Cari Amici, care Amiche,
sono queste ore difficili per la nostra Associazione. Non solo per la discesa in campo del nostro
Presidente, con tutte le complessità che essa porta, o per l’apertura della sua successione in seno
all’ultima riunione di Direzione Nazionale, ma per il clima interno che vive la nostra
Organizzazione. Viviamo tutti insieme come classe dirigente l’intrecciarsi di vicende interne ed
esterne, che ci rendono ibridi e ci frenano su entrambi i fronti, proprio nella fase storica in cui il
Paese ha più bisogno di ACLI, quelle vere, nette, incisive, che tutti conoscono da quasi
settant’anni.
Una storia la nostra tutta giocata sul senso più alto della politica come forma di
carità, categoria questa di cui abbiamo un bisogno disperato in questa fase.
La mia candidatura a Presidente nazionale nasce da un percorso condiviso e vissuto sul territorio
qualche mese fa, quando ho maturato, anche nel confronto con altri dirigenti e militanti delle
nostre ACLI, l’idea che mettersi in gioco, rendersi disponibile ad un nuovo servizio, costruire un
progetto per le ACLI del futuro fosse la risposta che in tanti, classe dirigente nazionale e
territoriale, si sarebbero aspettati come evoluzione naturale del percorso associativo
rappresentato fino ad allora, un’evoluzione adeguata alle sfide del futuro. E come in altre
“chiamate” dell’Associazione, non mi sono tirato indietro, così come è stato anche nella vicenda di
Enaip Puglia (che non voglio oscurare nel mio curriculum associativo), dove da Presidente delle
ACLI pugliesi ho affrontato la punta di un’emergenza stratificatasi negli errori interni ed esterni
all’Associazione dell’ultimo trentennio; emergenza questa che mi ha segnato, perché è stato il
luogo in cui ho sperimentato l’esercizio della responsabilità, lottando senza se e senza ma contro
le incrostazioni dei rapporti con la pubblica amministrazione e contro la cultura associativa che i
problemi non vanno mai affrontati, perché sarà qualcun altro a risolverli o perché conviene che
scoppino in mano a chi verrà dopo di noi.
Non ho mai condiviso questa logica e questa cultura e
mai la condividerò!
Un percorso, quello che mi vede scrivere oggi questa lettera, un iter che mi ha visto Presidente di
Circolo a Cellino San Marco (Br), Vice Presidente Provinciale delle ACLI di Brindisi e Presidente
Regionale di quelle pugliesi, oltre ad aver animato per 4 anni la vita dei Giovani delle ACLI in
qualità di Segretario Nazionale; oggi sono componente della Presidenza Nazionale con delega al
Welfare e al Coordinamento del Programma.
In questi 16 anni di impegno associativo non ho
trascurato gli aspetti personali della mia crescita: dagli studi dove ho conseguito la Laurea in
Giurisprudenza con una tesi sperimentale sui servizi alla persona in relazione al principio di
sussidiarietà orizzontale, vincitrice di un premio nazionale; alla costituzione della mia amata
famiglia, composta da Viviana, mia moglie, conosciuta nei Giovani delle ACLI, ai piccoli Lorenzo e
Michelangelo; alla mia crescita professionale, che mi ha permesso di mettere a frutto le mie
competenze in una società di consulenza, oltre al conseguimento dell’abilitazione alla professione
di giornalista.
Capirete quindi quanto debbo alle ACLI, convinto che esse a me non devono nulla e
che nulla ho la pretesa di chiedere loro, convinto che la nostra esperienza associativa è
un’occasione di vita per sperimentarsi e dare un contributo alla vita del nostro Paese e non
l’occasione della vita da non perdere a tutti i costi: questo è lo spirito che mi anima anche
nell’offrire la disponibilità di un mio ulteriore servizio per la massima carica dell’Associazione.
Insomma, non la candidatura dell’ultimo momento, ma un percorso chiaro, maturato nel tempo e
sfociato nella disponibilità a offrire un servizio altro alla nostra Organizzazione.
Queste premesse per spiegare a fondo quali sono le ACLI che vorrei per il futuro, su cui voglio si
apra un dibattito e un confronto con gli aclisti, dirigenti e non. Non voglio parlare solo ai miei
potenziali elettori ma anche a coloro che intendo rappresentare per i prossimi anni. Non voglio
parlare di chi governerà i servizi e le risorse, ma dell’idea di associazione per il futuro e della
riscoperta di quel senso di politicità che dobbiamo costantemente alimentare.
