Andare fino in fondo, come sempre. E prima di salire al Colle, verificare in Aula se davvero la maggioranza di centrosinistra non esiste piu'. Se davvero, insomma, l'Udeur votera' contro il governo che ha contribuito a far nascere e che ha sostenuto. Solo in quel caso, la crisi sarebbe reale e la via d'uscita inevitabile: tornare alle urne.
Romano Prodi, ancora una volta, non molla. E dopo la sorpresa e l'amarezza per lo strappo di Clemente Mastella, annunciato ai giornalisti prima che allo stesso presidente del Consiglio (al quale l'ex Guardasigilli fa recapitare una lettera in cui spiega le ragioni del suo abbandono), indica la strada che intende seguire per uscire dall'ennesima, e per molti stavolta decisiva, fase critica. E lo fa convocando a Palazzo Chigi un vertice - dopo avere informato telefonicamente il Capo dello Stato, Giorgio Naplitano - ''aperto a tutti'', che vede riunirsi a caldo, nel tardo pomeriggio di ieri, i vari esponenti del Partito democratico, a cominciare dal segretario Walter Veltroni, a cui si aggiungono poi, in serata, leader e segretari di partito. A Prodi, dunque, secondo quanto riferiscono anche alcuni dei presenti alla riunione, non basta constatare che Mastella per due giorni si sia reso irraggiungibile. Non basta apprendere dalle agenzie, mentre si trovava a colloquio con il presidente della Repubblica di Timor Est, che un pezzo dell'Unione non c'e' piu'. E non intende recarsi al Quirinale senza l'assoluta certezza che i fatti stavolta siano conseguenti ad annunci e minacce di crisi, ipotesi ventilate gia' numerose volte negli ultimi mesi. Quindi, tecnicamente, il premier intende parlamentarizzare la crisi. Partendo dalla Camera, dove oggi interverra' in Aula, nell'orario che stabiliranno stamattina i capigruppo: sara' il primo banco di prova. Non tanto per una questione prettamente numerica, perche' a Montecitorio, visto lo scarto elevato tra maggioranza ed opposizione, un voto di fiducia al governo, anche senza Udeur, appare scontato. Ma e' proprio la mossa del Campanile, in un verso o nell'altro, che potrebbe far decidere al Professore se insistere, incaponirsi, e andare contro una quasi certa sconfitta, riproponendo la questione all'Aula di Palazzo Madama. Oppure, prendere atto della caduta inevitabile e desistere, preferendo a quel punto recarsi dal presidente della Repubblica e rimettere nelle sue mani il mandato. Comunicandogli, al contempo, la propria indisponibilita' a guidare un governo di transizione.
BERLUSCONI: LA PAROLA AI CITTADINI.
''Una crisi che era gia' evidente nei fatti'' ha detto Silvio Berlusconi commentando l'annuncio dell'Udeur. ''Ora - ha aggiunto - e' indispensabile e urgente ridare la parola ai cittadini''. Pierferdinando Casini ha detto che a questo punto ''la crisi e' inevitabile. Mi auguro che questo sia l'epilogo di una fase politica determinata dall'accanimento con cui all'indomani delle elezioni non si e' guardata in faccia la realta'. Si tratta di un fatto politico e istituzionale di rilievo che non puo' non coinvolgere il Quirinale''.
Anche la Lega chiedera' che Prodi si dimetta subito per andare direttamente alle elezioni ''e che non si facciano pasticci con governi tecnici o istituzionali. Quando Prodi verra' alla Camera alle 9 per il dibattito sulla relazione sulla giustizia - ha detto Roberto Maroni - chiedero' la sospensione dei lavori e la convocazione immediata della conferenza dei capigruppo: non si puo' discutere della relazione della giustizia con un premier che non ha piu' la maggioranza''.
BERTINOTTI: E' CRISI. RIFORME SONO URGENTI.
Con la scelta di Clemente Mastella di uscire dalla maggioranza si apre di fatto la crisi di governo. Una crisi che deve portare non alle elezioni ma ad un governo istituzionale che realizzi quelle riforme che ''non possono aspettare''. Lo lascia intendere il presidente della Camera Fausto Bertinotti in una intervista alla Stampa.
Per Bertinotti, la soluzione della crisi passerebbe per questa strada e ''il modo con cui questo accade, il carattere tortuoso, e ora extraparlamentare di questa crisi, dice quanto sia acuta la malattia politico-istituzionale del paese''.
Di fronte a quanto sta accadendo la priorita' sono le riforme, sostiene con forza la terza carica dello Stato.
Riforme, afferma, che ''il Paese non puo' piu' attendere''.
Secondo Bertinotti ''dobbiamo tutti insieme operare interventi di riforma, e non coprire la crisi con l'idea di un presunto conflitto tra poteri dello Stato. Da qui, da questa istituzione, non si apprezza nessun conflitto con la magistratura. Ci sono semmai puntiformi, e ripeto puntiformi elementi di conflitto, che in quanto tali sono perfettamente risolvibili''. Il Parlamento, per Bertinotti, ''soffre una specie di separatezza col Paese, quella agitata dall'antipolitica. La soluzione non puo' che essere l'avvio di una puntuale risposta, con grandi riforme che sblocchino il sistema politico-istituzionale. E vorrei sottolineare che la riforma della legge elettorale, le modifiche costituzionali e dei regolamenti parlamentari non sono una deviazione - conclude Bertinotti - dai grandi temi sociali, ma il modo per poter affrontare e risolvere quei problemi''.
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