martedì, maggio 24, 2011

Senza aiuto o assistenza circa 2 milioni di persone


Senza aiuto o assistenza  circa 2 milioni di persone

Secondo il Rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese, nel 2009 gli aiuti pubblici, privati e informali forniti esclusivamente per la cura e l’assistenza hanno raggiunto il 36,7% delle famiglie con almeno un minore di 14 anni, una quota in deciso aumento rispetto al 1998 (30,5%). In particolare, il 26,6% di queste famiglie riceve aiuto da parte della rete informale, con un incremento di quasi sei punti percentuali negli ultimi dieci anni. L’aumento è più importante nelle famiglie con madri che lavorano e per le madri sole occupate.

“Del resto – sottolinea l’Istat -, rispetto al potenziale bacino di utenza degli asili nido, la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata: nel 2009, la percentuale di bambini tra zero e due anni iscritti a quelli pubblici è pari appena all’11,3, mentre il 40% dei bambini che vanno al nido frequenta una struttura privata”. A crescere sono anche le famiglie con bambini che si avvalgono di servizi pubblici (dal 3,4 al 6,3%), mentre la quota di quante ricorrono a servizi a pagamento come baby sitter o nidi privati, rimane sostanzialmente stabile (11,5%), ancorché con forti differenziazioni territoriali.

Oltre agli aiuti per la cura e l’assistenza, il 12% delle famiglie con bambini riceve aiuti di tipo economico, con un significativo aumento rispetto al 1998 (quando era il 5,5%). Le famiglie con bambini che possono contare su un sostegno economico sono più numerose nel Nord-est (14,4%), mentre nel Mezzogiorno si attestano al 10,2%, il valore più basso del Paese, pur essendo questa la zona con il maggior numero di bambini in condizione di povertà. I trasferimenti monetari sono erogati per il 5,8% delle famiglie dalla rete informale, quota in aumento rispetto a quella del 1998 (4,4%), mentre il 6,8% delle famiglie riceve trasferimenti monetari da enti pubblici: questa percentuale è in forte aumento rispetto a dieci anni fa (era l’1,4%), specialmente a causa di trasferimenti una tantum come gli assegni di maternità.

Anziani. Tra i bisognosi di assistenza, oltre ai bambini, vi è un numero elevato di persone gravemente o parzialmente limitate nell’autonomia personale che non sono raggiunte da alcun tipo di aiuto e non sono adeguatamente sostenute in casa: si tratta di circa due milioni di individui, soprattutto anziani, che non trovano adeguata protezione all’interno della famiglia perché vivono soli o con altre persone con problemi di salute. “Questo segmento di popolazione – precisa l’Istat - presenta anche condizioni economiche mediamente più svantaggiate, soprattutto nel Mezzogiorno”.

Nel 2009 il 29,2% delle famiglie con anziani ha ricevuto un aiuto di qualche tipo (gratuito o a pagamento o pubblico) per la cura e l’assistenza alle persone, una quota che aumenta al crescere dell’età e, soprattutto, all’aggravarsi delle condizioni di salute, fino a raggiungere il 46,9% per le famiglie con anziani con gravi limitazioni e il 61% per quelle con ultraottantenni in tale condizione. Il Nord-est è la zona in cui le famiglie di anziani sono aiutate di più, soprattutto quelle con persone in gravi condizioni (55,8%), mentre il Mezzogiorno è quella dove le famiglie di anziani in gravi condizioni sono aiutate meno (46,9%), benché le condizioni di salute degli anziani siano comparativamente peggiori.

Povertà. Secondo l’Istat, in Italia circa un quarto della popolazione (24,7%) sperimenta il rischio di povertà o esclusione, un valore superiore alla media Ue (23,1%). “E’ possibile distinguere alcuni sottogruppi che si differenziano per tipo e gravità della condizione osservata: il rischio di povertà è il sintomo più diffuso e, nella maggior parte dei casi (12,5% della popolazione, corrispondente a 7,5 milioni di individui), non si associa a nessuno degli altri due”. E’ contenuta in termini relativi la diffusione del solo sintomo di grave deprivazione (2,9 per cento; 1,7 milioni di persone) o del solo sintomo di intensità lavorativa molto bassa (3%; 1,8 milioni). Solo l’1% della popolazione residente (circa 611 mila individui) vive in una famiglia contemporaneamente a rischio di povertà, deprivata e a intensità di lavoro molto bassa.