Questa lettera è uno scritto a cuore aperto, perché tocca le funzioni vitali dell’Associazione, ma
anche perché punta a rigenerare un’idea di associazione che torni ad appassionare in continuità
con la sua storia ultrasessantennale.
Carissimi aclisti, carissime acliste,
il Paese sta affrontando uno dei momenti più delicati e complessi della sua storia, perché oltre
ad una crisi economica e sociale, si aggiunge ad essa una forte crisi valoriale e sociale esasperata
da un individualismo dilagante. Una crisi acuita anche da una grande parte di classe politica che
non ha saputo interpretare i bisogni dei cittadini, aumentando sempre di più il divario con la
società civile, divenendo sorda alle grida di aiuto di milioni di famiglie italiane.
Le nostre Acli che hanno come missione da sempre quella di dare voce a chi non ha voce, per non
lasciare indietro nessuno, non devono cadere nello stesso errore.
La nostra è una grande associazione popolare profondamente radicata nel territorio, nei piccoli
centri e nelle grandi città; quotidianamente incontriamo migliaia di persone che hanno bisogno di
rendere esigibili i loro diritti, che non sono riusciti ad entrare nel mondo del lavoro oppure ne
sono stati brutalmente espulsi.
Quotidianamente incontriamo tante persone che vogliono essere
attori di cittadinanza attiva, tanto nel piccolo, quanto assumendo responsabilità significative. Per
dare a queste persone una opportunità di costruire legami sociali, incontrarsi, sperimentarsi in
esperienze di cittadinanza attiva è necessario valorizzare i nostri circoli, le associazioni specifiche
e professionali, i nostri soggetti sociali (Giovani e Donne), unitamente alla nostra vocazione che ci
attraversa da sempre, che è il legame con il territorio come cuore pulsante e non come fatto
meramente catastale, sia esso dentro o fuori i confini e le questioni nazionali (la vocazione
internazionale delle ACLI).
Questi sono i tanti volti della nostra Associazione madre: le ACLI! È questa la peculiarità che rende
grandi le nostre Acli, coniugando pensiero ed opere. E proprio con riferimento alle opere, alle
nostre imprese, bisogna avere chiaro che per governarle bisogna prima saperle animare, riportarle
nel solco del percorso associativo, consentendogli di essere le sentinelle funzionali all’aumento
della politicità dell’Associazione, facendo dei servizi i soggetti che danno la lettura politica dei
fenomeni sociali, per permettere alle ACLI di rappresentarli politicamente. In questa logica, l’idea
di dotare i nostri servizi di una classe dirigente dedicata, in un percorso di governante duale,
diventa strategico.
Governance duale vuol dire che da Presidente Nazionale (e la mia proposta vale
anche per i Vice Presidenti Nazionali) non terrei con me le deleghe dei nostri servizi, senza con
questo disinteressarmene, pretendendo altresì che i relativi dirigenti abbiano il profilo giusto per
assumere un incarico di questo tipo, incardinato sulla competenza specifica e dedicata, sulla
sottrazione della gestione alle logiche politiche interne, su un progetto chiaro e trasparente di
innovazione per rigenerare la mission delle nostre imprese, sul legame forte con i territori che
detengono il “cuore della produzione” (prevalentemente nord Italia), senza con ciò abbandonare
le altre aree del Paese che necessitano di forme di accompagnamento per risalire la china
(prevalentemente centro, sud ed Isole).
In sintesi un modello di governante duale dei nostri
servizi e imprese per affermare con forza la loro politicità (nel senso di aiutare l’associazione a
rappresentare politicamente i nuovi bisogni emersi dai cittadini nei servizi) e abbandonarne una
volta per tutte l’uso politicizzato a fini di consenso interno: senza una rivoluzione copernicana in
questo ambito è difficile pensare alla continuazione di un ruolo e quindi di un valore pubblico
delle nostre opere e contrastare le forme di definanziamento pubblico che già da qualche tempo
subiscono i nostri servizi!
Un modo anche per concentrare di più l’attenzione dei dirigenti
associativi “apicali” sulle questioni politiche e meno su quelle gestionali, come richiede il Paese
per le emergenze che sta vivendo.
