lunedì, marzo 06, 2006

ELEZIONI, LE ACLI "PARTECIPANO" CON UN MANIFESTO IN 9 PUNTI



Per una politica capace di futuro: la formazione e il lavoro; il Mezzogiorno e la famiglia; la solidarietà internazionale, l'Europa e la pace; l'immigrazione; la tutela della vita; l'apertura di una stagione costituente.

Un manifesto in 9 punti per «partecipare alla competizione elettorale», «contaminando la politica degli schieramenti con i bisogni, gli interessi, e i valori» propri del sociale. La direzione nazionale delle Acli ha elaborato un documento per le prossime elezioni politiche intitolato "Rigenerare l'Italia", destinato alla diffusione tra i quasi 900mila iscritti dell'Associazione. L'obiettivo: «tornare ad interrogare e a far partecipare i cittadini intorno ai temi, alle prospettive e agli scenari che sono destinati a svilupparsi e ad imporsi nei prossimi anni». Le Acli auspicano una politica «capace di futuro», capace cioè di coniugare «concretezza e lungimiranza, visione e realismo»; una politica «lontana dall'egemonia mediatica, che finisce per ridurla a spettacolo e a prodotto pubblicitario».

Il primo punto del manifesto: "Sapere è libertà". Le Acli chiedono "il riconoscimento dei diritti individuali di formazione", per evitare che la frontiera della conoscenza si trasformi in una linea di confine che genera nuova esclusione sociale. Si vuole rendere concretamente esigibile il diritto all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Si propone l'adozione del credito formativo fiscale che consenta al lavoratore di dedurre fino al 40% i costi di determinate tipologie di attività formative che egli stesso decide di intraprendere. Contemporaneamente, sul piano dell'istruzione, per fronteggiare il fenomeno della dispersione e dell'insuccesso scolastico, le Acli chiedono un deciso investimento sulla formazione tecnica e professionale.

Il secondo capitolo del documento è dedicato al lavoro. «La flessibilità - si legge - diventa per noi politicamente insostenibile ed eticamente inaccettabile» ogni qual volta si traduce in «precarizzazione». Per questo, le Acli chiedono di coniugare sempre più politiche del lavoro e politiche di welfare. Da un lato, per incentivare l'occupazione, si propone di intervenire sul costo del lavoro attraverso la riduzione del "cuneo fiscale". Dall'altro, per tutelare i lavoratori, si chiede l'introduzione del reddito minimo di garanzia e l'adozione del conto individuale di sicurezza sociale.

Di seguito la questione del Mezzogiorno. Secondo le Acli è necessario «far emergere quel capitale sociale del Sud in grado di confrontarsi con le sfide della competizione globale e di fornire una rappresentazione del Mezzogiorno meno schiacciata sull'illegalità e sull'attesa assistenzialistica». Da una parte, occorre incidere sugli elementi strutturali che frenano lo sviluppo: infrastrutture, fiscalità di vantaggio, stabilizzazione dei processi lavorativi, miglioramento della qualità dell'offerta formativa. Dall'altra, vanno valorizzate le risorse umane, sociali e naturali mettendo in connessione virtuosa valori, saperi, esperienze e tradizioni finora troppo frammentati e dispersi nelle realtà locali.

Quarto punto: la famiglia. Secondo le Acli salvaguardare e promuovere la famiglia significa riconoscere e valorizzare la più elementare ed efficace forma di welfare. «La catena generazionale - si legge - appare infatti la sola in grado di tenere con una mano i bambini e con l'altra gli anziani senza squilibri e soluzioni di continuità». Concretamente, il riconoscimento della famiglia come nucleo generativo di solidarietà impone come scelta prioritaria la riduzione della povertà in cui versano molte famiglie. Rifiutando interventi sporadici e spot demagogici, le Acli chiedono politiche familiari integrate, vale a dire «ridisegnare il welfare su base generazionale e familiare». Sul piano fiscale, si conferma la richiesta di introdurre il cosiddetto quoziente familiare, per avvantaggiare le famiglie più numerose ed assicurare l'equità orizzontale, non garantita dalla progressività dell'imposta. Altrettanto importanti nell'ambito delle politiche familiari le strategie di conciliazione tra lavoro per il mercato e lavoro di cura e lo sviluppo dei servizi di welfare rivolti alle famiglie: dagli asili nido, all'assistenza domiciliare, alla cura degli anziani non autosufficienti.
Quanto al dibattito apertosi nel Paese sulle cosiddette "unioni di fatto", esso «non deve - dicono le Acli - ignorare o smentire il dettato costituzionale che nell'art. 29 "riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio"».

