sabato, settembre 16, 2006

Il Cardinale Sepe: a Napoli ribelliamoci all’omertà

Dare un volto nuovo alla città ripartendo dai buoni esempi che Napoli da sempre può vantare, dai parroci di frontiera alle mamme-coraggio passando per gli insegnanti che operano nei quartieri a rischio, fino ad avere la forza di «uscire da ogni sorta di omertà», recuperando la dignità perduta e ricostruendo così sulla roccia la città degli uomini che somigli un po’ alla città di Dio. È la chiave che il cardinale Crescenzio Sepe individua dopo avere incontrato tanti sacerdoti e tanti laici nel corso di questi due mesi dall’ingresso in diocesi. Chiave che il nuovo arcivescovo ora consegna alla comunità dei fedeli nella sua prima lettera alla città dal titolo «Sangue e speranza». Il sangue è quello di Cristo e di San Gennaro, certo, ma è anche quello sparso per la violenza e la sopraffazione che sono diffuse in città come in provincia. Ed è anche, soprattutto, quello dei tanti testimoni di speranza di cui il territorio è tanto ricco. Il monito è quello di investire le energie - come disse Giovanni Paolo II a Scampia - nel coraggio della fede e nella riappropriazione delle radici e dell’identità che fanno di questa metropoli «una delle più significative frontiere del cattolicesimo urbano». Senza dimenticare «l’appartenenza civica» che evidentemente interroga anche chi cattolico non è. Afferma il cardinale: «Il martire non è solo colui che compie gesta straordinarie, ma in un certo senso è anche colui che per amore della sua fede sa rendere straordinario l’ordinario». E snocciola un’infinità di esempi, nella certezza che non può esistere una fede avulsa dal contesto storico in cui essa invece è chiamata ad essere «incarnata». Testimoni d’amore sono innanzitutto le madri, di qui il ricordo per Tonia Accardo, la mamma che non esitò a rifiutare le cure pur di far nascere la piccola Sofia (che ora il cardinale, confida: «spero di battezzare al più presto»). E ancora: testimoni della presenza e della solidarietà sono i parroci, i religiosi e tutti quei volontari, «tutti di frontiera», che «nei Quartieri spagnoli, Forcella, Sanità, Scampia, Secondigliano, Barra, Ponticelli, San Giovanni «sanno essere voce di chi non ha voce, pronti a sfidare persino la camorra pur di rimanere al servizio degli ultimi, dei sofferenti, dei diseredati». Testimoni di verità sono gli insegnanti, chiamati nelle scuole a rischio e in quelle del centro a «svolgere il loro lavoro come una vera e propria missione». E ci sono anche «i testimoni della precarietà, capaci d’inventarsi mille mestieri, pur di uscire dal lungo tunnel della disoccupazione, dell’accattonaggio e della malavita». Ecco, dunque, nei «martiri» di questo tempo i protagonisti della «riappropriazione della città», chiamati ad operare una svolta che restituisca vivibilità all’intera metropoli. Scrive Sepe: «Forse è tempo di rendere vivibile ogni zona, non solo di Napoli, ma di tutta la provincia, ognuna con il suo centro, le sue caratteristiche, le sue tradizioni e la sua cultura, ma unite, come in un’unica grande metropoli». Il nuovo arcivescovo invita a rispolverare il magistero dell’«indimenticabile» cardinale Corrado Ursi, che suggeriva ai cattolici di affiancare al tempo della «tenda» (la preghiera) quello della «strada» (per rendere concreta la speranza). Sepe invita tutti al «coraggio di affrontare le paure che minacciano la nostra città, se avremo la forza di uscire da ogni sorta di omertà e, solidali l’uno con l’altro, saremo in grado di organizzare nuove strutture e nuove forme di carità per risollevare chi è solo, chi è nel bisogno materiale e spirituale». E rivolgendosi anche a chi non è cattolico («gli uomini di buona volontà») Sepe raccomanda: «I napoletani si riapproprino della loro terra, rilanciando la politica come servizio alla città, come scuola di legalità, come centro di osservazione delle questioni sociali più spinose». Nel recupero del senso di appartenenza civica addirittura Sepe invididua una direttrice fondamentale per «proporre una significativa pastorale». Ben chiaro l’obiettivo: «La Chiesa di Napoli deve restituire a questa città, tra le più belle che Dio ha creato, la forza dell’amore, della condivisione, della comunione che contraddistingue i discepoli del Signore, perché il nostro popolo dal grande cuore possa ritrovare in se stesso la speranza che illumina il domani».
da Il Mattino: CORRADO CASTIGLIONE

Nessun commento: