ACLI!!! 

Vi abbraccio Fraternamente
Gianluca Budano
 Cellino San Marco, 10 dicembre 2012

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