Il documento delle Acli per le prossime elezioni prosegue con il capitolo: "Globalizzare la solidarietà". Al centro la questione della povertà e dello "sviluppo negato" in troppe zone del mondo. Le Acli richiamano gli impegni assunti nel 2000 da 189 capi di stato e di governo, con gli "Obiettivi di sviluppo del Millennio" e criticano fortemente l'inadempienza dell'Italia, che ha ridotto a poco più dello 0,1% - contro lo 0,7% pattuito - la quota di Pil destinata agli aiuti ai Paesi del Sud del mondo e ha tagliato, nell'ultima finanziaria, molte decine di milioni di euro (84,3) degli investimenti destinati agli organismi internazionali (Unicef, Acnur, Fao, Undp, Unesco e Oms) che si occupano di lotta alla fame, accoglienza dei rifugiati, infanzia, povertà.

Altra questione: l'Europa e la pace. Le Acli denunciano l'attuale crisi della prospettiva europea e propongono di assumere una concreta iniziativa politica in occasione del 50° anniversario del Trattato Roma (il 25 marzo 2007), che rilanci con forza il processo costituzionale anche attraverso l'indizione di un referendum popolare europeo prima delle prossime elezioni per il parlamento di Bruxelles. Sul piano politico, si avanza la proposta di un "Patto europeo per l'inclusione sociale" per «tornare a fare i conti con la grande sociale dei popoli europei, con le loro paure circa il futuro». Parimenti si chiede di lavorare per una «politica comune europea dell'immigrazione e dell'asilo politico». Si invita, quindi, l'Europa a giocare un ruolo di primo piano nel garantire la pace e nel disegnare una nuova architettura delle relazioni internazionali fondata sul multilateralismo e sul valore dell'interdipendenza.

Settimo capitolo: l'immigrazione in Italia. Le Acli ribadiscono le loro critiche alle scelte realizzate in questo campo dal governo Berlusconi, in particolare la legge Bossi-Fini, giudicandole non adeguate né favorevoli all'integrazione. Molte le cose ancora da fare: approvare con urgenza un testo di legge sul diritto d'asilo; riconoscere il diritto di voto nelle elezioni amministrative ai cittadini immigrati residenti in Italia da almeno cinque anni; concedere il diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia che abbiano genitori residenti regolarmente nel Paese da almeno due anni. Si propone, inoltre, di combattere la precarietà del lavoro immigrato prolungando il permesso di soggiorno per lavoro a 2 anni, concedendo almeno un anno di tempo per trovare un nuovo lavoro a chi lo abbia perso e concedendo parità di diritti agli immigrati in materia di lavoro e previdenza.

"Tutelare la vita e il vivente" è il contenuto dell'ottavo punto del manifesto elettorale delle Acli. Dinanzi agli sviluppi della scienza, in particolare delle bio-tecnologie, che hanno sottratto la vita alla immodificabilità degli eventi naturali, si avverte l'esigenza di una riflessione comune per costruire, sulla vita, un alfabeto etico e sociale condiviso. Cultura del limite e principio di precauzione devono essere i paradigmi della "buona scienza", che vede nell'essere umano sempre un fine e mai uno strumento al servizio di uno sviluppo disumanizzante.

Infine, l'ultimo capitolo del manifesto, dedicato all'auspicata «stagione costituente» per il futuro dell'Italia. Le Acli, che hanno dato un contributo importante per la raccolta delle firme promossa dal comitato "Salviamo la Costituzione", contestano che si possa «mettere mano alla Costituzione a colpi di maggioranza», tradendo così il valore fondativo della Carta costituzionale. Criticano poi la nuova legge elettorale, che sottrae agli elettori la possibilità di scelta dei candidati. Chiedono quindi che si inauguri, subito dopo il referendum, una nuova stagione costituente che abbia come obiettivo principale quello di produrre intese ampie, coinvolgendo non solo le forze politiche ma anche la società civile.

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