giovedì, marzo 29, 2007

LUCIA ANNUNZIATA: PERCHÉ ANDRÒ AL FAMILY DAY

Le ragioni per andare al Family Day, anche per un cittadino che appoggia i Dico, anche al fianco delle organizzazioni cattoliche più conservatrici, sono, a mio parere, scritte nel Dna stesso della sinistra... di Lucia Annunziata.


Andrò al Family Day. Decisione individuale e privata di un elettore qualunque dell’Ulivo. Ma se persino nel più «laico» dei partiti della coalizione di governo, quale i Ds, ci sono segnali di una riflessione in merito, forse è tempo che una serie di scelte individuali vengano dichiarate.

Le ragioni per andare al Family Day, anche per un cittadino che appoggia i Dico, anche al fianco delle organizzazioni cattoliche più conservatrici, sono, a mio parere, scritte nel Dna stesso della sinistra.

1) Nella storia del movimento operaio, la famiglia è sempre stata un punto fermo della propria identità sociale; l’istituzione a cui, nell’esperienza concreta delle classi popolari, si è ancorata la solidarietà più generale, formata a immagine e somiglianza proprio delle relazioni solidali che la famiglia offre. Il movimento operaio e i suoi dirigenti hanno sempre abbracciato (fino al moralismo) un sistema di vita personale e familiare di massima austerità, indicando in questa scelta una intera scala di valori che si opponeva orgogliosamente alla «libertà» con cui il mondo borghese viveva i suoi legami familiari. In Italia la famiglia operaia è stata così elemento propulsore nella creazione della società opulenta di oggi: dagli anni dell’immigrazione ai sacrifici per le scuole ai figli, ai sacrifici per comprare casa, è nell'ambito familiare che le classi più povere hanno trovato il parametro per speranze e riscatto. Infine, dentro la famiglia come luogo innovativo per nuove parità e nuove libertà è passata anche (in negativo e in positivo), più di recente, tutta l’ambizione a nuove relazioni umane. I figli omosessuali, o quelli che non vogliono più il matrimonio tradizionale, i ribelli e i single, l’Italia tutta che vuole i Dico, insomma, esce da questa esperienza familiare consolidata: e nella vita reale è nell’ambito delle famiglie che le irregolarità trovano spesso soluzione. Ancora oggi il popolo della sinistra rivendica così l’orgoglio di scelte familiari etiche - nel rispetto della propria tradizione. La famiglia non è affatto un valore soltanto cattolico.

2) Le ragioni della cronaca e della politica stanno modificando l'immagine della sinistra. Un trans è entrato in Parlamento; la foga della battaglia con la Chiesa ha spostato i Dico su toni di estremismo omosessuale; e la stessa foga di difesa politica ha portato la sinistra ad affrontare il caso Vallettopoli e Sircana rifugiandosi in una sorta di indifferenza di giudizio - con quella frase ripetuta «nel privato ognuno fa quello che vuole». Ma davvero è così? Davvero non ci sono limiti se non quelli dei bigotti alle scelte delle persone? È davvero perfettamente indifferente cosa si fa nel privato - indifferente, ad esempio, nella nostra difesa della dignità delle donne, nel rifiuto dello sfruttamento (sessuale oltre che materiale?); indifferente nella educazione dei figli, nella delineazione di una società diversa? Il rischio insomma è che la sinistra finisca schiacciata oggi, al di là della sua volontà, nel ghetto di una somma di differenze indifferenti. Dire un sì deciso all’idea di famiglia serve anche a strapparsi da questo possibile ghetto.

3) La sinistra è oggi al governo - deve dunque continuare a raccogliere consenso per continuare i suoi progetti. Rompere con la Chiesa, e ancora di più con le organizzazioni cattoliche, è un calcolo che non ha senso neppure dal punto di vista - minimo ma necessario - dei numeri. A chi giova dunque, ed ecco la terza ragione per sfilare nel Family Day, spaccare il dialogo sociale?

È una ragione forse eccessivamente tattica, ma anche squisitamente politica. Perché ripropone al governo di centrosinistra un dilemma decisivo: se cioè nel governare un Paese conti più la battaglia di identità o la costruzione di coesione sociale. La risposta data a questa domanda è stata finora a favore delle identità: la legge sui Dico è diventata infatti infinitamente più rilevante di quello che è nella realtà del Paese per il suo significato simbolico. Ma ai fini del bene pubblico, non è forse più rilevante la possibilità di costruire intorno a un principio una identità condivisa, magari costruita nel tempo, ma decisamente più ampia? Recenti sondaggi sul calo di popolarità del governo sostengono che i Dico vi giocano un grande ruolo: non è questo forse un monito?


Lucia Annunziata

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ex-comunista, 61 anni cominciati a 7 nei "Pionieri", oggi ancora DS ma della componente liberal-riformista di Morando. Commento: grazie infinite e complimenti vivissimi, Lucia. Ogni tanto qualcuno si ricorda che esiste un versante intelletuuale e morale della sinistra, oggi annientato dalla dilagante ignoranza della classe dirigente pervenuta al potere dopo la metà degli anni settanta, figlia dell'imbecille confusione fra diritto allo studio e diritto al titolo di studio e, dunque, della distruzione dell'istruzione della scuola superiore per la classe dirigente a favore della scuolina per supertecnici: sapere tutto sul "come", ma più nulla sul perché! Viva la tecnologia e la matematica; abbasso la Storia e la Filosofia, nonché la scienza umanistica (in economia: sapere tutto sull'economica, ma più nulla sull'economia politica!). Grazie, grazie, Lucia! Un tempo non si aveva paura che il Papa parlasse perché si sapeva rispondere; ora si è ridotti, come i Talebani, a cercare di proibirgli di parlare! Che vergogna, Che decadenza! Sarebbe questa la nuova classe di governo?