Amici e amiche,
in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, non possiamo più dare nulla per
scontato, né permettere che altri lo facciano.
Non possiamo permettere che il pessimismo
dilagante, l’astensionismo e l’antipolitica condannino questo Paese al declino.
Per questo è estremamente importante che un’organizzazione come le Acli interpreti pienamente
il ruolo che gli compete:
Dare voce a chi non ha voce realizzando il RIFORMISMO DEGLI ULTIMI (impegno preso al
Congresso 2012);
sostenere la formazione socio politica del cittadino ancorata ai valori della Dottrina Sociale
della Chiesa, affinché sappia discernere prima sui contenuti e poi sui contenitori;
evangelizzare i luoghi del vivere civile, facendosi testimoni credibili e non maestri di quei
valori non negoziabili su cui si fonda il nostro impegno: centralità e dignità della persona,
giustizia ed equità sociale;
essere sempre fedeli: al Vangelo, al Lavoro, alla Democrazia ed al Futuro, reinterpretandoli
attraverso l’impegno quotidiano.
Questo è il compito delle Acli, questo il motivo per cui sono nate , questi i valori e la mission in cui
ci riconosciamo, questa la piattaforma che siamo chiamati costantemente ad attualizzare rispetto
ai tempi nuovi.
Per questo motivo le nostre Acli oggi devono essere un potente vaccino che generi anticorpi
capaci di estirpare le degenerazioni e le negatività dalla società e dalla politica, un vaccino capace
di sviluppare Fiducia e Speranza.
La Speranza, ci ricorda appunto la fedeltà delle Acli al Vangelo. La nostra fede, infatti, si fonda su
una grande speranza, una speranza ultima che è tutta contenuta nella Resurrezione di Cristo. Se
Egli ha vinto la morte, ciò significa che ogni nostro desiderio di bene trova in Lui una possibilità
reale. È perciò una speranza ricevuta e spetta a noi trasformarla in speranza data al mondo. È
questa speranza concreta quella sola e unica virtù che può innescare una vera e propria
“rivoluzione copernicana” nelle nostre coscienze: se ci crediamo e lavoriamo, i nostri progetti
possono realizzarsi, ancor più in questo momento storico.
La speranza, infatti, ci dona occhi nuovi per guardare il mondo oltre questa crisi e ci fa vedere il
bisogno di un nuovo approccio in campo economico e sociale, che costringa l'individualismo
sfrenato di questi tempi a cedere il posto a ciò che è bene per la persona, per la comunità.
È una speranza che ci allontana dalle sole relazioni di profitto e predispone l'animo alle relazioni
d'amore, di cura, di solidarietà.
Le ACLI da sempre sono portatrici di questa speranza “sana” (non quella di “ultima spiaggia” di
tanti detti popolari), di vera speranza cristiana, che è non attesa inerme di un miracolo, ma attesa
feconda e laboriosa che costruisce pazientemente le condizioni affinché questo miracolo accada.
Le nostre azioni, il nostro pensiero politico e culturale, i nostri circoli così come i nostri Punto Acli
famiglia, sono luoghi dove le relazioni diventano feconde, luoghi impregnati di questa doppia
speranza (ricevuta e data); della possibilità di aspirare ad un futuro migliore partendo non dalle
risorse materiali, ma dalle risorse umane; perché siamo convinti che “Il vero capitale è l'uomo”
(così come recita lo slogan scelto per l’ultima campagna associativa), uomini e donne che sanno
farsi comunità e tessere relazioni buone, improntate alla gratuità e alla solidarietà, ossia, in
un'unica parola, alla fraternità.
È proprio la gratuità, infatti, come ci dice la Caritas in Veritate,
quella relazione d’amore che fa dimenticare ogni interesse, che fa abdicare al beneficio personale
per donare tempo e risorse ad un altro uomo che riconosco come fratello, come una persona di
cui ho fiducia. È su questa reciprocità di relazioni buone e non di merci che si fonda dunque
quell’economia civile di cui le Acli vogliono essere costruttori.
L’impresa che tentiamo di compiere quindi non è astratta: si tratta di iniettare nelle coscienze di
tutti un po’ di questa speranza per far sì che si metta in moto quel circuito virtuoso in grado di
generare coesione sociale e fiducia, in breve di generare futuro.
