domenica, maggio 06, 2012

Diario di una confusa settimana pre-elettorale Anti-politica, demagogia, paura e sconforto. Dov'è l'Italia che sapeva affrontare le difficoltà?




Sono a Lecce, la bella capitale del Salento. Mentre la squadra di calcio si batte in via del Mare per la salvezza, si inaugura una importante rassegna dei prodotti agricoli, promossa da due importanti associazioni di categoria, per avviare il frutto del lavoro di piccole e medie aziende verso quella rete di distribuzione che l’Italia spensierata non ha. Sono stati saggiamente invitati alcuni  ristoratori italiani all’estero molto rappresentativi (uno per nazione d’Europa ed uno per ogni continente al di là dell’Europa) per la loro esperienza di quei mercati. Et in Arcadia ego.
Ci colpisce la disattenzione dei media, dei gruppi dirigenti, della politica. Alla inaugurazione un alto personaggio alza parole accorate e forti, che ci colpiscono profondamente, per il suicidio di un piccolo imprenditore. Ma poi, assorbita l’emozione, non posso non notare la selezione dei lutti. Perche non ci siamo altrettanto commossi per il bambino  di 12 anni morto ieri a Lecce con la sua famiglia,  nelle strade del weekend? Perché non ci disperiamo dei morti di discoteca? Perché non fanno notizia le stragi dei cristiani? Perché non citiamo nei discorsi elettorali la strage delle donne?
Con questa impressione di una classifica political correct delle morti, tornato a casa, riapro la cara televisione. Mi colpisce subito, in un reality in cui si celebrano processi e duelli politici, la forte lamentazione di un giovane. In rappresentanza di una gioventù massacrata dalla mancanza di lavoro, il giovane si lamenta perche avendo chiuso in anticipo gli esami della sua facoltà, non può prendere la laurea prima dei termini previsti dalla legge.
La cosa mi emoziona perché qualcosa del genere è accaduta anche a me e l’ho raccontata in un mio piccolo libro sulla Resistenza del mio piccolo paese marchigiano che si era organizzato come una repubblica libera ed autonoma. Essendo chiuso il liceo di Fabriano a causa dei bombardamenti, il paese organizzò una sua scuola media ed alcuni professori (un ufficiale calabrese sbandato, un ingegnere ebreo clandestino ed un italo-americano che teneva i contatti radio fra i partigiani e gli alleati) ci fecero il corso della seconda liceale.
Eravamo quattro alunni ed a febbraio avevamo finito il programma, per cui decidemmo di fare il programma della terza liceo e di tentare il salto, facendo il colloquio di scrutinio a Fabriano e l’esame di maturità a Camerino. Per farla breve superammo tutti gli ostacoli, compreso un duro mitragliamento sulla strada di Camerino (che avevano già percorso le legioni romane di Decio Mure per sorprendere a Sentino Etruschi, Umbri, Sanniti e Galli guidati da Egnazio, grande eroe italico). Andò bene a tutti, ma per me sorse il problema della età (sarei stato esente dal vincolo dell’età perche avevo preso la media dell’otto, ma non era chiaro se l’eccezione della media fosse valida quando era ottenuta in uno scrutinio senza frequenza). Aspettammo la liberazione ed arrivò la risposta del severo ministro dell’Italia liberata Omodeo, il grande storico del Risorgimento, che respinse la richiesta con il dovuto sdegno. ( che non rompessi le scatole e rifacessi con cura e senza fretta la terza liceo sui banchi di scuola!).
E fu il mio anno felice. Le compagne di scuola erano diventate diverse, ballavamo il rock’n roll nella organizzazione unitaria degli studenti che aveva occupato la sede del fascio e ci godemmo come aria fresca le lezioni di due professori usciti dalla prigione fascista. Avevo già fatto il programma e non studiavo per l’esame, ma perché la vita era tornata bella. Diventato più alto, portavo i calzoni di mio zio, perché i calzoni di un ragazzo troppo cresciuto non erano una priorità.
Ricordando tutto questo non riuscivo a capire il dramma di questo giovane che aveva un anno per integrare il piano di studi universitario con studi intelligenti nell’attesa di un documento che aveva solo un valore legale. Perché il reality show nelle nostre sciagure quotidiana versava così tante lacrime? Perché la lamentatio fa audience e l’hortatio annoia.