Sempre secondo l’Istat, nel 2010 il 15,7% delle famiglie ha presentato tre o più sintomi di deprivazione: si tratta di oltre nove milioni di persone. “I profili familiari e territoriali che caratterizzano le famiglie deprivate sono del tutto simili a quelli rilevati negli anni precedenti – si afferma -: famiglie numerose, con tre o più figli, abitazione in affitto, residenza nel Mezzogiorno”. Gli indicatori di deprivazione hanno mantenuto una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente, sia perché a essere colpite sono state soprattutto le famiglie che già nel 2009 erano considerate deprivate, sia perché la perdita del lavoro ha interessato maggiormente i giovani che vivono ancora con i genitori.
La condizione di deprivazione materiale, anche grave, è però aumentata tra le famiglie in cui la perdita di occupazione ha riguardato la persona di riferimento o il partner, interessando più spesso individui cha avevano un lavoro stabile e qualificato che ap-portava un contributo economico rilevante alle risorse familiari. Inoltre, è cresciuta la quota di famiglie costrette a contrarre debiti o a fare ricorso alle proprie risorse patrimoniali (16,2% contro 15,1% nel 2009).

Gli interventi socio-assistenziali dei comuni. Per l’Istat, la forte sperequazione territoriale dell’offerta di intervento e di servizi sociali da parte dei comuni costituisce un “elemento di particolare criticità”.

I cittadini che risiedono al Sud ricevono dai comuni circa un terzo delle risorse erogate nel Nord-est sotto forma di interventi e servizi sociali (si va da un minimo di 30 euro in Calabria a un massimo di 280 euro nella provincia autonoma di Trento). “Nelle regioni del Sud – evidenzia il rapporto - non solo si registrano i valori pro capite più bassi, ma anche la minore compartecipazione alla spesa da parte degli utenti e del Sistema sanitario nazionale”.

Nel 2008 per una persona disabile residente in Italia la spesa media per assistenza è stata di 2.500 euro, oscillando dai 658 euro del Sud ai 5.075 del Nord-est; per l’assistenza agli anziani si va dai 59 euro di spesa media pro capite al Sud ai 165 euro nel Nord-est e per le famiglie con figli l’impegno dei comuni varia dai 47 euro pro-capite del Sud ai 165 del Nord-est.
Nel 2009 la quota di bambini che si sono avvalsi di un servizio socio-educativo pubblico è del 13,6%, ma mentre in alcune regioni (Emilia-Romagna, Umbria e Valle d’Aosta) si raggiunge quasi il 30% dei bambini fra 0 e 2 anni, quasi tutte quelle del Mezzogiorno presentano percentuali inferiori al 10%.

Sempre secondo l’Istat, nel corso del 2009, in presenza di una riduzione del 2,4% delle spese complessive, “si nota una certa ricomposizione del bilancio dei comuni, i quali hanno ridotto le spese generali per l’amministrazione, aumentando la quota che va alle attività socio-assistenziali. Le difficoltà finanziarie di molti Comuni diventeranno più evidenti a partire dal 2011, quando la riduzione delle entrate da trasferimenti statali e i vincoli del Patto di stabilità interno li obbligheranno a contenere le spese in modo ancor più significativo. Inoltre – continua l’Istat -, la prima fase del federalismo municipale, prevista dal 2012-2013, dovrebbe procedere alla soppressione di alcuni trasferimenti ai comuni a fronte della devoluzione di alcuni tributi. Nel Mezzogiorno, dove il welfare locale risulta finanziato in misura maggiore dai trasferimenti statali, le modifiche prefigurate – in assenza di interventi perequativi – potrebbero tradursi in un contenimento delle risorse impiegate nel settore dell’assistenza sociale. Alla sofferenza delle reti di aiuto informale, dunque, rischia di aggiungersi quella delle politiche sociali, con il possibile aumento, in un contesto di forti differenziali territoriali, di bisogni non soddisfatti provenienti dai segmenti di popolazione più vulnerabile”.

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