Di Samuele Ciambriello
Il Dossier regionale 2008, elaborato dalla Caritas regionale sulla povertà in Campania, nasce sia dai dati raccolti dai Centri di Ascolto della Campania sia da quelli ufficiali provenienti da diverse fonti : Istat, Inps, Svimez. L’incrocio di questi dati evidenzia che la povertà è in crescita nella nostra regione, innestandosi in una realtà socio-economica particolarmente difficile. Se ad essi aggiungiamo anche i dati dell’indagine più recente sui consumi condotta dall’ Istat appare subito chiaro che proprio il Sud ed in particolare la Campania necessita di prioritarie iniziative in merito alla predisposizione di corretti interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.
Il volto della povertà qui da noi risulta meno diffuso tra i single e sempre più legato alle famiglie.
Nell’individuare i profili delle famiglie povere molto importanti sono le caratteristiche delle persone di riferimento:oltre all’età e al sesso, il livello di istruzione (a sua volta legato alla partecipazione al mercato del lavoro,alla condizione e alla posizione professionale) è un fattore strettamente associato alla condizione di povertà.
In tutte le regioni del Mezzogiorno la spesa alimentare assorbe oltre un quinto della spesa totale e ne rappresenta oltre un quarto in Campania, Calabria e Sicilia. Nel resto del Paese soltanto in Liguria e nelle Marche, data anche la consistente presenza di anziani nella prima regione e di famiglie numerose nella seconda, si supera il 20% .
Sempre per i dati relativi al dossier della Caritas, il 7,9%, quindi meno di 1 utente su 10 di coloro che chiedono aiuto ai Centri di Ascolto della Campania, sono senza dimora. Questo non significa semplicemente vivere per strada nella maggioranza dei casi siamo in presenza di dimore fatiscenti, sovraffollate e spesso prive dei servizi basilari.
Lascia riflettere molto anche l’incremento di coloro che, pur in possesso di un lavoro stabile sono sempre più in difficoltà nel riuscire a vivere con lo stipendio a disposizione. I dati ci mostrano anche che il reddito netto familiare campano è decisamente inferiore alla media nazionale.
Meno grave,ma con un livello di povertà ancora molto elevato, è la condizione delle famiglie senza occupati, la maggior parte dei casi si tratta di coppie con figli adulti e di famiglie con membri aggregati; famiglie,infine,dove la pensione proveniente da una precedente attività lavorativa rappresenta l’unica fonte di reddito familiare.
Nel nostro tessuto sociale non mancano figure sacerdotali e laicali più o meno note impegnate nelle varie forme dell’operosità sociale (il cd. volontariato) e cattolici senza distintivi nelle professioni, nella politica e nelle Istituzioni.
Da noi c’è un Terzo Settore fondamentale per l’assistenza, l’inclusione e l’integrazione.
Eppure manca qualcosa che unifichi e dia coesione (o anima ) e non renda irrilevante nella vita sociale e pubblica questo proliferare di attività, testimonianze e scelte politiche.
Meglio finanziare chi offre i servizi o chi li riceve? Dove indirizzare gli stanziamenti ?
Certo Regione e Comuni non possono sostenere da soli il peso della crescente domanda di interventi ai più poveri ed emarginati.
Purtroppo da noi, come nell’intero nostro Paese, non si “pratica“ un modello di Welfare basato sull’ inclusione sociale e sull’ integrazione. E ci preoccupa altresì la puntualità di giudizi e pregiudizi contro i poveri e la destinazione di pochissime risorse e investimenti sulle politiche sociali.
Fa fatica la speranza e la solidarietà.
Riscoprire il senso della partecipazione civica e politica è un’impresa di lunga lena per non piangere a vuoto sulla disaffezione dei cittadini.
Occorre quindi convertire energie impiegate in frammentazioni e conflittualità interne; promuovere l’intenso impegno di rappresentanza amministrativa e politica e la presenza-radicamento delle forze politiche sul territorio per un ascolto e filtro dei bisogni sociali dei cittadini in vista della promozione del bene comune.
Nel 2008 cala la ricchezza delle famiglie, pesa la crisi dei mercati, solo il 10% delle famiglie detiene quasi metà della ricchezza. Penso che occorra ripartire dagli ultimi come gesto etico e politicamente rilevante, per combattere sprechi e immoralità nella pubblica amministrazione .