Il futuro, infatti, è il luogo della speranza, dell’inquietudine che nell’attesa diventa cammino.
Per questo dunque è necessario investire sui giovani, per dare implicitamente futuro alla
comunità, perché è solo calcolando gli effetti delle azioni compiute nel presente che ci assumiamo
veramente la responsabilità del futuro.
Per questo cari amici e care amiche, ho deciso di metterci la faccia, la mia per prima, quella di un
giovane dirigente che con alle spalle una serie di esperienze associative dove, in prima linea e mai
con le mani in tasca o con il volto coperto, ha lavorato per la nostra Associazione e non solo
(Libera Puglia, il Forum del Terzo Settore pugliese, la Consulta nazionale per il pluralismo culturale
e religioso presieduta dai Ministri Amato e Melandri, sono alcune delle esperienze esterne alle
nostre ACLI maturate dal sottoscritto).
Quella di un padre di famiglia, che da quasi 5 anni media le
complessità del prioritario amore per i propri cari con un assiduo impegno per la nostra
organizzazione. Quella di un uomo aperto all’innovazione, in particolare rispetto ai temi del
welfare, prioritari per il futuro del Paese e delle nostre ACLI, per riaffermare il senso di un
universalismo dei diritti vero che si realizzi a partire da una riforma che parta dalle comunità
(moderno mutualismo): banco di prova su cui misurare il nuovo impegno delle ACLI in ambito
socio-sanitario, sul versante del pensiero ma anche dell’azione, pensando alla costruzione di un
nuovo servizio aclista rivolto ai temi della salute.
Il momento difficile che stiamo attraversando, in particolare la distanza tra politica e cittadini, il
disorientamento e l’oscuramento della speranza collettiva (cit. Cardinale Angelo Bagnasco,
Presidente della CEI), invitano le ACLI ad invertire questa rotta, anzitutto per scansare il rischio di
essere la brutta copia del Paese. Questa lettera vuole essere il punto di inizio, anzi una tappa,
l’occasione per ascoltare chi vive quotidianamente l’associazione e l’intero sistema dal basso,
chi incontra quotidianamente le persone fatte di carne, sangue e lacrime, quelle persone che
diventano sterili numeri negli allarmanti dati forniti quasi quotidianamente dagli istituti di
statistica.
Il mio obiettivo cari amici e care amiche, non è solo quello di raccogliere la fiducia necessaria per
diventare Presidente delle nostre ACLI, ma quello di raccogliere proprio dal territorio i contributi
politici necessari per rappresentarle.
Per questo ho voluto scrivervi. Per aprire un dibattito su come:
RITORNARE A PENSARE POLITICAMENTE ED AGIRE, CON COERENZA, NEL
QUOTIDIANO, PER DARE UN SENSO NUOVO E RIGENERATO AL FARE LE ACLI
Su questo voglio che si riprenda il filo del dibattito interno, anche per riconnetterci con cognizione
di causa e senza meri slogan al tema dell’autonomia delle ACLI rispetto al mondo politico in senso
stretto, oggi di enorme attualità non solo per la discesa in campo del nostro Presidente Olivero,
ma anche per riflettere sul tema dell’allargamento dello spazio pubblico attraverso forme vere e
innovative di sussidiarietà orizzontale, che richiedono nelle loro teorizzazioni, ma anche pratiche
attuazioni, affinché l’autonomia diventi bene da tutelare e non solo bandiera da esporre.
Se questo argomento richiama il raffronto tra l’essere autonomi o autonomamente schierati
(Presidenza Bobba) o autonomamente schierati con il bene comune (Presidenza Olivero), con un
potenziale alveo di prevalente compatibilità con la cultura politica di centro sinistra-a parer mio da
confermare specie in presenza di un centro destra italiano così configurato- è vero anche che il
modello di approccio al contesto politico extra-associativo non può semplificarsi solo nello
schema Associazione/compatibilità con lo schieramento politico “x”, ma deve invece altresì
attestarsi sui processi di allargamento dello spazio pubblico, indi di sussidiarietà, sul versante
della rappresentanza e non solo dell’erogazione dei servizi, tema questo che scompagina
orizzontalmente l’arco costituzionale.
