lunedì, giugno 18, 2012

Proficuo confronto sulle fattorie sociali in Campania al Seminario Regionale di ACLI Terra.





lunedì 18 giugno 2012, alle ore 10.30, Acli Terra ha tenuto, presso la Sede regionale della Campania, in via Fiumiciello 7, (zona stazione centrale), un Convegno per esaminare il contenuto della Legge regionale n. 5 del 30 marzo 2012, relativa all’agricoltura sociale e alla disciplina delle fattorie e degli orti sociali. All'incontro hanno partecipato Vito Amendolara, Consigliere per l'Agricoltura della Presidenza di Regione Campania, Pier Paolo Napoletano, presidenza nazionale ACLI, Anna Cristofaro, Presidente regionale ACLI Campania, Paolo Cipriani, Direttore generale di Acli Terra, Pasquale Orlando, Presidente regionale Acli Terra Campania, Alfonso Pascale, studioso di politiche agrarie e Marco Berardo Di Stefano, Presidente della Rete nazionale delle Fattorie Sociali. I lavori sono stati conclusi conclusi da Michele Zannini Presidente Nazionale ACLI Terra.
La Regione Campania è stata tra le prime Regioni italiane, all’indomani dell’avvio della programmazione dello sviluppo rurale 2007-2013, a produrre norme sull’AS. Inizialmente con fondi delle politiche sociali e successivamente con bandi su misure del PSR. Il pregio di queste iniziative è stato quello di far conoscere questo fenomeno e soprattutto di aggregare e sostenere esperienze significative nel mondo della cooperazione sociale. Il limite è stato, invece, quello di confinare l’AS nell’ambito dell’impresa sociale, dando all’aggettivo “sociale” il significato restrittivo di “no profit”. “Sociale” sta per “civile” o “solidale” Il termine “sociale” nell’ambito del fenomeno dell’AS in Italia non significa “no profit” ma ha a che fare con la virtù civile che caratterizza gli agricoltori e gli operatori che vi sono coinvolti. Una virtù con cui essi adempiono volontariamente ai doveri di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost. Mentre nei Paesi anglosassoni, la solidarietà è obbligazione morale (chi ha di più restituisce con pratiche filantropiche), nella nostra Costituzione la solidarietà politica, economica e sociale è un dovere in capo alle istituzioni, alla società civile e al singolo cittadino. Le nostre fattorie sociali sono, dunque, imprese agricole civili che creano valore in una logica di solidarietà civile al contempo gratuita e doverosa, producendo spontaneamente condizioni di maggiore giustizia sociale e promuovendo innovazione sociale. Esse sono, infatti, portatrici di un nuovo modello di welfare. Non rinunciano al profitto (o reddito) derivante dalle attività solidali, ma non è questo l’unico loro obiettivo. Considerano il profitto (o reddito) un ottimo indicatore di efficienza e di economicità delle attività svolte. La loro caratterizzazione è quella di: avere un forte rapporto con il territorio, produrre beni relazionali, adottare pratiche agricole ecocompatibili, vivere il mercato nella sua accezione più vera, quella del mutuo vantaggio e del mutuo aiuto, in cui tutti i partecipanti dello scambio ricevono effettivamente un beneficio, relazionarsi con il pubblico non in una logica di dipendenza e di assistenzialismo ma in una condizione che permette alla pubblica amministrazione un risparmio di risorse e alla comunità locale di avere dei servizi sociali aggiuntivi che determinano sviluppo territoriale. Con la L.R. n. 5 del 30 marzo 2012 questa caratterizzazione delle fattorie sociali non solo viene riconosciuta ma promossa. La Regione promuove l’agricoltura sociale quale strumento di attuazione delle finalità della L.R. che recepisce la legge 328/2000 sui servizi sociali e, in particolare: sostegno alle responsabilità delle famiglie sostegno alle donne in difficoltà politiche di contrasto alle dipendenze politiche per le persone anziane politiche per le persone con disabilità politiche di contrasto alle povertà politiche per le persone detenute politiche per gli immigrati sostegno alle persone con disagio psichico La Regione riconosce e sostiene il carattere multifunzionale dell’agricoltura quale contesto favorevole allo sviluppo di interventi e servizi sociali,socio-sanitari ed educativi. 
