“Non è un optional per i cattolici l’impegno in politica, anzi, la loro presenza diffusa sul territorio già dice la volontà di reagire alla tentazione di chiudersi nel privato e di scaricare sugli altri l’incombenza di prendersi cura della cosa pubblica”.
Ha detto queste parole Mons. Crociata, Segretario della CEI ai responsabili delle 96 scuole ed iniziative di formazione politica promosse dalle diocesi.
“Dalla società italiana infatti sale una domanda, un bisogno oggettivo di partecipazione e noi cattolici abbiamo la tradizione e la cultura adeguate per rianimare il senso della solidarietà e del bene comune nel territorio e in tutta Italia”(da AvvenireSette 4 marzo 2012).
L’accenno al territorio fa sperare che queste esigenze, ricordate molte volte da tanto tempo, riescano a concretarsi in liste civiche di ispirazione sociale cristiana, aperte ai volenterosi, nelle prossime elezioni amministrative. L’appello appare meno concludente e meno deciso nella frase finale: “L’importanza di non perdere alcune parole antiche, che possono contribuire ad un nuovo alfabeto sociale. Queste parole (vita e famiglia, lavoro e partecipazione, libertà e relazione, politica e rappresentanza) vanno rilanciate nelle scuole”L’interrogativo che ci assale è infatti questo: perché vanno rilanciate nelle scuole? Non dovrebbero essere rilanciate facendo azione sociale a cominciare dalla partecipazione alle elezioni?
Sono domande importanti perché i sondaggi ci dicono che la metà degli elettori cattolici si asterrà dal voto.
Ma il panorama ricco di appelli e di propositi si arricchisce, lo notiamo con gioia, con la pubblicazione del libro di Luca Diotallevi, personaggio che molto stimiamo. Diotallevi è stato il Segretario dei lavori della famosa 46ma Settimana Sociale dei Cattolici che si è svolta Reggio Calabria nell’ottobre scorso e che ha promosso una serie infinita di documenti, propositi e programmi di numerose associazioni cattoliche (e di cui si aspetta ancora il documento finale). Diotallevi ha partecipato a Todi al Forum delle Associazioni Cristiane che si proponevano la formazione di un “soggetto politico”di cui Luca potrebbe essere autorevole leader. Il titolo del libro è insieme liberatorio e preoccupante: “L’ultima chance. Per una generazione nuova di cattolici in politica”.
Nella prefazione Diotallevi scrive: “Servono grandi riforme ma mancano i riformatori. Tutto questo chiama in causa i cattolici per responsabilità precise per quello che chiedono alla politica e per quello che danno o non danno all’elaborazione politica e all’azione politica”.
E poi dopo una nostalgica memoria di De Gasperi dice con chiarezza:“Il fallimento del riformismo politico in Italia chiama in causa i cattolici perché essi un tempo hanno saputo promuovere iniziative politiche (capaci di risultati coerenti, consistenti e duraturi).
Dopo una acuta analisi che va dal guelfismo al popolarismo ed alla democrazia cristiana e dopo aver definitivo il berlusconismo “una supplenza” Diotallevi conclude:“In sintesi ciò che queste pagine si propongono non è arrivare a duna soluzione, di cui pure c’è urgenza, ma più modestamente individuare dei nodi e dare qualche contributo per affrontarli insieme. Quale sia la soluzione è difficile dirlo, ma magari è in questa direzione solo un po’ più avanti (…) L’impressione che potrebbe venire al lettore, è quella di una certa lentezza nel procedere ma – al netto dei limiti di chi scrive – questa lentezza è una delle caratteristiche che distingue il discernimento da un qualsiasi discorso edificante o da un comizio”.
E no! Caro Diotallevi, il discernimento va bene, ma dopo sei anni dal convegno di Verona, non siamo ancora in grado di presentare una lista civica alle elezioni comunali per andare a fare un po’ più di sussidiarietà per le famiglie che muoiono ? Abbiamo proprio perduto“l’ultima chance” del tuo titolo indovinatissimo! Infine, dopo tanto discernimento, qualcuno dovrà pur farlo qualche comizio.
Siamo invece più d’accordo sulla finale del tuo libro.
“Una generazione nuova di cattolici impegnati in politica è realisticamente possibile e precisamente è questa concrea possibilità a rendere la cosa moralmente rilevante. Di una generazione nuova di uomini e di donne che hanno qualche possibilità di partecipare a d una iniziativa politica riformista capace di successo, capace dunque di cercare e costruire un alleanza politica con riformismi di altre ispirazioni, l’eredità viva del popolarismo può essere il motivo ispiratore. Di tutto questo si può dire che è possibile, forse anzi è ora”.
Ti approviamo decisamente, però con una piccola correzione: “E’ ora, senza forse e senza anzi”. Ci colpisce e ci rallegra il grido di allarme di Giuseppe De Rita sul Corriere del 4 marzo 2012. De Rita parte da una critica profondo al metodo di governo del Presidente Monti: “Lo spostamento verso l’alto di un potere di indirizzo e di governo che sacrifica gli spazi dei soggetti di base (individuali e familiari) e il ruolo dei soggetti intermedi”(…)“In altre parole due cardini del pensiero sociale e cattolico sono messe in discussione”.
Non sono in grado di giudicare se il vero pericolo per i cattolici sia Monti, ma sono in grado di costatare che è vera la preoccupazione di Giuseppe De Rita quando scrive: “Basta al tale proposito ricordare che solo ad ottobre un po’ tutti (giornalisti, politici, cardinali, leaders dell’associazionismo) ritenevano alle porte una ricomposizione forte della presenza pubblica dei cattolici e probabilmente la nascita di un nuovo soggetto (forse un partito ) su cui incardinare tale presenza. A distanza di soli quattro mesi, tal prospettiva è scomparsa dall’ordine del giorno”.
Non siamo convinti che sia stata l’azione politica di Monti a far scomparire dall’orizzonte il progetto di Reggio Calabria e di Todi volto a promuovere un nuovo soggetto politico. Comunque l’auspicio di Giuseppe De Rita è condivisibile quando di nuovo scrive:“Sarebbe bello se (i cattolici ndr) potessero riprendere un ruolo dialettico nella gestione socio-politica di questo dedicato momento della società evitando la condanna a doversi difendere in polemiche terra terra”.
P.S. Questi ed altri scritti e commenti di questi giorni ci fanno pensare ad una potente macchina da corsa, con il motore ruggente e le gomme riscaldate che freme sulla linea di partenza aspettando il semaforo verde e il via della corsa. Tuttavia la macchina sembra avere i freni bloccati. Ha l’ordine di partire ma qualcosa le impedisce di farlo. Il sospetto che ci viene in mente è che meccanici dell’officina stiano preparando un'altra auto da corsa o meglio stiano rimettendo in piedi un auto che ha subito un grave incidente. Mi si insinua l’idea che si possa sotto il nome nuovo di Partito Popolare Europeo rimettere in sesto come soggetto politico figlio delle esortazioni del Papa e dei propositi della Cei, il partito di Berlusconi, con ribattezzato, quasi fosse una nuova democrazia cristiana. Cosa che sarebbe come rimpastare di nuovo un panettone andato a male.
1 commento:
grazie delle info
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