Il Dossier regionale 2008, elaborato dalla Caritas regionale sulla povertà in Campania, nasce sia dai dati raccolti dai Centri di Ascolto della Campania sia da quelli ufficiali provenienti da diverse fonti : Istat, Inps, Svimez. L’incrocio di questi dati evidenzia che la povertà è in crescita nella nostra regione, innestandosi in una realtà socio-economica particolarmente difficile. Se ad essi aggiungiamo anche i dati dell’indagine più recente sui consumi condotta dall’ Istat appare subito chiaro che proprio il Sud ed in particolare la Campania necessita di prioritarie iniziative in merito alla predisposizione di corretti interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.
Il volto della povertà qui da noi risulta meno diffuso tra i single e sempre più legato alle famiglie.
Nell’individuare i profili delle famiglie povere molto importanti sono le caratteristiche delle persone di riferimento:oltre all’età e al sesso, il livello di istruzione (a sua volta legato alla partecipazione al mercato del lavoro,alla condizione e alla posizione professionale) è un fattore strettamente associato alla condizione di povertà.
In tutte le regioni del Mezzogiorno la spesa alimentare assorbe oltre un quinto della spesa totale e ne rappresenta oltre un quarto in Campania, Calabria e Sicilia. Nel resto del Paese soltanto in Liguria e nelle Marche, data anche la consistente presenza di anziani nella prima regione e di famiglie numerose nella seconda, si supera il 20% .
Sempre per i dati relativi al dossier della Caritas, il 7,9%, quindi meno di 1 utente su 10 di coloro che chiedono aiuto ai Centri di Ascolto della Campania, sono senza dimora. Questo non significa semplicemente vivere per strada nella maggioranza dei casi siamo in presenza di dimore fatiscenti, sovraffollate e spesso prive dei servizi basilari.
Lascia riflettere molto anche l’incremento di coloro che, pur in possesso di un lavoro stabile sono sempre più in difficoltà nel riuscire a vivere con lo stipendio a disposizione. I dati ci mostrano anche che il reddito netto familiare campano è decisamente inferiore alla media nazionale.
Meno grave,ma con un livello di povertà ancora molto elevato, è la condizione delle famiglie senza occupati, la maggior parte dei casi si tratta di coppie con figli adulti e di famiglie con membri aggregati; famiglie,infine,dove la pensione proveniente da una precedente attività lavorativa rappresenta l’unica fonte di reddito familiare.
Nel nostro tessuto sociale non mancano figure sacerdotali e laicali più o meno note impegnate nelle varie forme dell’operosità sociale (il cd. volontariato) e cattolici senza distintivi nelle professioni, nella politica e nelle Istituzioni.
Da noi c’è un Terzo Settore fondamentale per l’assistenza, l’inclusione e l’integrazione.
Eppure manca qualcosa che unifichi e dia coesione (o anima ) e non renda irrilevante nella vita sociale e pubblica questo proliferare di attività, testimonianze e scelte politiche.
Meglio finanziare chi offre i servizi o chi li riceve? Dove indirizzare gli stanziamenti ?
Certo Regione e Comuni non possono sostenere da soli il peso della crescente domanda di interventi ai più poveri ed emarginati.
Purtroppo da noi, come nell’intero nostro Paese, non si “pratica“ un modello di Welfare basato sull’ inclusione sociale e sull’ integrazione. E ci preoccupa altresì la puntualità di giudizi e pregiudizi contro i poveri e la destinazione di pochissime risorse e investimenti sulle politiche sociali.
Fa fatica la speranza e la solidarietà.
Riscoprire il senso della partecipazione civica e politica è un’impresa di lunga lena per non piangere a vuoto sulla disaffezione dei cittadini.
Occorre quindi convertire energie impiegate in frammentazioni e conflittualità interne; promuovere l’intenso impegno di rappresentanza amministrativa e politica e la presenza-radicamento delle forze politiche sul territorio per un ascolto e filtro dei bisogni sociali dei cittadini in vista della promozione del bene comune.
Nel 2008 cala la ricchezza delle famiglie, pesa la crisi dei mercati, solo il 10% delle famiglie detiene quasi metà della ricchezza. Penso che occorra ripartire dagli ultimi come gesto etico e politicamente rilevante, per combattere sprechi e immoralità nella pubblica amministrazione .
Nessun commento:
Posta un commento