Ai Soci delle Unioni Cattoliche Operaie
S. Pasqua 2008
“Tutto è “esodo”, cioè cammino, crescita, sia a livello personale sia comunitario”, ha detto il nostro Cardinale Crescenzio Sepe nella sua lettera per la Quaresima 2008.
Proprio perché la Quaresima, per noi, non è stata soltanto “stagione liturgica, ma un metodo di vita, segno di quella conversione permanente per affrontare con le armi della penitenza – il digiuno, l’elemosina e la preghiera – il combattimento contro lo spirito del male”, trova nel nostro annuale pellegrinaggio al Santuario di Madonna dell’Arco, sintesi e concretezza di atteggiamenti e comportamenti.
Rivestire gli abiti del pellegrino caratterizza e connota tutte le grandi religioni, dal momento che riporta immediatamente alla precarietà dell’esistenza ed al desiderio di stabilità e definizione ultima attraverso l’inserimento in quel Dio che è tutto ciò che si può desiderare: l’Eterno che promette eternità.
Il lunedì di Pasqua, per i Soci delle Unioni Cattoliche Operaie, devoti della Madonna dell’arco, ha sempre rappresentato e rappresenta ancora, una grande espressione di fede e di efficace testimonianza, segno di attrazione e di invito.
Tutto questo è garantito ed affermato dal sempre crescente numero di partecipanti, dal perdurare e passare dell’evento attraverso varie e diverse generazioni, e dall’emozione sempre nuova, nonostante il suo ripetersi annuale, che potrebbero farlo scadere in quella monotonia capace di far perdere entusiasmo ed emotività.
Le motivazioni della freschezza e della attiva partecipazione, che fanno del grande pellegrinaggio a Madonna del’Arco, uno dei momenti più conosciuti e ricercati in tanta parte del mondo, vanno ricercate in quella religiosità popolare che tanta parte di intellettualità cattolica rifiuta, rigetta o, peggio, ritiene responsabile dello scadimento della fede. Questa manifestazione di popolo dimostra come la gente semplice non ha bisogno di grandi teologie o trattati di Mariologia, ma piuttosto di coscienza ed esperienza di vicinanza di quel Dio nel quale può sperare al di là di ogni speranza e nel quale vede la chiave della risoluzione di situazioni impossibilitate ad essere risolte. Lo testimonia l’infinità di ex-voto che si può ammirare nel Santuario: oggetti, immagini, dipinti, che dimostrano, oltre alla fede nel miracolo, anche la positività di affidarsi ad un Dio che non è morto, perché ascolta ancora le suppliche della Madre sua.
Il pellegrinaggio, pur appartenendo, nella sua fase iniziale, che si rinnova di anno in anno attraverso il sentimento dei fedeli, a secoli remoti, risponde pienamente alle motivazioni della Chiesa del Concilio Vaticano II che, guardando alla sua dottrina, si rende conto che il Dio dei teologi e dei filosofi, non dice la verità di quel Padre che, in Gesù Cristo, figlio di Maria, cammina con il suo popolo, parla il suo linguaggio, prova gli stessi sentimenti, condivide le stesse sofferenze, partecipa la sua gioia.
La grande ricchezza della tradizione che i nostri padri hanno dato a questo pellegrinaggio è diventata ormai indelebile ed attrae non solo i residenti, ma anche la moltitudine di coloro che, guardando il nostro procedere sicuro, sereno, determinato - fatto anche di eccessive manifestazioni esteriori che, al profano, potrebbero sembrare ostentazione priva di significato, si sente santamente costretta verso quel luogo nel quale c’è Colei che ci attende, pur camminando insieme con noi.
Il pellegrinaggio mariano ormai si riveste di un significato mondiale, perché la Regina della Pace, viene invocata, non più soltanto per una pace delimitata nell’ambito di se stessi, della propria famiglia o del proprio paese, ma per tutto il mondo.
E noi a Lei, che veneriamo come la “Mamma dell’Arco” - destinazione del nostro pellegrinaggio -, chiederemo di riarmonizzare questo mondo tanto amato da Colui che lo ha creato. Da Lei ripartiamo, pieni di speranza e fiducia, accogliendo il suo invito ad andare al Figlio e fare quello che Lui ci dirà.
