DOPO L’INCENDIO DELLA MACCACARO
«Montesarchio non è Gomorra»
Esposito: il Comune ci aiuti a trovare una nuova sede
MARIA TANGREDI Montesarchio. «Montesarchio non è Gomorra». Così Ugo Esposito presidente della cooperativa Maccacaro, distrutta sabato notte da un incendio, ha titolato un manifesto. Un incendio di natura quasi certamente dolosa che ha completamente distrutto la sede della Maccacaro, a pochi giorni dall’inaugurazione nella sede della cooperativa, del centro studi «Lina Maddaloni». Una inaugurazione slittata più volte nei mesi scorsi sempre per gli atti vandalici che hanno danneggiato, in diverse occasioni, prima l’impianto di riscaldamento e poi la cabina elettrica. Atti che sono, appunto, coincisi sempre con l’inaugurazione del centro studi e quindi con il riavvio delle attività sociali nella comunità di Montemauro. Infatti, era già stato predisposto il programma delle iniziative per il 2008, comprendente anche l’istituzione di una commissione di studio per una proposta di legge sulla medicina del lavoro e la sicurezza nei posti di lavori ad integrazione della 626/94. Quest’ultimo attentato Esposito lo ritiene però, di chiaro stampo camorristico anche per le modalità. Un’attentato che per il presidente della Maccacaro «significa dover lasciare libero un territorio». E quindi, Esposito chiede di tenere un «simbolico Consiglio comunale nel salone attiguo alla Maccacaro rimasto ancora agibile, venerdì sera quando era prevista l’inaugurazione del centro studi». Un invito che Esposito rivolge anche ai consiglieri provinciali ed ai rappresentanti delle associazioni, oltre che ai cittadini «distratti - si legge sul manifesto - anche sabato notte, in sagre, feste e fuochi d’artificio». Per il dottore Esposito lo svolgimento di un consiglio comunale significa soprattutto «sottolineare che il territorio è sotto il controllo democratico delle istituzioni e non della camorra. In Valle Caudina non devono esistere zone franche. In altre parti della Campania è il sociale, con l’aiuto dello Stato, che toglie i beni alla camorra, e non viceversa». Dopo quest’ultimo attentato Esposito chiede quindi al Comune una sede per allestire il centro studi.
«Montesarchio non è Gomorra»
Esposito: il Comune ci aiuti a trovare una nuova sede
MARIA TANGREDI Montesarchio. «Montesarchio non è Gomorra». Così Ugo Esposito presidente della cooperativa Maccacaro, distrutta sabato notte da un incendio, ha titolato un manifesto. Un incendio di natura quasi certamente dolosa che ha completamente distrutto la sede della Maccacaro, a pochi giorni dall’inaugurazione nella sede della cooperativa, del centro studi «Lina Maddaloni». Una inaugurazione slittata più volte nei mesi scorsi sempre per gli atti vandalici che hanno danneggiato, in diverse occasioni, prima l’impianto di riscaldamento e poi la cabina elettrica. Atti che sono, appunto, coincisi sempre con l’inaugurazione del centro studi e quindi con il riavvio delle attività sociali nella comunità di Montemauro. Infatti, era già stato predisposto il programma delle iniziative per il 2008, comprendente anche l’istituzione di una commissione di studio per una proposta di legge sulla medicina del lavoro e la sicurezza nei posti di lavori ad integrazione della 626/94. Quest’ultimo attentato Esposito lo ritiene però, di chiaro stampo camorristico anche per le modalità. Un’attentato che per il presidente della Maccacaro «significa dover lasciare libero un territorio». E quindi, Esposito chiede di tenere un «simbolico Consiglio comunale nel salone attiguo alla Maccacaro rimasto ancora agibile, venerdì sera quando era prevista l’inaugurazione del centro studi». Un invito che Esposito rivolge anche ai consiglieri provinciali ed ai rappresentanti delle associazioni, oltre che ai cittadini «distratti - si legge sul manifesto - anche sabato notte, in sagre, feste e fuochi d’artificio». Per il dottore Esposito lo svolgimento di un consiglio comunale significa soprattutto «sottolineare che il territorio è sotto il controllo democratico delle istituzioni e non della camorra. In Valle Caudina non devono esistere zone franche. In altre parti della Campania è il sociale, con l’aiuto dello Stato, che toglie i beni alla camorra, e non viceversa». Dopo quest’ultimo attentato Esposito chiede quindi al Comune una sede per allestire il centro studi.
1 commento:
quello che stavo cercando, grazie
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