E rivado con la mente a tutte le occasioni perdute dall’Italia per questa voluttuosa adorazione della morte. Pensavo al Salento in mano ai turchi , mentre il giovane Re di Napoli proseguiva la sua cupa volontà di morte guerreggiando con Firenze per strapparle un piccolo feudo. Pensavo al colto Piccolomini, Papa Pio II disperato nel suo letto di morte in Ancona, quando i capi della spedizione che doveva salvare Rodi, se ne andavano con futili ragioni per piccoli affari propri, mentre il Re di Francia cercava l’alleanza dei turchi contro le potenze italiane.
Eppure l’Italia non è predestinata a questa sentenza di morte. L’Italia dopo Caporetto seppe dimenticare le recriminazioni (alcune delle quali sacrosante,come lo zelo dei fucilatori o l’asineria degli strateghi) e seppe dimostrare di essere capace di vincere, prima se stessa e poi la rovina incombente. E nel secondo dopoguerra, nei fatali anni cinquanta, con il pericolo di guerra alle soglie di Gorizia e di scontro fratricida in ogni casa, quale incredibile volontà di sfidare le avversità. Pagammo col sangue nostro a Marcinelle ed in tante altre mille tragedie, ma se oggi nel mondo si mangia italiano è perché allora l’Italia apparve a tutti mirabile nella sfortuna.
Ma oggi, a dare il tono al coro sono i media che dettano i casi d’Italia come se ci trovassimo a mandare in onda l’isola dei famosi o qualsiasi altro reality dove la rissa e l’insistenza fanno audience e quindi pubblicità ed infine guadagno. Quello che le Brigate rosse non seppero fare, colpire al cuore lo Stato, sta avvenendo sotto i nostri occhi. E coloro che dovrebbero soccorrere lo Stato e la democrazia, si arrovellano per una legge elettorale che, tornando alla proporzionale, cercherà di salvare gli attuali protagonisti agonizzanti, in vece di aprire le finestre (e le porte) a nuovi protagonisti.
Ci troviamo all’ingresso della sala di rianimazione dove i  chirurghi e gli infermieri sono assaliti dai parenti insofferenti, dai creditori avidi, dai fornitori esosi, dai addetti alla pompe funebri frettolosi. (E da una satira finalmente felice e trionfante.La migliore della settimana? Monti e la sua impresa TITANICa.)
Infine, questa mattina, si apre il Congresso delle Acli. Rai Uno dedica un lungo approfondimento all’antipolitica ed alla partecipazione (che è il tema del Congresso). A me tocca annunciare che Acli e Partigiani Cristiano faranno dei “Gruppi di lavoro Resistenza e Costituzione” per tramandare il messaggio ai giovani. Olivero parla del Congresso. Assieme, appesi al telefono per il collegamento, ascoltiamo le lunghe analisi di dotti professori che ci istruiscono sul tema. Sottovoce suggerisco al Presidente Olivero: “Interrompili e annuncia a loro che hai deciso di rifondare il partito dei riformisti cristiani e vediamo che succede!”. E Olivero sorride: muore dalla voglia di dirlo!
Bartolo Ciccardini


P.S. Ho portato al Congresso il saluto della Associazione dei Partigiani cristiani. Una cosa mi colpisce: gli interventi, anche i più semplici sanno di buona cultura, hanno un linguaggio politico curato, usano parole appropriate. Non sono barbari con le corna come quelli che sparlano in televisione. C’è il sapore della buona politica e ci spiegano la speranza di una vita buona. C’è il profumo antico del pane fatto in casa dalla mamma. Parlo a loro con ammirazione, mi accolgono con affettuoso rispetto. Allora. ricordandomi di essere stato un deputato aclista, racconto loro l’episodio di Gaeta. A Gaeta il comune retto dalla DC non voleva dare spazio alle nostre cooperative per costruire case per i lavoratori. Allora presentammo contro la DC una lista civica promossa dalle Acli e dalla Cisl con il simbolo del Galeone Crociato. Vincemmo  e , seppure fossimo in tempi di unità politica dei cattolici e di collateralismo, nessuno ci condannò. Anche la DC si accorse che avevamo fatto bene. Quindi ho fatto i miei auguri ai “Comitati per il bene comune” che Olivero ha annunciato, il cui nome mi ricorda un po’ i Comitati Civici.
on. Bartolo Ciccardini

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