A partire dall'esperienza associativa vissuta nelle ACLI e da quella amministrativa a Napoli e Castellammare di Stabia utilizzo questo spazio per affrontare i temi del dialogo tra le generazioni, del lavoro, della formazione, del welfare, della partecipazione e della loro necessaria innovazione.
sabato, agosto 26, 2006
CALL CENTER: ACLI, DISTINGUERE IL VERO LAVORO A PROGETTO DA QUELLO SUBORDINATO
Distinguere il vero lavoro a progetto da quello subordinato. Questo – secondo le Acli – il criterio che dovrebbe orientare l’azione del Ministero del Lavoro in merito alla regolarizzazione delle attività lavorative nei call center. «La prima forma di rispetto verso un lavoratore è il riconoscimento del suo lavoro effettivo – afferma il presidente delle Acli Andrea Olivero – I contratti di Co.co.pro non possono essere usati indiscriminatamente come coperte per nascondere forme di lavoro di tipo subordinato. Questo non può e non deve significare, dall’altra parte, l’abolizione del modello di contratto a progetto previsto dalla Legge 30. Né sono ipotizzabili o accettabili atteggiamenti pregiudizialmente punitivi nei confronti delle aziende, che sarebbero ingiusti oltre che controproducenti». Le Acli ritengono, dunque, che vada data piena attuazione alle indicazioni esposte nella circolare emanata dal Ministero del lavoro lo scorso mese di giugno. Il testo ministeriale, infatti, allo scopo di accertare dove siano effettivamente sussistenti i requisiti riconducibili alla caratteristica progettuale dei contratti, e dove invece i contratti a progetto mascherino condizioni di lavoro dipendente, distingue all'interno dei call center tra lavoratori “outbound” (addetti a promuovere campagne telefoniche “mirate”) e lavoratori “inbound” (addetti alla mera ricezione di telefonate), riconoscendo solo per i primi i requisiti del lavoro a progetto. «Le ispezioni – spiega Olivero riprendendo l’espressione usata dal ministro Damiano – devono essere finalizzate ad “accompagnare” le aziende nell’applicazione delle norme, evitando così impostazioni punitive ed ottenendo al contempo il riconoscimento della corretta natura delle attività lavorative». «Non va poi mai trascurato – aggiunge il presidente delle Acli – che per creare nel Paese condizioni di stabilità lavorativa occorre non solo favorire tutte le azioni volte alla riduzione del lavoro precario, ma anche sostenere gli impegni finalizzati all’abbattimento del lavoro nero, che impedisce a tanti giovani di costruirsi un futuro sereno».
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
La distinzione tra servizi inbound e outbuond e' un po' una cavolata, perche' molti operatori lavorano part time su entrambi i servizi oppure, se outbound, fanno turni di piu ore su "progetti" diversi per raggiungere le 4-8 ore al giorno tutti i giorni.
Saranno pure a progetto, ma di fatto lavorano tutti i giorni come se fossero dipendenti.
Si dovrebbe pensare ad assunzioni a tempo determinato per tutti (in e outbound).
sarebbe davvero meglio. sul tempo determinato va controllato l'esito del lavoro... se non finisce e cambiano solo il lavoratore resta il problema della precarietà.
La ringrazio per Blog intiresny
quello che stavo cercando, grazie
Posta un commento