sabato, giugno 16, 2007

Italia, tira fuori le pale

Qual buon vento. L’Italia mette una crocetta sul “sì” alle rinnovabili e acclama l’eolico nel referendum ambientalista di Greenpeace. L’86% dei cittadini vuole le torri del vento e rimprovera certi governi “ostruzionisti”. I risultati dell’indagine demoscopia, realizzata dalla Customer Asset Improvement su un campione di 800 persone cui sono state somministrate otto domande, sono stati presentati ieri a Roma dagli attivisti e dall’Anev-Associazione nazionale energia del vento. Ebbene sì, Greenpeace e gli industriali dell’eolico hanno lavorato gomito a gomito e, alla vigilia del Wind Day che si celebra oggi in tutta Europa hanno persino firmato un protocollo d’intesa. Ovvio che l’associazione abbia messo dei “paletti”, e l’organizzazione di categoria ha presentato, a tal proposito, una sfilza di impegni davvero convincenti per garantire che l’eolico selvaggio non rientra nei suoi piani.

I promotori hanno dedicato un focus alla Sardegna, l’isola di Renato Soru che non ne vuole più sapere di wind farm, perché ne ha abbastanza. Gli attivisti non sono dello stesso avviso e stanno lottando contro i progetti del governatore che punta tutto sul “carbone pulito”, notoriamente contestato nel concetto stesso. La “Regione più ventosa d’Italia” dice stop all’eolico, ma i concittadini di Soru non sono affatto d’accordo: su un campione di 300 intervistati, il 60% lo considera un’opportunità di sviluppo, il 75% vorrebbe aumentare il limite posto dalla Regione all’installazione delle pale ed il 36% vorrebbe addirittura stralciare ogni limite. Risultati decisamente incoraggianti ed eloquenti che mettono in minoranza il governatore. In una scala da 1 a 5, gli italiani mettono al primo posto il solare fotovoltaico e l’eolico si piazza solo un gradino più in basso, con un voto di 4.1 (il dato sale al 4.3 proprio in Sardegna). Le ultime della classe sono le biomasse, che guadagnano un misero 3.1 in pagella. Nella schiera del “no” c’è un 5,5% del campione, che in Sardegna lievita di due punti percentuali. Gli italiani lasciano sostanzialmente carta bianca alle industrie del vento, a patto che si introducano delle misure di salvaguardia delle aree di rilevante interesse paesaggistico. «Gli ostacoli allo sviluppo dell’eolico vanno rimossi – ha commentato Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace – e questa fonte deve essere messa al centro delle politiche energetiche anche in Sardegna dove, al contrario, si punta al carbone, perseguendo una politica che è contro il clima globale».

1 commento:

Anonimo ha detto...

guarda l'ansa...

ROMA - Vento, a favore o contro. La 1/a giornata europea del vento indetta dall'associazione Ewea, in Italia e' stata scandita da due opposte fazioni, tutte e due formate da ambientalisti. A favore Anev (Associazione nazionale energia del vento), Greenpeace, Legambiente e Ises Italia che intervengono con un comunicato congiunto in risposta ai contrari, Rosa nel Pugno e le associazioni Altura, Italia Nostra, Cnp, Mountain Wilderness, Lipu Puglia.

''Lo sviluppo dell'eolico in Italia - affermano i favorevoli all'energia del vento - e' in grave ritardo e il Governo deve prendere velocemente provvedimenti affinche' si possa giungere quanto prima a dare un quadro stabile al sistema delle Fonti Rinnovabili. Nel merito della proliferazione dell'eolico - aggiungono Anev, Greenpeace, Legambiente e Ises Italia - si deve ricordare che gli impianti eolici non godono in alcun modo di sussidi ne' palesi ne' occulti, ma come per tutte le fonti rinnovabili e in tutto il mondo, viene solo riconosciuto l'incentivo alla produzione dato dai Certificati Verdi che ne consente di compensare il maggiore costo puro di produzione, in virtu' dei benefici ambientali che porta al sistema''. Mentre in questi anni i certificati verdi - si precisa citando dati del Gse - sono andati in larghissima maggioranza a favore delle altre fonti rinnovabili e solo per il 18% a favore dell'eolico. ''A nulla serve poi - affermano ancora le associazioni favorevoli all'eolico - richiamare come spauracchio i 22.000 MW di richieste, per le quali peraltro l'Anev ha gia' ottenuto dal Gse l'automatica decadenza in caso di mancata realizzazione dopo due anni dall' ottenimento, visto che nel nostro Paese in quindici anni si sono realizzati solo 2.123 MW (quanto si realizza in Spagna, Usa, India o Germania ogni anno)''. In merito alla minor ventosita' del nostro Paese ''i dati reali dicono inconfutabilmente che la ventosa Germania, leader mondiale dell'eolico con 22.000 MW installati, ha una produzione media annua inferiore a quella italiana''. ''Si chiede pertanto alla Rosa nel Pugno - concludono le associazioni - di verificare attentamente i dati contenuti nel dossier presentato e di aggiornarli con quelli ufficiali onde evitare che l'obiettivo comune di diffondere l'eolico virtuoso e rispettoso del territorio, non si trasformi in una anacronistica battaglia ai mulini a vento di donchisciottiana memoria''. Infine si concorda con la necessita' di emanare i decreti ancora mancanti. Per l'eolico di qualità, infine, l'Anev ricorda di aver sottoscritto un Protocollo con le principali Associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf e Greenpeace).

Da parte sua la Rosa nel Pugno ha presentato un'interpellanza in cui chiede una moratoria di 6 mesi per le autorizzazioni di nuovi impianti e, in una conferenza stampa insieme alle associazioni Altura, Italia Nostra, Cnp, Mountain Wilderness, Lipu Puglia, parla di ''eolico selvaggio'' e di 2.575 torri tra centro e sud per un consuntivo ufficiale di 2.123 megawatt (MW) installati, almeno fino al 31 dicembre 2006. Secondo il dossier di queste associazioni ci sono pero' nuovi progetti in istruttoria per non meno di 22 mila MW. ''Nel nostro paese c'e' l'eolico selvaggio - ha detto il deputato della RnP, Maurizio Turco - come testimonia il numero crescente di richieste e autorizzazioni concesse senza alcuna considerazione di impatto ambientale e senza tutelare il paesaggio, come prevede l' articolo 9 della Costituzione''. Oltre a questo e' necessario, secondo Turco, assoggettare alla valutazione di impatto ambientale tutti i progetti eolici industriali oltre una certa soglia. "Dobbiamo denunciare l'affarismo che sta stravolgendo il nostro paesaggio - ha aggiunto Carlo Ripa di Meana, Comitato nazionale Paesaggio - e informare l'opinione pubblica, che spesso sa solo quanto fa sapere Legambiente, che fiancheggia la legittimazione ambientale delle imprese eoliche dell'Anev, con cui ha un protocollo d'intesa''. Secondo Giovanni De Pascalis della direzione della Rosa nel Pugno, ''i ricavi e gli incentivi di questo settore fanno gola a molti. Dai cosiddetti certificati verdi arrivano 125 euro/MWh, cui vanno aggiunti circa 80 euro/MWh, portando il valore del megawatt prodotto a non meno di 200 euro''. Se si producessero 2000 ore annue (equivalenti a piena potenza), per un megawatt di potenza installata ne deriverebbero 2000 MWh di energia, pari a 400mila euro di fatturato annuo. Un impianto da 20 MW, secondo il dossier dunque, produrrebbe quindi 8 milioni di euro. (ANSA)