Definizione di fattoria sociale: “impresa economicamente e finanziariamente sostenibile, che svolge l’attività produttiva agricola in modo integrato con l’offerta di servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi e occupazionali a vantaggio di soggetti deboli, in collaborazione con le istituzioni pubbliche e con il terzo settore”. Il titolo di fattoria sociale è riconosciuto: all’impresa sociale che opera nei settori dell’assistenza sociale e socio-sanitaria, dell’ambiente, del turismo sociale e della valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, che svolge attività agricola e prevede nello statuto l’inserimento socio-lavorativo di persone appartenenti alle fasce deboli; (è presa in considerazione un’impresa no profit che può non svolgere prevalentemente attività agricola ma deve per statuto assumere persone svantaggiate; può dunque trattarsi anche di un’impresa che non necessariamente debba essere iscritta alla Camera di Commercio come impresa agricola se l’attività agricola è residuale) all’impresa agricola che integra in modo sostanziale e continuativo nell’attività produttiva la fornitura di servizi attinenti alle politiche sociali; (si tratta dell’impresa agricola ex art. 2135 c.c. ma a cui starebbe molto stretta l’applicazione del criterio della prevalenza e della connessione qualora non si limitasse all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate ma dovesse erogare servizi. Per poter far fronte al costo degli operatori sociali, l’impresa dovrà prevedere entrate ragguardevoli provenienti dai servizi che spesso superano quelle propriamente agricole). ai cogestori dei progetti terapeutico riabilitativi individuali, sostenuti con budget di salute. (si tratta delle “terapie verdi” in strutture agricole non necessariamente identificabili nelle imprese agricole). 
L’orto sociale L’altra novità della L.R. n. 5 è il riconoscimento e la disciplina dell’ “orto sociale” (è la prima Regione ad averlo fatto!). Ed è significativo aver collocato tale disciplina nell’ambito dell’AS. Si allargano così i confini dell’agricoltura alle attività agricole di cittadinanza attiva che si stanno espandendo in tutto il mondo. Può costituire un’utile indicazione al legislatore nazionale. 
Definizione di orto sociale: appezzamento di terreno di proprietà o di gestione pubblica appositamente destinato all’attività agricola. I soggetti designati alla conduzione degli orti sociali si impegnano a coltivarli per ottenere prodotti agricoli a scopo benefico e di autoconsumo. Si va oltre il concetto di “orto urbano”, che è un fenomeno specifico delle agricolture urbane e periurbane. Di conseguenza, gli orti sociali possono sorgere ovunque. Sembrerebbe che il terreno di proprietà pubblica dove organizzare gli orti sociali potrebbe essere gestito anche da un soggetto privato o privato-sociale. Se così fosse, si aprirebbe uno spazio interessante per le imprese agricole, le fattorie sociali e i soggetti del terzo settore. 
Il registro regionale Non pare avere una funzione di accreditamento. (Almeno non è dichiarato nella legge e questo lascia intendere che per le attività che richiedono particolari accreditamenti si dovranno comunque adottare le procedure stabilite dalle normative di riferimento). Ha funzione di promozione, coordinamento, assistenza, informazione per favorire la conoscenza dell’agricoltura sociale e le modalità di produzione e distribuzione dei prodotti agricoli. (Sembra essere una sorta di marchio pubblico di garanzia dei beni e servizi prodotti dalle fattorie sociali. Se così fosse bisognerà chiarire come si potrà integrare con eventuali marchi collettivi operanti sul piano nazionale). L’istruttoria ai fini dell’iscrizione è effettuata da una commissione costituita da membri dell’assessorato all’agricoltura e dall’assessorato alle politiche sociali.

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