di SaVeTheRaBbiT.nEt
Tra gli Europei, quando si parla di “genocidio” in Darfur, si notano spesso volti contratti in smorfie di disappunto e abili discorsi sugli interessi degli USA nel dare del conflitto del Darfur questa definizione. [...]
Ma perchè gli Stati Uniti usano il termine “genocidio”? E’ solo un modo raffinato per spingere le Nazioni Unite all’azione? [...]
Nella sua versione definitiva, del 1985, la Convenzione sancisce ancora più chiaramente che il genocidio, sia che esso venga commesso in tempo di pace sia in tempo di guerra, va prevenuto e punito.
All’articolo 2 si delineano i caratteri del genocidio:
1) Le vittime fanno parte di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Ne sono dunque esclusi i gruppi politici, economici o culturali;
2) I membri di questi gruppi sono uccisi o perseguitati per la loro appartenenza a questi gruppi, con qualsiasi mezzo utile;
3) Il genocidio è un crimine collettivo pianificato, commesso dai detentori del potere dello Stato, nel loro nome o con il loro - anche tacito- consenso.
L’articolo 3 include anche chi è colto a pianificare, aiutare, incitare al genocidio. L’articolo 4 stupula, infine, che tutte le persone coinvolte nel genocidio vanno perseguite e punite.
In Darfur, da tre anni, si assiste inermi alla sistematica eliminazione dei Fur, colpevoli di non essere “arabi”, con il tacito consenso del governo sudanese, che addestra e fornisce le armi alle milizie a cavallo che seminano il panico nei villaggi e nei campi di sfollati. Le ultime cifre delle Nazioni Unite parlano chiaro: 400.000 morti, più di 2.000.000 di sfollati, 300.000 rifugiati. E’ forse poco per definirlo un genocidio? Mentre ne parliamo, altre centinaia di persone muoiono ogni giorno.
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