venerdì, gennaio 09, 2009

Il ddl Carfagna “misure contro la prostituzione” è una occasione persa.

Il ddl Carfagna che modifica la legge Merlin dovrebbe garantire sicurezza ai cittadini. È così?

(Aesse 12 2008)

Il disegno di legge recante “misure contro la prostituzione” approvato dal Consiglio dei ministri l’11 settembre, “introduce il reato di prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico e mira a eliminare la prostituzione di strada, come fenomeno di maggiore allarme sociale”.
Si penalizza sia chi si prostituisce che il cliente e si rafforza, inoltre, il contrasto dello sfruttamento della prostituzione.
A cinquant’anni dalla famosa legge Merlin e dopo tante proposte di legge avanzate nel tempo senza approdare a cambiamenti, il Governo ora pare intenzionato a dare una stretta sulla prostituzione in considerazione dell’allarme sociale che essa sembra rappresentare.
La legge Merlin è stata una delle leggi più significative della Repubblica: ha posto la dignità della donna come valore da difendere; ha dimostrato che se le donne riescono ad accedere al mondo del lavoro hanno libertà di scelta e di opportunità; ha, inoltre, introdotto la punibilità del favoreggiamento e dello sfruttamento della prostituzione oltre alla repressione della prostituzione minorile.
In questi ultimi decenni la prostituzione di strada, che sembrava ridotta, è stata invece incrementata dalla criminalità organizzata che l’ha attivata reclutando donne, ma anche uomini, dall’Africa e dall’Est Europa. Si tratta di traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale che, secondo l’Onu produce guadagni che raggiungono le dimensioni del traffico di droga e di armi.
Da quando esiste questo fenomeno, rilevato inizialmente da quelle associazioni che fanno attività di prevenzione sulla strada con unità mobili, molte realtà sociali si sono organizzate per dare salvezza e nuove opportunità alle malcapitate. Queste realtà sono riuscite anche a coscientizzare il governo che, facendo tesoro della loro esperienza e collaborazione, nel 1998, all’interno della Legge sull’immigrazione, introdusse l’articolo 18, famoso a livello internazionale per la sua innovazione, in cui si prevedono forti azioni di lotta al traffico di esseri umani e forme di salvaguardia delle vittime che si concretizza in un lungo percorso umano, psicologico, sanitario, di accompagnamento. Questa azione si rende possibile grazie al fatto che gli operatori delle associazioni riescono ad accostarsi sulla strada, nei luoghi in cui le donne sono costrette a prostituirsi. La strada, luogo dello sfruttamento, diventa così luogo della salvezza.
Sono nati vari progetti in tutta Italia che coinvolgono anche gli Enti Locali che si sono fatti carico del fatidico “allarme sociale” cercando di gestire la percezione della paura che veniva espressa da cittadini. Sono, quindi, state avviate attività di mediazione dei conflitti e servizi specifici e continuativi che hanno in poco tempo riportato la tranquillità.
Questo disegno di legge del Governo appare inutile, inefficace e pericoloso.
Inutile perché già esistevano strumenti legislativi idonei per affrontare il problema: la legge Merlin, che ricordiamo è poco applicata, l’articolo 18 della Legge sull’immigrazione del 1998 e la legge 228/2003 sulla tratta.
Inefficace poiché non vengono introdotti elementi innovativi, oltre la repressione, che possano determinare davvero l’abbassamento della domanda. E ancora perché sebbene inasprisca le pene per chi recluta o induce alla prostituzione i minori, adotta lo strumento del rimpatrio e del ricongiungimento familiare del ragazzo al fine di attuarne il ricongiungimento con la famiglia di origine, il che a volte significa farlo ritornare nelle mani della criminalità a condizioni peggiori del primo ingaggio.
Pericoloso perché ricaccia la prostituzione “al chiuso” rendendo impossibile l’avvicinamento di vittime e clienti da parte delle associazioni.
Un’ultima considerazione: sul finire dell’anno scorso, il ministero dell’Interno ha presentato il risultato del lavoro dell’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi a essa connessi. È stato un lavoro di cooperazione tra istituzioni e società civile che ha dato indicazioni validissime evidenziando, fra l’altro, che la prostituzione non è un fenomeno “capace di influenzare negativamente la sicurezza pubblica” ma è una questione sociale che politica, associazioni e istituzioni devono affrontare insieme.
Di certo c’è che con questo ddl, si è persa un’occasione senza dare una vera risposta al problema.

Pino Gulia

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