Pasquale Oliviero Delegato Arcivescovile Unioni Cattoliche Operaie
S. Pasqua 2008
“Tutto è “esodo”, cioè cammino, crescita, sia a livello personale sia comunitario”, ha detto il nostro Cardinale Crescenzio Sepe nella sua lettera per la Quaresima 2008.
Proprio perché la Quaresima, per noi, non è stata soltanto “stagione liturgica, ma un metodo di vita, segno di quella conversione permanente per affrontare con le armi della penitenza – il digiuno, l’elemosina e la preghiera – il combattimento contro lo spirito del male”, trova nel nostro annuale pellegrinaggio al Santuario di Madonna dell’Arco, sintesi e concretezza di atteggiamenti e comportamenti.
Rivestire gli abiti del pellegrino caratterizza e connota tutte le grandi religioni, dal momento che riporta immediatamente alla precarietà dell’esistenza ed al desiderio di stabilità e definizione ultima attraverso l’inserimento in quel Dio che è tutto ciò che si può desiderare: l’Eterno che promette eternità.
Il lunedì di Pasqua, per i Soci delle Unioni Cattoliche Operaie, devoti della Madonna dell’arco, ha sempre rappresentato e rappresenta ancora, una grande espressione di fede e di efficace testimonianza, segno di attrazione e di invito.
Tutto questo è garantito ed affermato dal sempre crescente numero di partecipanti, dal perdurare e passare dell’evento attraverso varie e diverse generazioni, e dall’emozione sempre nuova, nonostante il suo ripetersi annuale, che potrebbero farlo scadere in quella monotonia capace di far perdere entusiasmo ed emotività.
Le motivazioni della freschezza e della attiva partecipazione, che fanno del grande pellegrinaggio a Madonna del’Arco, uno dei momenti più conosciuti e ricercati in tanta parte del mondo, vanno ricercate in quella religiosità popolare che tanta parte di intellettualità cattolica rifiuta, rigetta o, peggio, ritiene responsabile dello scadimento della fede. Questa manifestazione di popolo dimostra come la gente semplice non ha bisogno di grandi teologie o trattati di Mariologia, ma piuttosto di coscienza ed esperienza di vicinanza di quel Dio nel quale può sperare al di là di ogni speranza e nel quale vede la chiave della risoluzione di situazioni impossibilitate ad essere risolte. Lo testimonia l’infinità di ex-voto che si può ammirare nel Santuario: oggetti, immagini, dipinti, che dimostrano, oltre alla fede nel miracolo, anche la positività di affidarsi ad un Dio che non è morto, perché ascolta ancora le suppliche della Madre sua.
Il pellegrinaggio, pur appartenendo, nella sua fase iniziale, che si rinnova di anno in anno attraverso il sentimento dei fedeli, a secoli remoti, risponde pienamente alle motivazioni della Chiesa del Concilio Vaticano II che, guardando alla sua dottrina, si rende conto che il Dio dei teologi e dei filosofi, non dice la verità di quel Padre che, in Gesù Cristo, figlio di Maria, cammina con il suo popolo, parla il suo linguaggio, prova gli stessi sentimenti, condivide le stesse sofferenze, partecipa la sua gioia.
La grande ricchezza della tradizione che i nostri padri hanno dato a questo pellegrinaggio è diventata ormai indelebile ed attrae non solo i residenti, ma anche la moltitudine di coloro che, guardando il nostro procedere sicuro, sereno, determinato - fatto anche di eccessive manifestazioni esteriori che, al profano, potrebbero sembrare ostentazione priva di significato, si sente santamente costretta verso quel luogo nel quale c’è Colei che ci attende, pur camminando insieme con noi.
Il pellegrinaggio mariano ormai si riveste di un significato mondiale, perché la Regina della Pace, viene invocata, non più soltanto per una pace delimitata nell’ambito di se stessi, della propria famiglia o del proprio paese, ma per tutto il mondo.
E noi a Lei, che veneriamo come la “Mamma dell’Arco” - destinazione del nostro pellegrinaggio -, chiederemo di riarmonizzare questo mondo tanto amato da Colui che lo ha creato. Da Lei ripartiamo, pieni di speranza e fiducia, accogliendo il suo invito ad andare al Figlio e fare quello che Lui ci dirà.
Pasquale Oliviero Delegato Arcivescovile Unioni Cattoliche Operaie
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