Questi sono alcuni punti e alcune brevi riflessioni sulle ACLI che vorrei guidare e animare da
Presidente Nazionale. Questi sono alcuni dei vincoli e dei condizionamenti che vorrei darmi nel
guidare le ACLI del futuro, paletti politici, di contenuto e di metodo, e di nessun altro tipo: sento
di avere la forza, le idee e i programmi per rappresentare senza “accompagnatori” ma con tanti
compagni di viaggio, la guida di un’associazione da governare collegialmente, mettendo mano
anche ad un non sempre proficuo modello presidenzialista.
Per questo ho scelto di pensare ad
una squadra che contenga il meglio che questa Associazione ha al suo interno, scegliendolo non
secondo i desiderata personali o di “gruppo”, ma secondo un principio di adeguatezza che pur
apparendo in prima approssimazione il più selettivo, è invece il più inclusivo, perché sancisce la
fine degli uomini e delle donne di tutte le stagioni, per introdurre la possibilità che ognuno sia
spendibile per quello che può dare di buono in un dato tempo; è principio che esclude solo gli
onnipresenti della storia e i tuttologi, ma tiene invece dentro i più umili e tutti coloro che
socraticamente si approcciano alla vita sapendo di non sapere e di non sapere sempre e in ogni
luogo. E’ quanto nel mio piccolo ho voluto testimoniare dimettendomi da Presidente delle ACLI
pugliesi qualche settimana fa, ritenendo inconciliabile per me una sovrapposizione tra il ruolo
regionale e la mia candidatura a Presidente Nazionale, dando credo il buon esempio di come il
calcolo personale debba sempre lasciare il passo agli interessi dell’Associazione, convincendo, chi
ci osserva, che le nostre azioni sono credibili e rispondono alla coscienza individuale e a quella
associativa.
Con queste sette pagine circa, metto la mia persona e la mia faccia alla vostra attenzione e al
vostro servizio, non solo per assumere la Presidenza delle ACLI, ma per relazionarmi con voi, con
la base, con il territorio. Per questi motivi, questa lettera non può che essere solo l’avvio di un
rapporto da costruire e in molti casi da continuare. Il mio auspicio è che sia l’inizio di un confronto
da fare personalmente guardandoci negli occhi, perché questa Associazione scelga mettendo da
parte il rischio di farsi condizionare dai pregiudizi e dalle semplificazioni, riscoprendo il piacere
delle relazioni vere e non virtuali, politiche e politicamente autentiche. In questa logica e in
questa direzione dichiaro la mia totale disponibilità a incontrare i livelli territoriali delle ACLI, a
partire da incontri regionali rivolti ai Presidenti e Dirigenti provinciali ma anche di Circolo.
Non vi
invio invece, se non nei punti e le riflessioni sopra riportate, le linee programmatiche di un mio
eventuale mandato da Presidente Nazionale per almeno due motivi: il primo , perché le linee
programmatiche 2012-2016 della nostra Associazione ci sono già e sono state approvate dal
Consiglio Nazionale, riproporre pertanto da parte mia un nuovo programma, sarebbe incoerente e
poco rispettoso del lavoro realizzato e condiviso dagli organi nazionali; il secondo, perché la loro
attuazione o adeguamento nel tempo va costruito in itinere e per non apparire strumentale, deve
essere frutto di un percorso serrato e costante nel tempo in relazione con il territorio, non
insomma solo nel tempo di una “campagna elettorale”.
E’ questo cari amici e care amiche aclisti, il mio primo e piccolo contributo alla costruzione di
quella unità dell’associazione, che è un’opzione (che io scanso) se tesa a mediare interessi
individuali, è un imperativo categorico se deve tendere a rendere adeguata la nostra azione
sociale e politica alle sfide che il nostro Paese ci offre.
Sono sempre le idee, i valori, le relazioni, il capitale sociale di cui siamo portatori ad attribuirci una
responsabilità: sforziamoci a ricercare e costruire il “meglio che deve ancora venire”, per la
nostra Associazione e per il Paese, mai per noi o per chi ci candida o per chi ci vota, ma semmai
per i progetti ed i sogni che ci motivano e ci animano…non solo insieme possiamo, ma
dobbiamo… e lo dobbiamo… alle nostre ACLI!!!
Vi abbraccio Fraternamente
Gianluca Budano
Cellino San Marco, 10 dicembre 2012
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